Boone guardò il sole ed ebbe la conferma delle sue supposizioni. Era pomeriggio. L'astro si era notevolmente abbassato sull'orizzonte.
— Tra quegli alberi di ginepro ci sarà certo della legna da ardere — disse. — Ci occorrerà un fuoco.
— Purtroppo non abbiamo un'ascia — disse Enid. — Ho controllato l'equipaggiamento lasciato nel viaggiatore da Horace. Cibo, coperte, il secchio, una padella, un accendino, ma non un'ascia.
— Cercheremo di farne a meno — disse Boone.
Con un paio di viaggi fino alla macchia di ginepro si procurarono legna a sufficienza per le esigenze di una notte. Verso il tramonto Boone accese il fuoco, mentre Enid frugava nello zaino per prendere il cibo.
— Penso che possiamo mangiare il prosciutto — disse Enid. — C'è anche del pane. Cosa ne dite?
— Ottimo, direi — disse Boone.
Seduti accanto al fuoco, mangiarono pane e prosciutto mentre si faceva buio. In un punto indeterminato, vicino a loro, un lupo alzava il suo lamento, e da zone più lontane giungevano altri suoni che Boone non riusciva a riconoscere. Quando l'oscurità divenne più profonda spuntarono le stelle, e Boone, sollevando lo sguardo al cielo, cercò di capire se ci fossero stati cambiamenti nelle costellazioni. In un paio di casi gli parve di scorgerne, ma le sue conoscenze di astronomia erano troppo limitate per averne la certezza. Dietro il fuoco, a una certa distanza, si scorgevano macchie di luce, vicine tra loro a due a due.
— Sono lupi? — domandò Enid.
— Probabilmente. È possibile che non abbiano mai visto un fuoco. E non hanno mai visto un uomo, non lo hanno mai fiutato. Sono curiosi, e probabilmente sono un po' spaventati. Apprensivi, se non altro. Si avvicineranno furtivamente e ci sorveglieranno. Non credo che faranno altro.
— Ne siete sicuro?
— Sì, abbastanza — disse Boone. — Hanno già allontanato il bisonte dal branco. Quando saranno affamati, si getteranno su di lui. Forse morirà un lupo o due, ma gli altri mangeranno. Aspettano che si indebolisca ancora un poco, prima di saltargli addosso.
— È orribile — disse lei. — Questo modo di mangiarsi uno con l'altro.
— Non sono diversi da noi. Il prosciutto che abbiamo mangiato…
— Certo. Certo. Ma nel caso del prosciutto c'è una differenza. Quel maiale è stato allevato apposta per essere macellato.
— Ma quando si arriva alla radice della cosa, una creatura muore perché un'altra possa sopravvivere.
— Quando si arriva alla radice della cosa — disse lei — nessuno di noi è davvero civile. Ma c'è un'altra cosa che mi lascia perplessa. Quando vi siete liberato del cespuglio di rose, e vi siete messo a correre verso il viaggiatore, con il mostro alle spalle, ero convinta di vedervi sparire.
— Sparire? E perché dovevo sparire?
— Ce l'avete detto voi, ricordate? Che riuscite a sparire dietro gli angoli…
— Ah, quello. Forse non ero convinto che il mostro fosse un pericolo mortale. C'eravate voi ad aspettarmi, e il portello era aperto. Questo «girare dietro gli angoli» è probabilmente l'ultima risorsa in caso di pericoli gravi.
— E qualcos'altro. A New York avete girato l'angolo, portando con voi Corcoran, e vi siete trovato nel viaggiatore di Martin. Ma le altre volte, dove siete andato a finire?
— Strano — rifletté lui. — Non ricordo. Probabilmente ci sono rimasto soltanto per poco tempo. Qualche attimo, e poi sono ritornato indietro nel mio mondo.
— Credo si sia trattato di più di «qualche attimo» — disse Enid. — Ci siete rimasto per tutto il tempo necessario perché passasse il pericolo.
— Sì, avete ragione, ma non ho mai cercato di spiegarmi la cosa. Credo di avere cercato di cancellarla dalla mente. Era una cosa molto strana, sconvolgente. Ricordo di essermi detto, una volta, che forse era da attribuire a uno sfasamento del tempo, ma poi ho lasciato perdere questo tipo di riflessioni. Erano troppo inquietanti.
— Ma dove vi trovavate? Dovete avere avuto qualche impressione del luogo.
— È sempre stata un'esperienza molto confusa, come se fossi in mezzo a una fitta nebbia. Nella nebbia c'erano degli oggetti, ma non è che io li vedessi veramente. Avevo solo la sensazione che ci fosse qualcosa, ed era proprio questa sensazione a spaventarmi. Ma, ditemi, perché la cosa vi interessa?
— Il tempo, è questo l'aspetto che mi interessa. Ho pensato che probabilmente vi muovete nel tempo.
— Non sono certo che si tratti del tempo. È solo un'impressione. Ma mi forniva la spiegazione di una cosa impossibile. Siamo sempre portati a cercare delle risposte, che di solito sono risposte facili e poco complicate. Anche se a volte sono incomprensibili.
— Noi abbiamo il viaggio nel tempo — disse lei — ma nessuno di noi, ne sono certa, lo capisce pienamente. È una conoscenza che abbiamo rubato agli Infiniti. Rubare il viaggio nel tempo era l'unica possibilità di colpirli, l'unica che ci permettesse di fuggire. La razza umana disponeva del viaggio nello spazio interstellare prima che gli Infiniti facessero la loro comparsa. Credo che sia stato proprio il viaggio interstellare a richiamare su di noi la loro attenzione. Spesso mi sono chiesta se quel che ha reso possibile il nostro viaggio interstellare a velocità molto superiore a quella della luce non sia uno dei principi fondamentali del viaggio nel tempo. Il tempo è sempre collegato allo spazio, ma non ho mai capito bene in che modo.
— Questo viaggio nel tempo che voi utilizzate lo avete rubato agli Infiniti. Eppure dite di essere barbari. Accidenti, non siete affatto barbari! Chi è in grado di rubare concetti temporali e di tradurli in pratica…
— Là nel futuro, ne sono certa, c'erano altri che avrebbero potuto usare il viaggio nel tempo meglio di noi. Ma a loro non interessava. Non si interessavano più dei meccanismi, neppure di meccanismi complicati come quelli dei viaggi nel tempo. Avevano raggiunto un piano superiore.
— Erano dei decadenti — disse Boone. — Avevano rinunciato alla loro umanità.
— Che cos'è l'umanità? — domandò lei.
— Non mi credereste. Ma adesso siete qui, e non lassù, tra un milione di anni.
— Capisco. Eppure, come si può essere certi di qualcosa? Horace è sempre assolutamente sicuro di tutto ciò che dice, ovviamente, ma Horace è un fanatico. Ed Emma è certa che Horace abbia ragione, ma questa è una fede stupida e cieca da parte sua. Quanto a David, non so. È una sorta di ragazzone spensierato. Non so fino a che punto si interessi veramente di quanto lo circonda.
— Io penso che se ne interessi — disse Boone. — Nel momento cruciale, quando si tratta di prendere una decisione importante, non è più così spensierato.
— C'erano tante altre cose che la razza umana avrebbe potuto fare — rifletté Enid. — E tante che si potrebbero ancora fare. E poi, se la storia non mente, all'improvviso l'umanità ha perso ogni interesse e non ha più voluto fare niente. È possibile che nella sua intelligenza ci fosse una sorta di sistema frenante, che l'ha portata a rallentare il ritmo del suo progresso? Ci ho pensato e ripensato infinite volte. Ma è come un serpente che si morde la coda. Io ho la disgrazia di non poter fare a meno di osservare e di considerare tutti i lati di un problema, tutte le impostazioni che si presentano.
— Fareste meglio a rallentare il ritmo — disse Boone. — Non potete risolvere tutto questa notte stessa. Dovreste ritornare nel viaggiatore, dormire un poco. Accanto al fuoco resterò io, e lo terrò acceso.
— I lupi vi salteranno addosso.
— No, ho il sonno leggero. Mi sveglierò a intervalli regolari per alimentare il fuoco; e finché vedranno le fiamme, i lupi si terranno a distanza.
— Preferirei rimanere con voi. Mi sentirei più tranquilla.
— A voi la scelta — disse Boone. — Nel viaggiatore sareste più al sicuro.