— Quando?
— Tre anni fa, quando io ero sceriffo.
— Voi eravate sceriffo?
— Sì. Lo sono stato sino a due anni fa. Poi ho comperato questo locale e non potevo fare due cose insieme, così da due anni ho lasciato la carica.
— E siete stato voi a occuparvi del caso dello Squartatore?
— Sì, io.
Sweeney sospirò. — Sono veramente orgoglioso di conoscervi. Mi chiamo Bill Sweeney.
Il barista gli tese una grossa zampa attraverso il banco. — Felice di conoscervi. Io mi chiamo Henderson.
Sweeney gli strinse la mano. — Sono del “Blade” di Chicago. E voi, sceriffo, siete la persona che cercavo.
— Ex sceriffo.
— Sentite, sceriffo, c’è modo di parlare un po’ con calma, in privato, senza che veniate interrotto?
— Non so, veramente… è sabato, eccetera…
— Vi compero una bottiglia dello champagne più costoso che possediate e ce la facciamo fuori mentre discorriamo.
— Bene, credo che mia moglie possa venire un momento a sostituirmi. Abitiamo al piano di sopra. Però, prendiamo una bottiglia di Haig and Haig, perché il mio champagne non è un gran che e ci vorrebbe troppo tempo per farlo gelare.
— Vada per l’Haig — disse Sweeney, posando un biglietto di banca sul piano della cassa.
Henderson prese il denaro e gli diede il resto, poi cercò una bottiglia sullo scaffale, se la mise nella tasca posteriore dei calzoni e disse: — Andiamo. Adesso chiamo mia moglie.
Gli fece strada verso una porta in fondo alla stanza, che dava su una scala e gridò: — Mà! Puoi scendere per due minuti?
Una voce rispose dall’alto: — Sì, Jake — e dopo pochi secondi discese una donna alta e magra.
Henderson le presentò Sweeney. — Questo è Sweeney di Chicago, Mà. Dobbiamo andar su a parlare un po’. Puoi fermarti tu al banco?
— Certo, Jake. Ma non metterti a bere. Ricordati che è sabato e c’è lavoro.
— Non una goccia, Mà.
Guidò Sweeney per le scale e poi in una cucinetta. — Credo che qui parleremo meglio e abbiamo bicchieri a portata di mano. Ci volete mescolare qualcosa?
— Nell’Haig and Haig? Non dite sciocchezze, sceriffo.
Henderson sorrise. — Sedetevi. Prendo i bicchieri e apro la bottiglia.
Tornò con i bicchieri e la bottiglia aperta, e versò per entrambi una dose generosa. Sweeney alzò il bicchiere: — Al delitto.
— Al delitto. Come vanno le cose a Chicago? — rispose Henderson.
— Squartano. Ma veniamo a Brampton. Prima di tutto bisogna essere sicuri che il Chapman Wilson di cui parlo io sia il Charlie pazzo che dite voi. Raccontatemi di questo tale.
— Si chiama Charlie Wilson. È pittore e scultore e credo che i guadagni migliori li abbia con delle figurine che modella per grandi ditte. Piccole cose da artigiano. Non penso che di quadri ne venda molti.
— Allora è lui — disse Sweeney — è probabile che usi Chapman come nome d’arte, perché suona meglio di Charlie. Ma in che modo è pazzo?
— Non lo è veramente. Quando non è ubriaco, è soltanto, come dire?… un po’ eccentrico. Ma è un tipo fatto a modo suo e quando ha bevuto… be’, ho dovuto buttarlo fuori dal mio locale una mezza dozzina di volte. Soprattutto perché vuole dar pugni a destra e a sinistra. — Henderson sogghignò. — È alto un metro e mezzo e peserà vestito cinquantacinque chili. Se uno gli desse un pugno sul serio, lo ammazzerebbe addirittura, eppure lui va sempre attaccando briga con tutti.
— Ma nel suo lavoro fa qualcosa di buono?
— Diavolo, no. Non credo che guadagni più di cinquecento dollari l’anno. Vive in una catapecchia alla periferia, dove non andrebbe a vivere nessun altro. L’affitta per pochi dollari al mese. Ed è orgoglioso come un demonio. Pensa di essere un grande artista.
— Forse lo è.
— Allora perché non riesce a guadagnare?
Sweeney aprì la bocca per citare Van Gogh e Modigliani e alcuni altri che avevano guadagnato anche meno di cinquecento dollari l’anno, ma poi ricordò chi era il suo interlocutore e lasciò perdere.
Invece domandò: — E Charlie Wilson adesso va in giro libero per la città?
— Naturale. Perché non dovrebbe? È innocuo.
— Be’, per la faccenda dello squartamento. Come c’è entrato lui?
— Gli ha sparato.
— Charlie ha sparato allo Squartatore o lo Squartatore a Charlie?
— Charlie allo Squartatore.
Sweeney trasse un respiro profondo. — Ma lo Squartatore è scappato?
— Niente affatto! È morto secco: Charlie lo ha preso in pieno con un fucile da caccia a due metri di distanza. Gli ha fatto un buco che ci sarebbe passata tutta la sua testa dentro. È stata l’unica cosa buona che ha fatto Charlie in tutta la sua vita. Per un po’ di tempo è stato una specie di eroe della città.
— Oh — osservò Sweeney, con un certo disappunto, perché uno Squartatore morto non aveva molto valore per lui. Bevve un altro sorso del suo Haig e riprese: — Proviamo dall’altra parte. Chi era lo Squartatore?
— Si chiamava Pell, Howard Pell. Un pazzo omicida fuggito dal manicomio della Contea che è a trenta chilometri da qui. Aspettate, dunque… deve essere stato quattro anni fa; ho sbagliato quando vi ho detto tre, perché è successo nel primo anno del mio secondo periodo di carica e quindi sono almeno quattro anni, qualche mese in più piuttosto che in meno. Sì, qualche mese in più, perché è stato in maggio e adesso siamo in agosto. Mi pare sia stato proprio in maggio.
— E che cosa è successo?
— Bene, questo Pell è scappato dal manicomio. Ha ammazzato con le sue mani due guardie: era un pezzo d’uomo enorme come un bue, più grosso di me. È arrivato fuori prima che suonassero le sirene e ha fermato un’automobile per avere un passaggio; e quel maledetto idiota del guidatore lo ha preso su. Era uno che si chiamava Rogers. Pell è salito sull’auto e ha ammazzato Rogers: lo ha strozzato.
— Ma ha usato un coltello anche?
— Ancora non lo aveva. Ma lo ha trovato lì pronto. Rogers era un commesso viaggiatore in batterie da cucina d’alluminio e fra l’altro aveva con sé quella volta anche batterie di coltelli. Il coltello che ha scelto Pell era una bellezza, lungo trenta centimetri e largo cinque, e affilato come un rasoio. Non so con precisione che cosa andasse cercando nell’automobile, ma ha trovato quello. E gli è piaciuto. Lo ha provato su Rogers, con tutto che era già morto. Volete i particolari?
— Non adesso. Ma vorrei un altro bicchierino.
— Peccato. — Henderson versò il bicchierino. — Be’, lavorò sopra a Rogers e ne gettò il corpo fuori della macchina, nella cunetta della strada. Non subito, capite?
Sweeney rabbrividì leggermente e bevve ancora in fretta. — Ancora non ho capito del tutto, ma continuate pure.
— Dunque, erano circa le otto di sera, o almeno era quell’ora quando hanno scoperto le due guardie morte e la fuga di Pell dal manicomio. Mi hanno telefonato subito, come a tutti gli sceriffi della Contea e agli ufficiali di polizia e a tutti, e intanto tutte le guardie che potevano staccare dal manicomio, le hanno mandate in giro in macchina a cercare. Poco lontano hanno trovato quel che rimaneva di Rogers, e i segni dell’automobile hanno mostrato l’accaduto e che Pell aveva un’auto. Sono tornati al manicomio e hanno telefonato a me e a tutti che doveva trovarsi in macchina e di bloccare le strade, per prenderlo. Noi le abbiamo bloccate subito, ma lui ce l’ha fatta. Si era diretto a Brampton, ma la macchina l’ha lasciata fuori della città, in una strada secondaria e lui è venuto attraverso i campi a piedi. Ci è scappato proprio fra le mani, con tutto che il capo della polizia e io controllavamo tutti i passaggi entro un quarto d’ora da che avevamo ricevuto la telefonata del manicomio.
— Un bel lavoro svelto — approvò Sweeney.