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— Mi chiedo cosa è successo alla famiglia degli Hopkins — disse Corcoran. — Sono ritornati dalla vacanza e la loro casa era sparita, come se non fosse mai esistita. Oltre a ciò che la circondava: un edificio, una fattoria, una tenuta con tutte le persone che ci abitavano… spazzati via nel corso di una notte. Mi domando come hanno reagito i vicini.

“Non lo so” disse Henry. “Nessuno di noi se ne è mai preoccupato. La cosa non ci riguarda. Abbiamo preso soltanto delle proprietà immobiliari. La proprietà è di tutti.”

Da dietro di loro giunse la voce di David: — Vi ho visti qui seduti — disse — e vengo a dirvi che al tramonto ci sarà il funerale.

— Possiamo darvi qualche aiuto? — domandò Boone. — Magari aiutarvi a scavare la fossa?

David scosse la testa. — Non ci serve aiuto. Horace, che è così robusto, è in grado di spalare un bel mucchio di terra. E un po' di lavoro non farà male a Timothy, anche se lo odia. Qualche callo sulle sue manine delicate sarà una grande lezione per lui. Inoltre c'è già Emma ad aiutarlo.

David si sedette sul muretto accanto a loro.

— C'è anche Henry — disse Corcoran. — Stavamo parlando con lui. Una conversazione gradevole e istruttiva.

— Avevo l'impressione che ci fosse anche lui — disse David. — Mi pareva di cogliere la sua presenza. Henry, sono lieto che tu sia qui. È bene che tutta la famiglia prenda parte al funerale. Adesso siamo tutti presenti, escluso Spike. Hai idea di dove sia? Puoi andare a prenderlo?

“Non ne ho idea, David. Nessuno può mai rintracciarlo. Potrebbe trovarsi dappertutto. Comunque, la cosa ha poca importanza. Non è esattamente un membro della famiglia”.

— Ormai lo è diventato — disse David.

— Mi chiedevo un'altra cosa — disse Corcoran. — Avete accertato come è morto Gahan?

— L'ha controllato Horace. Aveva una profonda lacerazione nel petto, come se l'avesse colpito un grande artiglio che gli ha strappato la carne. Non capisco come sia sopravvissuto così a lungo. Era già quasi morto, quando è precipitato con il viaggiatore.

— Quanto tempo avrà impiegato? Voglio dire, il viaggio da Atene a qui?

— Il tragitto è pressocché istantaneo.

— Lo supponevo. Nel nostro viaggio da New York abbiamo sperimentato un'oscurità momentanea, e poi, quasi immediatamente, l'urto dell'atterraggio.

— Horace, credo — disse David — è l'unico di noi a cui poteva venire in mente di esaminare Gahan. Horace si spacca la testa cercando di arrivare al fondo delle cose, cercando di pianificare le sue azioni. Ma non è capace di fare progetti a lunga scadenza. In questo momento ha fatto disporre sul prato tutt'e tre i viaggiatori. Quello di Gahan funziona ancora. La caduta nell'aiola non lo ha danneggiato. Horace li ha attrezzati con vettovaglie e con alcune delle armi di Timothy.

— Ne deduco che avete deciso di partire.

— Sì, certo, anche se non abbiamo ancora deciso la data, e neppure il luogo di destinazione. Horace ci ha già assegnato ai nostri rispettivi viaggiatori.

— E, quando partirete, verremo con voi?

— Certo. Siamo in pochi. Ed è molto probabile che avremo bisogno di voi.

— Suppongo che dovremmo mostrarcene soddisfatti.

— Soddisfatti o no, voi verrete con noi. Tutt'e due.

— Non credo di voler rimanere qui — disse Corcoran. — Intrappolato in pochi ettari di colline, entro un segmento di tempo sfasato…

— È strano come è costituito il gruppo — disse David, con aria pensosa, come se riflettesse a voce alta. — La famiglia, voglio dire. Horace è il tipo ostinato, pratico, poco immaginativo, quello che organizza e che fa i progetti. Poi ci sono Emma la piagnucolosa, nella parte della nostra coscienza, Timothy lo studioso, Enid la pensatrice. E io; il perdigiorno, il cattivo esempio, quello che permette agli altri di sentirsi probi e virtuosi.

— Di ciò che dite — commentò Boone — mi colpisce soprattutto una frase. Avete detto che Enid è la pensatrice. Mi sembra che l'abbiate detto con uno strano tono di rispetto, quasi come per dare alla parola un significato particolare…

— Nell'epoca da cui veniamo — disse David — c'era finalmente tempo per pensare. Non c'era più bisogno di spaccarsi la schiena per vivere. Il progresso c'era già stato, e non gli davamo molto peso. Perciò, avendo a disposizione il tempo necessario, molti si sono dedicati al pensiero.

— La filosofia?

— No, al semplice pensiero di per se stesso. Un modo di ammazzare il tempo. Era un'attività che godeva di molta considerazione. Da essa uscivano molte grandi idee, che venivano dibattute in modo assai dotto, ma che non venivano mai tradotte in pratica. Eravamo stufi di tradurre in pratica idee. La grande bellezza del pensiero è che non ha nessun limite. Potete passare la vita a pensare, e molte persone lo facevano. Forse fu per questo che molti di noi accettarono l'idea degli Infiniti, di trasformarci in unità d'intelligenza incorporea, in entità pensanti, libere dalla materialità del corpo biologico.

— Sembrate quasi approvare il programma degli Infiniti.

— Niente affatto — disse David. — Cerco solo di descrivervi la situazione, come la vedevano alcuni di noi.

— Ma Enid…?

— Nel suo caso, la cosa è leggermente diversa. Mettiamola in questo modo: Timothy studia il passato dell'umanità cercando i difetti fondamentali della cultura umana, nella speranza che i futuri resti della razza possano trovare un modo di vita dotato di migliori possibilità di sopravvivenza. Enid, mediante il pensiero deduttivo, cerca invece di arrivare a scenari indipendenti che servano da guida alla nuova cultura che si instaurerà se la nostra razza sopravviverà come esseri biologici. Sia Timothy sia Enid cercano di trovare nuove strade per gli esseri umani. Diamo loro tempo e potranno trovare nuovi modelli di vita per l'uomo.

“Sta arrivando Enid” disse Henry.

I tre si alzarono in piedi per accoglierla. — Tra poco si inizia — disse Enid.

— C'è anche Henry; è qui con noi — disse David.

— Bene — disse lei. — Allora ci siamo tutti. Anche Spike è arrivato, poco tempo fa.

Si avviarono lungo la leggera salita che conduceva alla casa. Corcoran e David davanti a tutti, Boone accanto a Enid. Lei lo prese sottobraccio e gli parlò familiarmente.

— Non c'è neppure la bara. Non abbiamo avuto il tempo di fabbricarla. Lo abbiamo avvolto in un lenzuolo, e Timothy ha trovato una tela spessa con cui abbiamo fabbricato un sudario. Non abbiamo potuto fare altro. Horace è frenetico. Dice che dovremmo partire subito.

— E voi, cosa pensate?

— Penso che probabilmente ha ragione. Che dobbiamo andarcene. Ma mi spiace lasciare la casa. È stata la nostra dimora per molto tempo. Seppelliamo Gahan ai piedi di una vecchia quercia, dietro la casa.

— Vi piacciono gli alberi?

— Sì. È un amore molto diffuso. Ci sono moltissime persone che li amano. Vi sorprendete se vi dico che gli alberi succederanno agli uomini? Gli alberi prenderanno sicuramente il nostro posto, ci sostituiranno.

Boone disse: — È uno dei concetti più raffinati che abbia sentito.

Lei non rispose, e proseguirono in silenzio. Quando giunsero alla casa, Enid indicò un punto alla sua destra. — Ecco i viaggiatori — disse. — Tutti schierati, in attesa di noi.

I tre veicoli erano fermi sul prato davanti alla casa: i due più piccoli là vicino, e il terzo, quello più grande che era servito a Martin come abitazione, un poco più lontano.

— Voi e il vostro amico verrete con noi — disse Enid. — Qualcuno si è già ricordato di dirvelo? Spero che la cosa non vi dia fastidio. Mi spiace che siate finiti in mezzo a tutti questi pasticci.

Lui rispose con una smorfia, un po' scherzando e un po' risentito: — È un'esperienza a cui non rinuncerei per tutto l'oro del mondo.