Era stato Boone a ucciderlo? Se era stato lui, doveva avere avuto a disposizione un fucile di grosso calibro, perché nessun'altra arma avrebbe potuto abbattere una bestia del genere. Ed era stato lui ad abbattere il robot assassino? Corcoran scosse la testa. Non aveva modo di saperlo.
— Che cosa facciamo? — domandò David.
— Diamo un'occhiata in giro — gli disse Corcoran. — Può darsi che incontriamo Boone che fa ritorno all'accampamento. O possiamo trovarlo morto, anche se è difficile immaginare che cosa possa averlo ucciso. Ha rischiato tante volte la pelle, quel pazzo, che ormai dovrebbe essere morto da decenni. Ma ha un suo sortilegio che lo tiene in vita.
— Io voglio salire in cima a quella collinetta — disse David. — Da lassù potrò forse scorgere qualche indicazione.
— Bisognerebbe avere un binocolo.
— Ma non l'abbiamo. Vado a vedere se per caso c'è.
David ritornò al viaggiatore. Corcoran si diresse verso il mucchio di rottami che era tutto ciò che rimaneva del mostro assassino. Cercò di non avvicinarsi troppo, anche se in quei resti metallici non pareva esserci niente di pericoloso. Eppure, qualcosa lo avvertiva di stare lontano.
David uscì dal viaggiatore. — Niente binocolo — disse. — Horace ha caricato in fretta l'equipaggiamento; non ha badato a ciò che metteva.
— Salgo in cima io, se voi non avete voglia — disse Corcoran.
— Non preoccupatevi. Mi piace arrampicarmi sui monti.
— Io faccio il giro della collinetta — disse Corcoran. — Ma non penso di trovare molto. Qui c'è qualcosa che non quadra. Comincio a pensare che Boone si sia allontanato con Enid.
— Henry dice di no.
Corcoran stava per dire qualcosa a proposito di Henry e di cosa poteva farsene delle sue certezze, ma si limitò a chiedere: — Dov'è Henry? Da un po' di tempo non lo sento più e non sono più riuscito a vederlo.
— Neanch'io, adesso che ci penso. Ma questo non vuol dire niente. Ritornerà. Probabilmente sta esplorando qui attorno.
David aveva con sé un fucile da caccia. Doveva averlo preso quando era entrato nel viaggiatore a cercare il cannocchiale. Lo tese a Corcoran, tenendolo per il calcio. — Ecco, servirà più a voi che a me.
Corcoran scosse la testa. — Non penso di correre rischi. Farò attenzione. E voi badate bene a non sparare sul bersaglio sbagliato. Probabilmente qui ci sono delle creature a cui un colpo di fucile a pallini non fa nemmeno il solletico.
David s'infilò il fucile sotto il braccio: pareva contento che Corcoran non l'avesse voluto. — Non ho mai sparato, né con questo né con altri fucili — disse — ma nelle mie passeggiate a Hopkins Acre ho preso l'abitudine di portarne uno. Questo fucile è divenuto una parte di me. Mi sento meglio, se l'ho sotto il braccio. Questo fucile non è mai carico, quando lo porto io.
— Ascoltate me — disse Corcoran, un po' disgustato. — Caricatelo. Penso che abbiate le cartucce.
David si toccò una tasca della giacca. — Le ho qui. Due manciate. Anche a Hopkins Acre avevo sempre le cartucce: due. Le toglievo dal fucile, dato che Timothy voleva che fosse carico quando era nella rastrelliera.
— È inutile portare un fucile, se non si ha intenzione di usarlo. — disse Corcoran. — È inutile portarlo se non è carico. Mio padre me lo diceva sempre. «Non puntare mai il fucile contro qualcuno» diceva «se non hai intenzione di ucciderlo, uomo o animale». Mi è parso un buon consiglio, e da allora l'ho sempre seguito.
— Io ho puntato molte volte questo fucile — disse David — ma non ho mai ucciso. L'ho puntato contro centinaia d'uccelli stanati da cani, ma non ho mai voluto schiacciare il grilletto.
— Che cosa volete dimostrare? — domandò Corcoran. — Che siete finalmente civili?
— Me lo sono chiesto anch'io — disse David.
Esaminando la base della collina, Corcoran trovò un affioramento d'acqua: qualcuno aveva scavato e si era formata una pozza. Giunse all'improvviso davanti a un tasso, che soffiò verso di lui prima di fuggire. Si accorse di essere seguito da un lupo, ma non gli prestò attenzione. Il lupo continuò a seguirlo, senza avvicinarsi e senza allontanarsi.
Non successe altro. Non trovò niente di interessante. Dopo qualche tempo, ritornò sui suoi passi e seguì la curva della collinetta fino a ritornare nuovamente al viaggiatore. Già prima che tornasse indietro, il lupo era sparito.
Il sole era quasi all'orizzonte. Con pezzi di legno presi dal mucchietto accanto al vecchio fuoco da campo, accese un falò. Si recò alla fontanella e prelevò un secchio d'acqua. Quando David fece ritorno dalla cima della collina, friggeva prosciutto da una parte e frittelle dall'altra.
David si sedette in terra e appoggiò il fucile sulle ginocchia. — Non c'è niente — comunicò. — Qualche animale che bruca l'erba, lontano nella pianura, e nient'altro. È il posto più solitario che ho visto.
— Prendete del caffè — disse Corcoran. — Ho già pronte le frittelle per voi. Prendete anche il prosciutto. Piatti e tazze sono sulla tovaglia.
Dopo avere assaggiato le frittelle, David chiese — C'è qualche segno di Henry?
— Niente.
— È strano. Se n'è andato senza avvertire. E non è ancora ritornato.
— Forse ha avuto un'idea ed è andato a controllare.
— Lo spero — disse David. — À volte non sono sicuro di capire Henry. È mio fratello e tutto il resto, ma anche se cerco di vederlo come carne della mia carne e sangue del mio sangue, lui non è né carne né sangue. È ancora mio fratello, ma è assai inconsueto, come essere umano. Si è lasciato convincere dagli Infiniti, dalle loro chiacchiere astute. Ma su di lui il processo di conversione non è giunto alla fine. Forse la personalità di Henry era troppo nodosa e contorta.
Corcoran cercò di consolarlo: — Non preoccupatevi per lui. Non gli può succedere niente. Niente può toccarlo.
David non rispose. Qualche momento più tardi domandò: — Cosa facciamo, adesso? Vale la pena di fermarsi qui?
— È troppo presto per dirlo — disse Corcoran. — Siamo arrivati da poche ore. Aspettiamo fino a domani; può darsi che domani ci venga qualche buona idea.
Una voce che non faceva rumore domandò loro: “Cercate un uomo chiamato Boone?”
Corcoran rimase sorpreso per un momento, poi domandò a David: — Avete sentito anche voi?
— Sì. Ho sentito. Non è Henry. È qualcun altro.
“Sono la mente” disse la voce “della creatura che voi chiamate mostro assassino. Posso aiutarvi a trovare questo Boone”.
— Potete dirci dov'è? — domandò Corcoran.
“Posso dirvi dov'è andato. Ma prima dobbiamo fare un patto”.
— Che patto, mostro?
“Non chiamatemi mostro. È già brutto pensare a me come a un mostro, ma dirmelo in faccia è maleducazione”.
— Se non sei un mostro, allora cosa sei?
“Sono un fedele servitore che si limita a eseguire la volontà del padrone. Non spetta a me decidere se i suoi ordini siano giusti e saggi”.
— Non perdere tempo a scusarti — disse David. — Ti conosciamo bene. Sei in mezzo ai rottami che una volta erano un mostro assassino.
“Ecco, mi avete di nuovo chiamato mostro! E io non intendevo affatto scusarmi”.
— Mi era parso di sì — disse Corcoran. — Sentiamo il patto.
“Molto semplice. Io vi dico dove cercare Boone, ma voi prima dovete togliermi dai rottami della mia precedente esistenza e promettermi di portarmi da qualche altra parte, lontano da questa terribile desolazione”.
— Be' — disse David — è un patto che si può accettare facilmente.
— Calma — lo avvertì Corcoran. — Pensate: quanta fiducia si può accordare alla voce del rottame?
— Sembra una cosa da poco — disse David. — Lui sa dove si trova Boone ed è disposto a…