Con loro correvano, saltellavano e rimbalzavano numerosissimi alieni. Meno degli uomini, ma sufficienti a sembrare anch'essi una fila ininterrotta. C'era una creatura simile a un fantasma che ballonzolava sospesa a mezz'aria, ora allo stesso livello dei marciatori umani, ora sopra di loro, e che cambiava continuamente forma. C'era una creatura con tre gambe che camminava a lunghi passi come se fosse montata su trampoli: il suo corpo privo di connotati pareva una scatola di cartone. Un'altra sembrava allo stesso tempo una palla e un serpente: come un serpente si muoveva con andatura sinuosa in mezzo alle gambe degli uomini in marcia, e di tanto in tanto si arrotolava a forma di palla. C'era una testa, solo la testa, costituita da un unico occhio e dalla bocca, che si muoveva un po' in una direzione e un po' nell'altra, come se avesse fretta ma non sapesse dove dirigersi. E molti altri alieni.
Gli umani non prestavano particolare attenzione agli alieni, come se essi fossero stati semplicemente degli altri esseri umani. Gli alieni, a loro volta, non badavano agli umani, come se li conoscessero bene e fossero uguali a loro.
Enid aveva l'impressione che tutti, umani e alieni, fossero in attesa di qualcosa che doveva succedere, ma che non fossero in attesa della stessa cosa: che ciascuno fosse in attesa di una rivelazione personale.
Si guardò attorno, cercando Jones il robot, ma non riuscì a scorgerlo. C'erano altri robot, ma pochi si mescolavano con gli umani e gli alieni in marcia. In genere si limitavano a rimanere ai margini della processione. Enid continuò a cercare Jones, ma il robot non si vedeva. Forse, pensò, l'avrebbe trovato più avanti: si avviò di buon passo nella direzione in cui marciava la fila. Aveva fame, e l'idea di mangiare pane fresco e porchetta arrosto la attirava. Era stata sciocca a perderlo di vista. Dopo qualche decina di metri venne però colta da un pensiero: e se Jones fosse andato dietro, invece che avanti? S'immobilizzò, non sapendo che direzione prendere, e in quel momento sentì una voce non umana, che le parlava all'orecchio.
Diceva: — Gentile umano, vorreste farmi un piccolo piacere?
Enid si voltò di scatto, sobbalzando involontariamente.
Era un alieno, come già lei si aspettava, ma più umanoide degli altri. La testa, piegata in avanti e sorretta da un collo lungo e scarno, era un incrocio tra quella di un cavallo scarnito dall'inedia e quella di un cane da caccia disperato. Aveva gambe molto arcuate e il torace simile a una botte. Le braccia, lunghe e sottili, si agitavano come serpenti ammaestrati. Gli orecchi si allargavano all'esterno come trombette; aveva due gruppi di occhi compositi, ciascuno con molte iridi. La bocca era ampia e le labbra erano larghe e pendenti. Un paio di branchie, ai lati del collo magro, si gonfiavano e sgonfiavano come mantici, mentre parlava.
— Ai vostri occhi — disse l'alieno — ho senza dubbio un aspetto orrendo. Come lo avevano ai miei occhi gli umani, prima che mi abituassi a loro. Ma il mio animo è gentile, e sono una creatura onorata.
— Non ne dubito — disse lei.
— Mi sono accostato a voi — proseguì l'alieno — perché, tra tutte le persone umane presenti, mi sembrate l'unica che non dà peso a ciò che sta accadendo. Questo mi fa pensare che siate disposta a perdere un poco di tempo per farmi un favore.
— Non riesco a immaginare che favore può essere — disse lei.
— Una cosa perfettamente fattibile — insistette l'alieno. — Un favore molto piccolo. Un'azione che, a causa della sua natura, io non posso compiere personalmente. Non ho abbastanza… — La sua faccia, da cane senza padrone, rimase immobile per un attimo, come per cercare la parola. — Diciamo che c'è una persona che deve legare un pacchetto con il cordino, ma che non riesce a farlo per… assenza di mani quando si tratta di fare il nodo. E questa persona vi chiede: «Per favore, potete appoggiare il dito dove i fili s'incrociano, per permettermi di legare il cordino?» In un modo un po' diverso, è il favore che vi chiedo.
— Perché vi mancano le mani?
— Non per mancanza di mani, ma per mancanza di altro che non posso descrivervi perché non ci sono le parole nella vostra lingua. Ma è un difetto mio, e non vostro.
Enid fissò l'alieno; era perplessa.
— Non riuscite a capire? — domandò la creatura.
— Temo di no — rispose Enid. — Dovete dirmi qualcosa d'altro.
— Vedete questi umani davanti a noi, che camminano in processione nella massima serietà. Tutti tesi, tutti alla ricerca di qualcosa, ciascuno alla ricerca di cose diverse. Uno forse cerca l'idea per un quadro meraviglioso, che potrebbe poi mettere sulla tela. O un brano musicale da eseguire per altri amanti della musica. O una forma architettonica che gli sfugge da anni.
— Capisco — disse Enid. — Ecco cosa cerca tutta quella gente.
— Sì — annuì l'alieno. — Pensavo che lo sapeste.
— Mi pareva che cercasse qualcosa — disse Enid. — Ma non sapevo cosa.
— E non sono soltanto gli umani a cercare.
— Volete dire — domandò Enid — che anche voi cercate qualcosa? E che avete bisogno di aiuto? Signore, non riesco a capire in che modo posso aiutarvi.
— Da molto tempo seguo un'idea — spiegò l'alieno. — E di volta in volta ho cercato di afferrarla, ma non sono mai riuscito a raggiungerla. Perciò, quando ho saputo che c'era questa processione di cercatori, mi sono detto: «Se va bene per gli umani, c'è speranza che funzioni anche per me».
— E funziona?
— Credo di sì. Mi pare di avere tutto nella mente, ma non posso dirlo ancora. Devo prima trovare qualcuno che appoggi il dito dove s'incrociano i due cordini.
— A parte il fatto — commentò Enid — che non si tratta di un dito. E che non si tratta di cordino…
— Esattamente, bella signora. Voi capite in fretta e ascoltate con attenzione. Siete disposta ad ascoltarmi ancora?
Enid si guardò attorno. Non c'era segno di Jones, il robot.
— Vi ascolto ancora. Con attenzione.
— Prima di tutto — disse Muso di Cavallo — voglio essere onesto con voi. Devo umilmente confessarvi il mio inganno. Tutti gli altri alieni qui presenti, che accompagnano la processione, costituiscono un gruppo appositamente scelto. Sono stati condotti qui perché hanno la capacità di portare ad altissimi livelli di allucinazione la sensibilità umana. Ed è proprio a causa di queste allucinazioni che gli umani che partecipano alla processione possono afferrare le altissime espressioni d'arte da loro cercate. Inoltre, fra questi alieni assortiti, ce ne sono alcuni che hanno la capacità di guidare gli umani a materializzare le loro visioni: a creare un quadro con la forza del pensiero, senza la necessità di dipingerlo materialmente. Si potrebbe dire che sono la scorciatoia tra il concetto e la sua realizzazione. È come creare una musica, il suono musicale stesso, senza lo spartito e senza gli strumenti.
— Ma è impossibile! — esclamò Enid, colpita dalla visione di una pioggia di dipinti che cadeva dal cielo accompagnata dal suono di una musica che non proveniva da nessuna fonte.
— In qualche caso è possibile — disse Muso di Cavallo.
— Molto onesto da parte vostra — disse Enid. — Ma avete parlato di un vostro inganno. Di cosa si tratta?
— Del fatto che mi sono unito alla processione per raggiungere i miei scopi personali, e non per collaborare con gli umani. Ho pensato che il fervore di questa grande massa di creature poteva stimolare e accrescere la mia abilità.
— Intendete dire — riassunse Enid — che vi siete unito alla processione di vostra iniziativa, sperando che vi facesse superare gli ostacoli che ancora si frapponevano alla realizzazione della vostra idea? E che, pur avendoli forse superati, non siete ancora giunto alla conclusione perché vi manca una persona che, come dite voi «tenga il dito sul cordino»?