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Robert Silverberg

La strada del crepuscolo

Il cane ringhiò e corse in avanti. Katterson osservò i due uomini magri dagli occhi fiammeggianti che si lanciavano all’inseguimento, e si sentì pervaso da un senso di orrore che lo tenne inchiodato al suolo. Improvvisamente il cane balzò al di là di un mucchio di pietrisco e scomparve; i suoi inseguitori si lasciarono cadere a terra pesantemente, appoggiandosi ai bastoni e cercando di riprendere fiato.

— Diventerà ancora peggio di così — disse un ometto dall’aspetto sudicio apparso dal nulla accanto a Katterson. — Ho sentito che faranno oggi l’annuncio ufficiale, ma è già da un po’ che corre la voce.

— Così dicono — rispose lentamente Katterson. La caccia a cui aveva appena assistito lo teneva ancora paralizzato. — Siamo tutti molto affamati.

I due uomini che avevano dato la caccia al cane si alzarono, ancora senza fiato, e se ne andarono. Katterson e l’ometto osservarono la loro lenta ritirata.

— È la prima volta che vedo qualcuno fare una cosa simile — disse Katterson. — Così, allo scoperto…

— E non sarà l’ultima — rispose l’uomo sudicio. — Meglio farci l’abitudine, ora che non c’è più cibo.

Lo stomaco di Katterson si contrasse dolorosamente. Era vuoto e sarebbe rimasto così fino alla distribuzione serale di cibo. Senza quella razione, non avrebbe saputo come sfamarsi. Lui e l’ometto camminarono lungo le strade silenziose, superando cumuli di macerie e vagando senza meta.

— Mi chiamo Paul Katterson — disse poi. — Abito nella Quarantasettesima. Sono stato congedato dall’esercito l’anno scorso.

— Oh, sei uno di quelli — disse l’ometto. Svoltarono lungo la Quindicesima. La strada era una completa desolazione; non c’era un solo edificio d’anteguerra ancora in piedi, e poche tende malconce sorgevano all’estremità della strada. — Hai trovato lavoro da quando sei stato congedato?

— Ma che bella barzelletta! Raccontamene un’altra! — rise Katterson.

— Lo so. Tempi duri. Mi chiamo Malory, sono un commerciante.

— In che cosa commerci?

— Oh… prodotti utili.

Katterson annuì. Evidentemente Malory non voleva che insistesse sull’argomento, e quindi lasciò perdere. I due uomini proseguirono in silenzio, l’uno grosso e l’altro minuto, e Katterson non riusciva a pensare ad altro che al suo stomaco vuoto. Poi il pensiero gli corse di nuovo alla scena a cui aveva assistito pochi minuti prima, i due uomini affamati che rincorrevano un cane. Ci si era arrivati così presto? si chiese Katterson. Che cosa sarebbe successo se il cibo fosse divenuto ancora più scarso fino a scomparire del tutto?

Ma l’ometto stava indicando un punto davanti a loro. — Guarda — disse. — Un raduno a Union Square.

Ketterson strizzò gli occhi e vide una folla che andava radunandosi intorno ad una piattaforma riservata agli annunci pubblici. Accelerò il passo, obbligando Malory ad arrancare faticosamente.

Un giovane con l’uniforme militare era salito sulla piattaforma e fissava impassibile la folla. Katterson guardò la jeep lì accanto e automaticamente notò che era il modello 2036, il più recente, vecchio di soli diciotto anni. Dopo pochi minuti il soldato sollevò una mano per ottenere il silenzio e parlò con voce fredda e controllata.

— Amici Newyorkesi, devo fare un annuncio ufficiale del Governo. È arrivata notizia dall’Oasi di Trenton…

La folla cominciò a rumoreggiare. Sembrava che già sapessero quello che sarebbe seguito.

— È appena arrivata notizia dall’Oasi di Trenton che, a causa della recente situazione di emergenza, tutti i rifornimenti alimentari per New York e dintorni saranno temporaneamente sospesi. Ripeto: a causa di una improvvisa emergenza nell’Oasi di Trenton, tutti i rifornimenti alimentari per New York e dintorni saranno temporaneamente sospesi.

Il mormorio della folla assunse toni rabbiosi, e ciascuno commentò aspramente la piega che avevano preso gli avvenimenti. Non era certo una notizia inaspettata; da parecchio tempo Trenton voleva scrollarsi di dosso il peso di dover sfamare una New York devastata dalle bombe, e la recente inondazione era una buona opportunità per liberarsi di quella responsabilità. Katterson rimase in silenzio, torreggiando su quelli che gli stavano intorno, incapace di credere a quello che aveva udito. Sembrava che volesse starsene in disparte, quasi assente, mentre osservava l’atteggiamento del soldato sulla piattaforma, contava le mostrine, pensando a tutto tranne che alle implicazioni dell’annuncio, e cercando di combattere la fame crescente.

L’uomo in uniforme aveva ripreso a parlare: — Ho anche un messaggio del governatore di New York, il generale Halloway: egli afferma che sono stati fatti dei tentativi per ripristinare i rifornimenti di cibo per la città, e che alcuni messaggeri sono stati inviati all’Oasi di Baltimora per assicurarsi altre forniture. Nel frattempo, la distribuzione di cibo da parte del Governo da questa sera non viene più garantita fino a nuovo ordine. Questo è tutto.

Il soldato scese agilmente dalla piattaforma e si fece strada tra la folla fino alla jeep. Vi salì rapidamente e mise in moto. Era ovviamente un uomo importante, decise Katterson, dato che jeep e carburante erano piuttosto rari, e non venivano usati alla leggera da chiunque.

Katterson rimase dov’era e volse lentamente il capo per guardare la gente che lo circondava: piccoli scheletri magri, famelici, e quasi tutti sembravano invidiare segretamente la sua corporatura gigantesca. Un uomo emaciato con gli occhi infuocati ed un naso adunco aveva radunato una piccola folla intorno a sé e stava tenendo una specie di arringa. Katterson lo conosceva, si chiamava Emerich ed era il capo della colonia che viveva nella stazione abbandonata della metropolitana della Quattordicesima Strada. Istintivamente Katterson si avvicinò per sentire e Malory lo seguì.

— È tutto un complotto! — stava gridando l’uomo emaciato. — Parlano di una emergenza a Trenton! Quale emergenza? Io vi chiedo: quale emergenza? L’inondazione non li ha danneggiati. Vogliono semplicemente toglierci di mezzo affamandoci, ecco come stanno le cose! E noi che cosa possiamo fare? Niente. Trenton sa che non riusciremo mai a ricostruire New York e vuole liberarsi di noi, così ci taglia i viveri.

A quel punto, tutta la folla si era radunata intorno a lui. Emerich era conosciuto; la gente gridava il suo assenso, sottolineando il suo discorso con applausi convinti.

— Ma noi moriremo di fame? No, non moriremo!

— Giusto, Emerich! — urlò un uomo tarchiato con la barba.

— No — continuò Emerich, — gli faremo vedere cosa siamo capaci di fare. Raccoglieremo ogni briciola di cibo che riusciremo a trovare, ogni filo d’erba, ogni animale e ogni pezzo di suola da scarpe. E sopravviveremo, proprio come siamo sopravvissuti al blocco e alla carestia del ’47 e a tutto il resto. E uno di questi giorni andremo a Trenton e… e… e li arrostiremo vivi!

Ruggiti di approvazione riempirono l’aria. Katterson si volse e si aprì la strada attraverso la folla, pensando ai due uomini e al cane, e si allontanò senza voltarsi indietro. Si diresse verso la Quarta Avenue finché non udì più il rumore della folla ad Union Square e si sedette su di un ammasso di travi contorte che una volta erano state il Monumento di Carden.

Si prese la testa fra le mani e si mise a sedere. Gli avvenimenti del pomeriggio lo avevano intontito. Per quanto riuscisse a ricordare il cibo era sempre stato scarso: i ventiquattro anni di guerra con gli Sferisti avevano esaurito tutte le risorse della nazione. La guerra si era trascinata per lungo tempo. Dopo la prima ondata di bombardamenti era diventata una guerra di logoramento, che aveva lentamente eroso le opposte sfere.

In qualche modo Katterson era diventato grande e grosso con pochissimo cibo e svettava sugli altri dovunque andasse. La generazione di americani a cui apparteneva non era certo formata da uomini alti e robusti: i bambini nascevano denutriti, deboli e con la pelle avvizzita. Ma lui era grosso ed aveva avuto la fortuna di entrare a far parte dell’esercito. Almeno aveva mangiato regolarmente.