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— Sai qualcosa di Boone? Hai notizie di lui?

“Ho scoperto dov'era andato, ma non c'è più. C'erano un pacco e un fucile, ma lui era sparito. Credo che ci fosse anche un lupo. Mi spiace, Corcoran”.

— Credo di capire che cosa gli è successo. Ha girato dietro uno dei suoi angoli. Spero solo che rimanga nel luogo d'arrivo e non torni indietro di nuovo.

“Che cosa intendi fare? È inutile rimanere qui”.

Corcoran scosse la testa. Aveva già pensato a possibili destinazioni, per prima cosa ritornare alla sua New York, e aveva scartato l'idea perché voleva trovare Boone. Ma adesso si erano perse le possibilità di trovarlo.

Ripensò al ventesimo secolo, ma anche ora lo rifiutò. In tutta la sua vita non aveva mai voltato la schiena davanti a un'avventura, finché non si era conclusa. E questa avventura, pensò, era lungi dall'esserlo.

Poteva ritornare a Hopkins Acre. Le coordinate erano sul libro di David. La vita a Hopkins Acre sarebbe stata piacevole. Laggiù c'erano ancora i servitori e i contadini. Era un posto dove poteva fermarsi in tutta sicurezza a riflettere sulla sua situazione e a fare un piano di azione. Ed era possibile che qualcuno degli altri ritornasse laggiù.

Ma c'era un altro luogo, con le rovine di una città, e sopra a quelle un albero altissimo circondato da una scala elicoidale. Laggiù ci doveva essere qualche mistero, ed era meglio andare a dare un'occhiata.

Henry aspettava una risposta. Corcoran riusciva a vedere il suo luccichio, una nube di faville che scintillava al sole.

Invece di rispondere alla domanda di Henry, Corcoran gli chiese: — A quanto ho capito, ti sei fermato a pochi passi dalla smaterializzazione. Puoi spiegarmi com'è successo?

“Si è trattato di un errore di giudizio da parte mia” disse Henry. “Mi sono lasciato convincere dagli Infiniti. Mi ero messo a frequentarli per curiosità, chiedendomi che razza di creature fossero veramente. Ed erano davvero strane, capisci. Sono lontanamente umanoidi. Ma di solito non si lasciano guardare. Entrano ed escono come spettri. Comunque, visibili o no, senti sempre la loro voce. Predicano, ti presentano i loro ragionamenti, ti implorano. Ti mostrano la via dell'immortalità e ti elencano gli interminabili piaceri, gli interminabili trionfi dell'immortalità. E l'immortalità intellettuale, così ti dicono, è l'unica strada che si possa scegliere. Tutto il resto è grossolano, approssimativo, vergognoso. Nessuno desidera vergognarsi”.

— E sono riusciti a convincerti?

“Mi hanno convinto” disse Henry “Ma mi hanno convinto in un momento di debolezza. Superato quel momento, mi opposi a loro. Rimasero molto stupiti, nel vedere la temerarietà con cui resistevo loro, e si misero a lavorare duramente su di me per convincermi. Ma quanto più insistevano, tanto più mi ostinavo io. Mi sono infine liberato di loro, o forse sono stati loro a cacciarmi via, disgustati. Forse mi avevano già dedicato troppo tempo. Ma quando me ne andai, il processo era ormai già arrivato a un punto troppo avanzato; ero giunto a metà strada dalla smaterializzazione. Ero come mi vedi adesso”.

— Non mi sembri preoccupato della cosa.

“Ci sono vantaggi e svantaggi, e io ritengo che i primi superino i secondi. Almeno, questo è ciò che mi dico. Ci sono molte cose normalissime che non posso fare, ma ho capacità che nessun essere umano possiede. Io cerco di approfittarne, lasciando perdere quello che ho perso”.

— E, adesso, cosa intendi fare?

“Devo ancora rintracciare alcuni componenti della mia famiglia, Horace ed Emma… e Timothy, che è stato portato di forza nel viaggiatore da quel prepotente di Horace”.

— Sai dove cercarli?

“No. Dovrò seguire le loro tracce”.

— Puoi serviti del viaggiatore per seguirli? Io potrei mettermi ai comandi.

“No, devo servirmi delle mie forze. Devo ritornare a Hopkins Acre e seguire la traccia da laggiù. Sarà debole e sottile, ma sarà ancora presente. Dici che sei capace di usare il viaggiatore?”

— Sì. So dov'è il giornale di bordo e ho guardato David mentre inseriva le coordinate, quando siamo venuti qui.

“Forse, la cosa più consigliabile è che tu ritorni a Hopkins Acre. Credo che il posto sia sicuro. Qualcuno di noi potrebbe poi ritornare a prenderti. Le coordinate sono scritte sul libro di bordo. Sei sicuro di essere in grado di far funzionare il viaggiatore?”

— Sì — disse Corcoran. — Ma non voglio ancora andare a Hopkins Acre. Prima voglio recarmi di nuovo nel posto dove hai trovato me e David. Devo esaminare una cosa che c'è laggiù.

Diversamente da quanto si aspettava Corcoran, Henry non gli chiese spiegazioni. Anzi, Corcoran ebbe l'impressione che l'altro gli rivolgesse un'alzata di spalle.

“Come vuoi” gli disse. “Tu sai dove vai, e anch'io so dove vado. Meglio affrettarci”.

E all'improvviso, Henry sparì.

Corcoran si alzò in piedi. Boone non si trovava più in quel tempo e in quello spazio, e non c'era motivo di rimanere laggiù. Sapeva dove andare, e, come aveva detto Henry, era meglio non perdere tempo.

Quando raggiunse il campo, la zona era completamente deserta. Non c'era segno della tigre, e nemmeno dei lupi. Corcoran depose tutte le stoviglie sulla tovaglia, ne fece un fagotto e se lo mise in spalla.

Una voce gli parlò nella mente: “Eh, eh, eh” gli disse.

Nell'udirla, Corcoran girò sui tacchi e si voltò verso il mucchio di rottami. La risata continuò.

Corcoran si avviò verso i rottami.

— Smettila! — gridò. — Non ridere, maledetto!

La risata s'interruppe e cominciò il piagnucolio.

“Caro signore, voi siete pronto alla partenza. State raccogliendo le vostre cose per andarvene. Vi prego, portatemi con voi. Non ve ne pentirete. Posso fare molte cose per voi. Posso ripagarvi della vostra gentilezza. Sarò eternamente vostro amico. Portandomi con voi non vi darò nessun fastidio. Peso poco e non occupo molto spazio. Non c'è neppure bisogno di cercarmi. Sono dietro i rottami del mio corpo. Sono una scatola cerebrale, una sfera lucida, sopra una mensola faccio un gran figurone, nell'arredamento. E inoltre sono un eccellente argomento di conversazione. Potete usarmi in molte maniere. Quando siete solo e desideroso di compagnia, noi due potremmo conversare in modo simpatico e istruttivo. Ho un buon cervello e sono molto bravo nella logica. In certi momenti posso anche essere un utile consigliere. E sarò sempre vostro amico, in fedeltà e gratitudine…”

— No, grazie — disse Corcoran, girando sui tacchi e dirigendosi verso il viaggiatore.

Dietro di lui, il mostro assassino continuò a piagnucolare, a implorare e a promettere. Poi il piagnucolio cessò e si levò una ventata d'odio.

“Maledetto figlio di puttana, non mi dimenticherò mai di questo affronto. Riuscirò a prenderti, prima o poi. Verrò a ballare sulla tua tomba”.

Corcoran, per niente impressionato, salì sul viaggiatore.

9. Boone

Il contatto di un naso freddo svegliò dal sonno Boone, che cercò di rialzarsi di scatto. Dalla gamba si irradiò una fitta; emise un grido soffocato. Uggiolando, il lupo si affrettò a scostarsi. Sopra la linea dell'orizzonte, in direzione sud, le stelle scintillavano su di lui con la loro luce gelida. Si accorse di avere i vestiti umidi di rugiada.

Dal punto dove era immobilizzato, Boone scorgeva la pianura che aveva attraversato, brulla e deserta, anche se si scorgeva qualche macchia d'erba e di cespugli adatta a piccoli erbivori. Lontano, a est, dovevano esserci grandi pianure erbose dove si formavano immense mandrie. Ma in quella zona le mandrie erano piccole, e i predatori erano pochi.

— Qui non è il tuo posto — mormorò, rivolto al lupo. — In altre zone potresti trovare maggiore quantità di cibo.