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Henry attraversò il prato e si avvicinò a lui.

“Avete lasciato una lunga scia” disse. “Ho dovuto fare molta strada”.

— Dove sono finiti gli altri? In che viaggiatore eri?

“Non ero in nessun viaggiatore” disse Henry. “Sono rimasto a Hopkins Acre. Sapevo che sareste andati tutti in posti diversi e che avrei dovuto trovarvi”.

— Perciò, sei partito da zero.

“Proprio così. E ho fatto bene, perché sono sorte complicazioni”.

— Comunque, ci hai trovato. E questo può essere l'inizio. Ma perché sei venuto a cercare proprio noi? Sapevi che eravamo in grado di badare a noi stessi. Invece avresti dovuto seguire Enid. È quella che ha meno esperienza e che corre più rischi.

“È quello che ho fatto” disse Henry “ma è scomparsa”.

— Come può essere? Enid ti avrà aspettato. Sa che la cerchi.

“No, non ha aspettato. Ha raggiunto la sua prima destinazione, e poi se n'è andata. Ho l'impressione che sia scappata via perché era minacciata dal mostro. Nel luogo della sua prima destinazione c'è il mostro, ed è distrutto”.

— Distrutto? Chi può averlo distrutto?

— Forse Boone — disse Corcoran. — Boone era con lei. L'ho visto che correva verso il viaggiatore di Enid, con il mostro alle calcagna. Intendevo aiutarlo, ma voi mi avete afferrato di peso e mi avete portato nel vostro viaggiatore.

“Lasciatemi finire” disse Henry. “Non interrompetemi con le vostre chiacchiere. C'è dell'altro”.

— E allora, parla — disse David irritato.

“Enid, quando è partita, era sola. Ne sono certo. Boone è rimasto laggiù”.

— Non riesco a crederci. Enid non lo avrebbe abbandonato in nessun caso.

“Non ne sono certo” disse Henry. “Sono soltanto mie deduzioni. Ho raggiunto la sua prima destinazione, nel lontano passato. Cinquantamila anni prima di Hopkins Acre nella parte sudovest del Nordamerica. Il viaggiatore era sparito, ma c'era ancora la sua scia. Il viaggiatore era partito circa una settimana prima”.

— La scia? — domandò Corcoran. — Cosa fa, vede la scia del viaggiatore?

— Non lo so — disse David. — E non lo sa neppure lui, secondo me, e quindi non vale la pena di chiederglielo. Ha delle facoltà che noi due non possediamo, e io non mi azzarderei a descriverle.

“Riesco a farlo” disse Henry. “Non so come faccio; non me lo sono mai domandato. Ma, adesso, mi lasciate continuare?”

— Prego — disse David.

“Mi sono guardato attorno. C'erano le tracce di un fuoco, molto recenti; due giorni, massimo quattro. E accanto c'era un tumulo di pietre. Sul tumulo c'era un foglio di carta, tenuto fermo da una pietra. Non ero in grado di sollevare la pietra e non ho potuto inserirmi tra pietra e carta per leggere ciò che era scritto. Suppongo che fosse un messaggio per eventuali nuovi arrivati. A poca distanza dal tumulo c'erano i resti del robot assassino, e poco più in là lo scheletro di una grande bestia: a quanto pareva, un bovino. Aveva un enorme paio di corna”.

— Non c'era segno di Boone? — domandò Corcoran.

“No, l'ho cercato, ma onestamente, devo confessare, non l'ho cercato molto. Ero troppo preoccupato per Enid. La scia era lunga e difficile, ma alla fine ho trovato la seconda destinazione del suo viaggiatore”.

— Ed Enid non c'era — disse David.

“Non ho trovato né lei né il viaggiatore. Il viaggiatore non era partito: era stato portato via. Ho trovato dei segni sul terreno: segni di ruote, e scie di un corpo trascinato. L'hanno preso e l'hanno caricato su un veicolo. Ho cercato di seguire le tracce, ma dopo un poco le ho perse”.

— E hai cercato Enid?

“L'ho cercata tutt'intorno, girando in cerchi sempre più larghi. L'ho cercata in ogni angolo, ma non ho notato la sua presenza. Se ci fosse stata, l'avrei trovata”.

— Quindi si dev'essere perduta. E qualcuno ha un viaggiatore che non gli appartiene.

— È assai probabile — disse Corcoran — che non sappia cosa ha in mano. Qualcuno l'ha trovato, si è incuriosito e se l'è portato via in fretta, prima che arrivasse il proprietario. Senza dubbio si sarà proposto di esaminarlo più tardi.

David scosse la testa.

— Sentite — disse Corcoran — quanti viaggiatori temporali ci sono al mondo? E quanti sono, prima della vostra epoca, coloro che sanno che il viaggio nel tempo è possibile?

“Forse Corcoran ha ragione” disse Henry. “Dovresti dargli retta, David”.

— Al momento — disse David — non è il caso di discutere. Per ora, Enid è fuori portata. Il suo viaggiatore è sparito, ed è sparita anche lei. Non sappiamo dove cercarla.

“Suggerisco di ritornare nel posto preistorico” disse Henry. “Laggiù potremo cercare Boone. Può darsi che ci possa indicare come rintracciare Enid. Forse Enid gli ha comunicato le sue intenzioni”.

— Ci puoi portare laggiù? Hai le coordinate?

“Vi posso portare molto vicino. Ho le coordinate. Quelle spaziali le ho calcolate esattamente prima di allontanarmi. E quelle temporali sono pressoché esatte”.

— Hai ragione — disse David. — Laggiù possiamo trovare qualche elemento su cui lavorare. Altrimenti dovremmo girare a vuoto.

— Sono d'accordo — disse Corcoran, annuendo.

David entrò nel viaggiatore e tese la mano a Corcoran per aiutarlo a salire.

— Chiudete il portello — disse — e preparatevi alla partenza. Una volta che Henry mi avrà dato le coordinate, partiremo.

Corcoran chiuse il portello e tornò accanto a David, che era intento a scrivere le coordinate nel suo libro di bordo. David allungò la mano verso il pannello degli strumenti. — Tenetevi forte — disse, e le sue parole furono seguite dalla scossa e dall'oscurità, profonda e spietata. Un istante più tardi, David esclamò: — Ci siamo.

Corcoran tornò al portello, lo aprì e si precipitò all'esterno. Nel cielo limpido ardeva la macchia arroventata del sole. Sullo sfondo del cielo si scorgevano le colline brulle. La salvia luccicava al sole. Sul piano giaceva lo scheletro bianco di un grosso animale.

— Sei sicuro che sia il posto giusto? — domandò David a Henry.

“Sì, è il posto giusto. Va' direttamente davanti a te, e troverai i resti del fuoco”.

— Non c'è nessun tumulo — disse Corcoran. — Hai detto che ce n'era uno, con un foglio tenuto fermo da una pietra.

“Hai ragione. Il tumulo non c'è più. Ma ci sono le pietre, sul terreno. Sono state gettate a terra”.

Corcoran fece un passo avanti. Le pietre erano sparse in giro, e in mezzo alle pietre c'era un foro scavato nel terreno. Si scorgevano le ceneri bianche del fuoco da campo.

— Le volpi, o i lupi — disse Corcoran. — Hanno gettato a terra le pietre per prendere qualcosa che era nascosto sotto il tumulo.

— Carne — disse David. — Boone deve avere nascosto della carne sotto le pietre per proteggerla dai lupi.

Corcoran annuì. Sembrava un'ipotesi ragionevole.

— Anche il messaggio dovrebbe essere qui attorno — disse David. — Tutto quadra. I resti del fuoco. Lo scheletro del grosso animale. E quel mucchio di rottami è ciò che resta del robot assassino.

Ma cercarono il messaggio senza riuscire a trovarlo.

— È inutile cercare — disse David. — Il vento l'ha portato via. Ormai è impossibile trovarlo.

Corcoran si guardò attorno, esaminando la pianura che lo circondava. Lontano si vedeva una tromba d'aria che ondeggiava come un serpente danzante. Al limite della zona visibile c'erano dei puntini neri che tremolavano dietro il velo dell'aria calda. Bisonti, pensò Corcoran, anche se questa era poco più di una supposizione. A occhio nudo non aveva modo di accertarsene. Lo scheletro apparteneva a un bisonte preistorico. Il teschio era appoggiato a terra, e un corno si alzava nell'aria. Solo un bisonte può avere corna come quelle, si disse.