Katterson diede un calcio ad un pezzetto di metallo e vide il piccolo Malory che veniva verso di lui dalla Quarta Avenue. Katterson rise fra sé, ricordando i giorni passati nell’esercito. Aveva passato tutta la sua vita da adulto indossando l’uniforme, e con i privilegi del soldato. Ma era stato troppo bello per durare: due anni prima, nel 2052, la guerra era arrivata ad un punto morto, con entrambi gli emisferi logorati fino all’osso, e quasi tutto l’esercito era stato smobilitato all’improvviso e rimandato alla vita civile. Lui era stato scaricato a New York, solo e abbandonato.
— Andiamo a farci una caccia al cane — disse Malory con un sorriso mentre si avvicinava.
— Stai attento a quello che dici, amico. Potrei anche mangiarti se mi venisse abbastanza fame.
— Eh? Pensavo che fossi sconvolto dalla sola vista di due uomini che danno la caccia ad un cane.
Katterson sollevò lo sguardo. — Lo ero — disse. — Siediti o vattene, ma non fare dello spirito — borbottò. Malory si lasciò cadere sulle macerie accanto a Katterson.
— La vedo brutta — disse Malory.
— Già — rispose Katterson. — Non ho mangiato niente in tutto il giorno.
— E perché? Ieri sera c’è stata una normale distribuzione di cibo e ce ne sarà un’altra questa sera.
— Eh, magari — disse Katterson. Il giorno stava morendo e le ombre della sera calavano rapidamente. Nella luce del crepuscolo New York in rovina aveva un aspetto magico: le travi contorte e gli edifici diroccati sembravano fantasmi di giganti morti da lungo tempo.
— Avrai ancora più fame domani — disse Malory. — Non ci saranno più distribuzioni di cibo, mai più.
— Non ricordarmelo, amico.
— Sono nel ramo delle forniture alimentari, io — disse Malory, mentre un debole sorriso gli aleggiava sulle labbra.
Katterson sollevò la testa di scatto. — Stai di nuovo scherzando?
— No, — replicò in fretta Malory. Scarabocchiò il suo indirizzo su di un pezzo di carta e lo diede a Katterson. — Ecco. Passa da me ogni volta che avrai davvero fame. E… di’, sei un tipo piuttosto grosso, vero? Potrei anche avere del lavoro per te, visto che dici di non avere un impiego.
Una vaga idea colpì Katterson. Si voltò verso l’ometto e lo fissò.
— Che genere di lavoro?
Malory impallidì. — Oh, mi servono uomini robusti che mi procurino il cibo. Tu lo sai — sussurrò.
Katterson si sporse in avanti e afferrò l’ometto per le spalle magre. Malory trasalì. — Sì, lo so — ripeté adagio Katterson. — Dimmi, Malory, — chiese, — che genere di cibo vendi?
Malory sembrò imbarazzato. — Ma… ma… senti, volevo solo aiutarti e…
— Piantala — Katterson si alzò lentamente senza abbandonare la presa. Malory si ritrovò in piedi contro la sua volontà. — Sei nel commercio della carne, vero Malory? Che genere di carne vendi?
Malory cercò di liberarsi. Katterson lo colpì con disprezzo e lo mandò lungo disteso su un mucchio di pietre. Malory rotolò via, gli occhi dilatati dalla paura, e si lanciò di corsa lungo la Tredicesima Strada immersa nell’oscurità. Katterson rimase a lungo immobile ad osservare la sua fuga, ansimando e rifiutandosi di pensare all’accaduto. Poi piegò il pezzo di carta con l’indirizzo di Malory, lo mise in tasca e si incamminò, ancora stordito.
Barbara lo stava aspettando quando lui suonò il campanello del suo appartamento nella Quarantasettesima Strada, un’ora più tardi.
— Suppongo che tu abbia sentito le notizie — gli disse lei non appena ebbe varcato la soglia. — Un tenente tutto azzimato ha dato l’annuncio in strada. Ho già preso la nostra razione per questa sera ed è l’ultima. Ehi, c’è qualcosa che non va? — lo guardò preoccupata mentre lui si lasciava cadere su una sedia senza parlare.
— Niente, piccola. Solo, ho fame… e un po’ di mal di stomaco.
— Dove sei stato oggi? Di nuovo sulla Piazza?
— Sì. La mia solita passeggiata del giovedì pomeriggio che si è tramutata in un piacevole picnic. Prima ho visto due uomini che davano la caccia ad un cane… non potevano essere più affamati di me, eppure inseguivano quella povera bestia macilenta. Poi quel tenente ha fatto l’annuncio riguardo al cibo. E infine un lurido spacciatore di carne ha cercato di vendermi della «merce» e di darmi un lavoro.
La ragazza trattenne il fiato. — Un lavoro? Carne? Che cosa è successo? Oh, Paul…
— Smettila — le disse Katterson. — L’ho fatto cadere lungo e disteso ed è scappato con la coda fra le gambe. Lo sai che cosa vendeva? Lo sai che genere di carne voleva che mangiassi?
Lei abbassò gli occhi. — Sì, Paul.
— E il lavoro che voleva darmi… ha visto che sono un tipo robusto, così voleva che diventassi un suo fornitore. Avrei dovuto andare a caccia di notte. Alla ricerca di sbandati da mettere fuori combattimento per trasformarli in bistecche il giorno dopo.
— Ma siamo così affamati, Paul… quando si ha fame quella è la cosa più importante.
— Che cosa? — la sua voce era il muggito di un toro oltraggiato. — Che cosa? Tu non sai quello che stai dicendo, donna. Mangia prima di uscire completamente di senno. Troverò un altro modo per ottenere del cibo, ma non mi trasformerò in un maledetto cannibale. Niente carne umana per Paul Katterson.
Lei non disse nulla. La luce sul soffitto cominciò a tremolare.
— Si avvicina l’ora dell’oscuramento. Prendi le candele, se non hai sonno — disse. Non aveva un orologio, ma il tremolio della luce era il segnale che si stavano avvicinando le otto e mezza. Tutte le sere a quell’ora l’elettricità veniva interrotta in tutte le zone residenziali tranne in quelle con uno speciale permesso fuori quota.
Barbara accese una candela.
— Paul, Padre Kennon è di nuovo stato qui, oggi.
— Gli avevo detto di non farsi più vedere — disse Katterson dall’oscurità del suo angolo.
— Lui pensa che dovremmo sposarci, Paul.
— Non ricominciamo. Ti ho già detto troppe volte che non voglio la responsabilità di due bocche da sfamare quando non sono capace di riempire nemmeno il mio, di stomaco. È meglio così… ognuno per sé.
— Ma i bambini, Paul…
— Sei impazzita, questa notte? — esplose lui. — Avresti il coraggio di far nascere un bambino in questo mondo? Soprattutto adesso che abbiamo perso il cibo dell’Oasi di Trenton? Ti vorresti divertire a guardarlo morire lentamente di fame in mezzo a queste macerie e a questa sporcizia, o magari vederlo crescere per trasformarsi in un piccolo scheletro dalle guance incavate? Forse tu lo faresti. Io non credo proprio di volerlo.
Tacque. Lei lo guardava, singhiozzando piano.
— Siamo morti, tu ed io — disse alla fine. — Non vogliamo ammetterlo, ma siamo morti. Tutto questo mondo è morto… abbiamo passato gli ultimi trent’anni a suicidarci. Non ho molti ricordi del passato, al contrario di te, ma ho letto alcuni vecchi libri che parlavano di come era nuova, pulita e splendente questa città prima della guerra. La guerra! Per tutta la mia vita non c’è stato altro che la guerra, senza mai sapere contro chi stavamo combattendo e perché. Semplicemente, il mondo cadeva a pezzi senza alcuna ragione.
— Piantala, Barbara — disse Katterson. Ma lei continuò con voce monotona. — Dicono che una volta l’America si estendesse da costa a cosa, senza essere divisa in piccole strisce di terra separate da fasce radioattive inabitabili. E c’erano fattorie e cibo, laghi e fiumi, e gli uomini viaggiavano in aereo da un luogo all’altro. Perché è dovuto succedere tutto questo? Perché siamo tutti morti? Cosa faremo ora, Paul?