Non si alzò in piedi ad attendere l'amico. Si limitò a battere una mano sul muretto e dire: — Siediti, Jay. Dimmi che cosa hai scoperto.
Corcoran non era il tipo di persona che andava a passeggio senza motivo; se si era mosso, era perché cercava qualcosa.
— Ho trovato il bordo della bolla — gli spiegò infatti. — Ne sono certo, anche se è poco visibile e se all'inizio non potevo averne la sicurezza.
— L'ho cercato anch'io — disse Boone. — Ho cercato di camminare in linea retta, ma alla fine mi sono ritrovato al punto di partenza. Non ho trovato la parete, ma tu hai occhi diversi dai miei.
— Sì. Probabilmente è questo. Ho occhi davvero diversi. Ma ho anche un testimone. Henry, spiegaglielo tu.
— Henry? Jay, tu dai i numeri. Non vedo nessuno. Ti ho guardato mentre salivi lungo il campo, ed eri solo.
— Ho fatto amicizia con lui mentre ero a passeggio — disse Corcoran. — Dimenticavo che tu non puoi vederlo alla luce del sole. Henry, mettiti all'ombra, sotto quell'albero, in modo che il mio amico possa vederti.
Indicò con la mano iin piccolo albero che cresceva accanto al muro. — Nell'ombra dovresti vederlo — aggiunse.
Boone guardò attentamente. Dapprima non vide niente, ma poi scorse un leggero formicolio dell'aria, come tante particelle di polvere illuminate da un raggio di luce solare, quando al tramonto, in una stanza buia, penetra la luce da una fessura della persiana.
Dall'ombra gli giunse una voce: parole non pronunciate che gli si formarono direttamente nel cervello. “Lieto di conoscervi, signore. Io sono Henry, anche se Horace, di tanto in tanto, mi chiama il Fantasma, con turbamento e irritazione degli altri membri della famiglia. A me, il nome Fantasma non dispiace. Forse è il nome adatto a un'entità come la mia. In fin dei conti, chi è in grado di dire che cosa sia e che cosa non sia un fantasma? Comunque, ammesso che io sia un fantasma, non sono certo un fantasma del passato, come gran parte degli altri, bensì un fantasma del futuro”.
— Che mi prenda un colpo! — esclamò Boone. — Eppure, sotto molti altri aspetti, siete quasi una persona normale. Qualche ora fa, in famiglia si è parlato di voi. Io sono Tom Boone. Io e Jay siamo vecchi amici.
“Quello che vi ha detto il vostro amico, di avere visto la parete temporale, è vero” disse Henry nella mente di Boone. “So che l'ha vista, anche se in modo impreciso. Il vostro amico è una persona davvero fuori del normale. A quanto ne so, nessun altro essere umano può vedere realmente la parete, anche se ci sono degli strumenti che permettono di rivelarne la presenza. Ho tentato di mostrargli un cercatore. Ce ne sono diversi, che cercano la bolla. Sanno che c'è qualcosa di strano, ma non sanno che cos'è”.
— É tu — domandò Boone, rivolgendosi a Corcoran — l'hai visto, questo cercatore?
— Ho visto qualcosa. Un oggetto non molto grande. Grande come un cane. Ma non l'ho visto bene. Ho visto solo che c'era qualcosa.
“Io non so che cosa sono i cercatori” disse Henry. “Ma nella nostra situazione dobbiamo stare attenti a tutto ciò che esce dall'ordinario”.
— Come va, in casa? — Corcoran domandò a Boone.
— Quando sono uscito, stavano discutendo. Discutendo, dico, e non insultandosi. Da una parte c'erano Horace ed Enid, che si chiedevano dove seppellire Gahan. E gli altri discutevano di tutto.
— Penso che abbiamo fatto bene a uscire — disse Corcoran. — Almeno hanno avuto la possibilità di parlarne tra loro, senza estranei.
Boone annuì. — È una faccenda loro. E le decisioni devono prenderle loro.
— Prima, quando sei saltato sulla tavola, ho pensato che volessi fare tu il mattatore.
— No — disse Boone. — Non volevo rubare la scena a nessuno. Ma quelle discussioni non arrivavano a niente. Tutti si limitavano a strillare e basta. Rischiavano di continuare fino al giorno dopo, senza combinare niente. Occorreva qualcuno che gli mettesse un po' di sale in zucca.
“Non dovete giudicarli male perché sono chiassosi e inconcludenti” disse Henry. “Ammetto che è male, ma dovete capire che per loro si tratta di cose molto importanti. Sono fuggiti dal futuro centocinquant'anni fa. Sono fuggiti per salvarsi la vita, naturalmente, ma anche per impedire che gli uomini vivessero come astrazioni senza corpo, perché la razza rimanesse qualcosa di più che un semplice processo mentale teorico e ipotetico. Pensate al mio caso. Io ero giunto a metà strada: continuando, sarei diventato come diventerà tutta la razza umana se vinceranno gli Infiniti. Con me il procedimento non ha funzionato. Si è fermato prima di giungere al termine, mi ha respinto, e io mi sono trovato libero; inoltre, nella mia forma attuale, non posso essere ripreso. Ormai sono fuori da ogni pericolo, a parte forse qualche strano destino che non so immaginare. Ed essendo sfuggito al processo, sono ritornato tra i miei familiari, e sono poi fuggito con loro. Grazie alla mia forma poco ortodossa sono riuscito ad aiutarli. E poiché mi considerano ancora uno di loro, i miei familiari prendono le mie difese quando Horace, che fa parte della famiglia soltanto perché ha fatto la voce grossa con mia sorella e l'ha convinta a sposarlo, mi tratta in modo poco rispettoso”.
— Il racconto è affascinante — disse Corcoran — e ci fa meglio comprendere la situazione. Capirai che per noi è difficile afferrare tutte le sfumature di una situazione accaduta un milione di anni dopo la nostra epoca.
“Capisco” disse Henry “e confesso il mio stupore nel vedere come avete accettato bene ciò che avete appreso nelle ultime ore. Le nostre rivelazioni non vi hanno affatto sconcertato”.
— Siamo troppo stupidi per riuscire a sconcertarci — disse Boone.
“Non sono d'accordo. Non avete rivelato alcuna debolezza. Il vostro comportamento mi fa pensare che la nostra razza, in fondo, sia più razionale di quanto pensavamo. Non pensavamo di trovare tanta razionalità nelle nostre radici ancestrali”.
— Mi domandavo una cosa — disse Corcoran. — Hai detto di avere aiutato la tua famiglia nella fuga. In che modo l'hai aiutata?
“Come esploratore” disse Henry. “Sono adattissimo per il ruolo. Chi si può insospettire di un tremolio nella luce lunare, o di un piccolo scintillio nel sole? Quando li vede, qualsiasi uomo ragionevole li attribuisce a un'aberrazione momentanea della propria vista. Dunque, mi sono recato nel passato da solo. Diversamente dagli altri, io non ho bisogno di mezzi meccanici come il loro viaggiatore: per me, spazio e tempo sono strade aperte. Sono andato in avanscoperta. Gli altri si tenevano pronti a partire e aspettavano le mie indicazioni. Ma prima del mio ritorno sono stati costretti a fuggire precipitosamente, senza nessuna direzione e senza un piano preciso. Alla fine li ho trovati, profondamente sepolti in quello che voi chiamate Medioevo, allorché grandi distese dell'Europa erano deserte, paludose e desolate. Un nascondiglio perfetto, ma oltremodo spiacevole”.
— Sei stato tu, allora, a trovare questo posto, Hopkins Acre?
“Proprio così. C'erano altri posti adatti, e forse migliori di questo, che a me piacevano di più. Ma questo era pronto per il nostro arrivo. Il proprietario e la famiglia erano assenti perché erano in viaggio in Europa. Prima di andare a cercare gli altri, mi sono procurato l'assistenza di alcuni tecnici della mia epoca che hanno chiuso la zona per noi. Perciò dico che questo luogo, esattamente come è adesso, era pronto per i miei familiari, quando riuscii a trovarli in quella gabbia di matti che era l'Europa del Medioevo”.