David si era avviato lungo la discesa che portava ai piedi della collina. Dopo un'ultima occhiata per accertarsi che l'albero fosse ancora lì, Corcoran si affrettò a seguirlo. Quando giunsero alla porta, il vecchio non c'era più. Proseguirono fino a raggiungere il prato su cui era fermo il viaggiatore.
— Cosa facciamo? — domandò David. — Dobbiamo cercare quel villaggio di cui parlava il vecchio?
— Sì — disse Corcoran. — Dobbiamo capire la situazione locale. Ora come ora, lavoriamo nel vuoto.
— A me — disse David — interessa soprattutto sapere se gli Infiniti sono già comparsi. Il loro arrivo risale pressappoco a quest'epoca, ma la data esatta non la so.
— Credete che gli abitanti di un piccolo villaggio possono darvi informazioni utili? Questa zona sembra alquanto isolata.
— Qualche voce sarà arrivata. Ci basta sapere se gli Infiniti sono già arrivati. Basta un minimo accenno per saperlo.
Dal prato partiva un sentiero che portava verso la valle, fino a un allegro torrentello. David, che era in testa, seguì la direzione del corso d'acqua. Il percorso era agevole. La valle era aperta, e lungo la sponda del fiume correva un sentiero ben tracciato.
— Potete darmi un'idea del tipo di insediamento che troveremo? — domandò Corcoran. — Per esempio, com'è l'organizzazione economica?
David rise. — Rimarrete sorpreso. Per prima cosa, non esiste un'economia. I robot fanno tutto il lavoro, e non c'è denaro. Suppongo che dal vostro punto di vista, equivale a dire che l'economia è completamente nelle mani dei robot. Si occupano di tutto e comandano tutto. Nessun umano deve preoccuparsi di come vivere.
— In un sistema come questo — domandò Corcoran — che cosa fanno gli esseri umani?
— Pensano — disse David. — Pensano a lungo e bene, e quando occorre parlare, parlano con grande eloquenza.
— Alla mia epoca — disse Corcoran — i contadini si recavano in città e andavano in un bar a bere un caffè. Laggiù trovavano qualche piccolo commerciante, e si sedevano con lui a un tavolo per discutere i destini del mondo; ciascuno era sicuro delle proprie idee. Naturalmente, parlavano tutti a vanvera, e la cosa faceva poca differenza. Nella propria nicchia, ciascuno può essere un filosofo… Ma la vostra famiglia, invece…
— Noi eravamo una minoranza — disse David. — Gli arretrati, gli stupidi che non capivano e che non volevano seguire gli altri. I polemici, la spina nel fianco delle persone per bene, la minoranza rumorosa…
— Eppure, a quanto mi pare di capire — disse Corcoran — voi non eravate dei veri e propri rivoluzionari.
— No — disse David. — Ci limitavamo a dare il cattivo esempio.
Erano giunti a una leggera salita. Quando fu in cima, David si fermò e attese che Corcoran lo raggiungesse. Indicò il territorio davanti a loro.
— Laggiù c'è il villaggio — disse.
Era un villaggio piccolo ed elegante. Alcune delle case avevano dimensioni più che rispettabili, altre erano molto piccole. In tutto pareva composto di una quindicina di edifici: certo non più di venti. La via principale era costituita da una strada piuttosto stretta. C'era un ponte che portava sull'altra sponda del torrente, e la strada proseguiva serpeggiando tra campi e giardini, su un terreno piano. In fondo si scorgeva nuovamente la sagoma delle montagne.
— Una comunità chiusa in se stessa — commentò Corcoran. — Isolata. Immagino che siano i robot a coltivare e ad allevare le bestie.
— Esattamente. Eppure, nonostante la limitatezza delle loro possibilità, hanno tutto ciò che desiderano.
Entrarono nel villaggio. Si vedeva soltanto un vecchio, che camminava lentamente, facendo attenzione a ogni passo. Non si vedevano altre persone in giro.
Da un piccolo edificio ai confini del villaggio uscì un robot. Si diresse verso i due nuovi venuti, camminando in fretta. Giunto davanti a loro, si fermò a osservarli. Era un robot senza particolari caratteristiche, sbrigativo e senza grilli per la testa.
— Benvenuti al nostro villaggio — disse, senza perdere tempo in preamboli. — Lieti di avervi tra noi. Volete per favore aggregarvi per mangiare con noi una buona scodella di minestra? Oggi non abbiamo preparato altro: minestra e onesto pane casareccio, ma ne abbiamo in abbondanza. Da qualche tempo manchiamo di caffè, ma possiamo offrirvi un boccale della nostra birra migliore.
— Accettiamo con profonda gratitudine la vostra ospitalità — disse David. — Abbiamo molto desiderio di compagnia. Stiamo facendo un lungo viaggio a piedi e abbiamo incontrato poche persone. Quando abbiamo sentito parlare del vostro villaggio, ci siamo allontanati dalla nostra strada per venirvi a trovare.
— Qui ci sono gentiluomini — disse loro il robot — che saranno lieti di parlare con voi. Il nostro è un posto tranquillo e isolato, che ci permette di dedicarci a profonde speculazioni filosofiche. I nostri pensatori sono in grado di competere con chiunque, in questa regione.
Si voltò e li accompagnò verso il piccolo edificio da cui era uscito. Tenne aperta la porta per farli entrare.
Lungo una delle pareti c'era un bancone con sgabelli. Al centro della stanza c'era un grosso tavolo rotondo, su cui erano posate numerose candele accese. Attorno al tavolo sedevano cinque o sei persone che bevevano birra. Da un lato si vedeva una pila di tazze vuote. Nonostante la presenza delle candele, la stanza era scura e soffocante. In tutto l'edificio c'erano solo due piccole finestre per lasciar passare la luce.
— Signori — disse il robot, in tono estremamente serio e grave — abbiamo degli ospiti. Vi prego di far loro posto.
Gli uomini seduti al tavolo si scostarono per fare posto ai due ospiti.
Per qualche tempo, dopo che David e Corcoran si furono accomodati, nessuno parlò. Le persone sedute alla tavola continuarono a fissarli con attenzione e con leggero sospetto. A sua volta, Corcoran studiò le tacce davanti a lui. Molte erano di vecchi, e con la barba. Ma erano persone rispettabili, pulite. Gli parve di fiutare odore di sapone; i vestiti indossati dai vecchi erano puliti e di taglio semplice, e rattoppati qui e là.
Un vecchio, caratterizzato da un ciuffo di capelli bianchi come la neve e da una barba color della brina, tutt'a un tratto disse loro: — Stavamo dibattendo la fuga dell'umanità da sotto il tallone degli antichi condizionamenti economici e sociali. Ognuno di noi è convinto che la fuga sia giunta appena in tempo, ma questo sembra essere il solo punto su cui siamo tutti d'accordo, perché ciascuno di noi ha un'opinione diversa sulle sue origini e sulle sue cause. Il mondo, ne siamo tutti convinti, era divenuto così artificiale, condizionato, sterilizzato e confortevole che l'uomo non era più un essere umano, ma un animale da salotto tenuto dai computer. Qualcuno di voi signori ha forse delle opinioni a questo riguardo?
Tombola, pensò Corcoran. Di punto in bianco. Senza preamboli, senza domandare chi siete e cosa fate, come siamo lieti di vedervi qui, senza presentazioni. Questi sono dei fanatici, si disse: eppure non c'era segno di fanatismo: né occhi fiammeggianti, né mani che tremavano. Anzi, sembravano le persone più tranquille e pacifiche del mondo.
— Naturalmente, abbiamo pensato a queste cose, di tanto in tanto — disse David, parlando con una tranquillità che rivaleggiava con quella del vecchio dalla barba color della brina. — Ma soprattutto ci siamo chiesti perché l'umanità si sia incamminata verso la trappola stessa in cui è caduta. Ne abbiamo cercato le cause, ma i fattori sono troppi, e talmente intrecciati tra loro da rendere problematica qualsiasi affermazione. Negli ultimi mesi abbiamo sentito parlare di una nuova scuola di pensiero che suggerisce la smaterializzazione come risposta definitiva a tutti i problemi dell'umanità. Per noi, questa è una prospettiva nuova, ma dato che siamo rimasti isolati a lungo, può darsi che l'idea sia già in circolazione da molto tempo. Desidereremmo giungere a comprendere questa nuova idea.