— Parlatemi dell'accampamento. Che cos'è successo al mostro assassino, e al vecchio bisonte coraggioso?
— Anche voi avete una storia da raccontare, e vorrei ascoltarla.
— No, prima voi. Ho troppa fame per parlare.
Lupo aveva già finito di mangiare. Si era messo a camminare avanti e indietro, molestando il Cappello.
— Che cos'è la cosa con cui gioca il Lupo? — domandò Enid. — Sembra una bambola di pezza.
— È il Cappello. Fa parte del racconto che devo narrarvi.
— Narrate.
— Tra un momento — disse Boone. — Mi avete detto che mi avete visto. In un posto grigio, avete detto, e con il lupo. Volete spiegarmi come avete fatto a vedermi, e come avete rintracciato il luogo dov'ero?
— Semplicissimo — disse lei. — Ho trovato un televisore. Vi spiegherò poi. Il televisore mostra quello che desiderate vedere. Basta solo pensarlo. Perciò ho pensato a voi, e vi ho visto.
— Mi avrà mostrato sullo schermo, ma non può avervi detto dove trovarmi.
— Vi ha trovato la rete — gli spiegò Muso di Cavallo. — Potrà sembrare esile, ma è un meccanismo meraviglioso. Anzi, non è un meccanismo. È molto più precisa di qualsiasi meccanismo.
— L'ha costruita Muso di Cavallo — disse Enid. — L'ha immaginata mentalmente e…
— Mi avete aiutato voi — disse Muso di Cavallo. — Se non fosse stato per voi, non ci sarebbe nessuna rete. Avete tenuto premuto il dito e mi avete permesso di annodare il nodo più importante.
— Sembra una cosa interessante e misteriosa — disse Boone. — Ditemi.
— Non ora — disse Enid. — Prima finiamo di mangiare. Ora ditemi che cosa vi è successo da quando mi avete gridato di andare via, mentre il mostro assassino piombava su di noi.
Boone raccontò l'accaduto, riassumendo i fatti nella maniera più concisa. Quando finì la sua storia, anche Muso di Cavallo finì il pasto e si pulì la bocca con il dorso della mano.
Lupo aveva smesso di giocare con il Cappello e lo usava come cuscino. Li fissò con i suoi occhi gialli.
— Il Cappello, nel vostro racconto, era vivo — disse Enid.
— Adesso non è collegato — disse Boone. — Non so come definirlo. È soltanto una marionetta. Come i pupazzi usati dai ventriloqui.
— E avete qualche idea sull'identità del ventriloquo?
— Neppure una — disse Boone. — Ditemi cosa è successo a voi.
Quando Enid ebbe terminato il racconto, Boone scosse la testa. — Gran parte di quanto è accaduto — disse — non ha alcun senso. Dovrebbe esserci una sorta di schema, ma non lo vedo.
— Uno schema esiste — disse Muso di Cavallo. — Ed è l'unico ragionevole. Noi tre siamo finiti insieme, tutt'e tre attorno al baule che ho trovato sul pianeta rosa e violaceo.
— Il baule che avete rubato — disse Enid. — Non l'avete “trovato”. L'avete rubato, e io lo so.
— Se preferite, l'ho rubato, d'accordo — disse Muso di Cavallo. — O forse l'ho solo preso a prestito. La definizione è più accettabile?
Si alzò e corse verso la rete.
Guardando Muso di Cavallo che faticava sotto il peso del baule, Boone domandò: — Avete idea di chi possa essere?
— È un individuo pieno di sorprese — disse Enid. — Non so chi sia, e neppure la sua origine. Ma ha grandi idee, e forse qualche conoscenza, anche se non del tipo umano.
— Ci si può fidare di lui?
— Quanto a questo, non saprei dirlo. Dobbiamo seguirlo, ma tenendolo d'occhio.
— Lupo sembra trovarlo di suo gusto. Non so fino a che punto gli piaccia, ma non sembra averlo in antipatia.
— E voi vi fidate di Lupo?
— Avrebbe potuto uccidermi, quando ero imprigionato sulla collina. Non c'era niente che potesse fermarlo; il cibo era razionato, e lui aveva fame. Ma non credo che abbia mai pensato di divorarmi.
Muso di Cavallo fece ritorno al tavolo, curvo sotto il peso del baule. Lo appoggiò a terra.
— Adesso vedremo — disse.
Enid domandò: — Volete dire che non sapete cos'è?
— Oh — rispose Muso di Cavallo — so che cos'è. Ma non so che forma abbia, e come si deve usare.
Si chinò ad aprire i lucchetti. Il coperchio si spalancò di scatto e ne uscì una sorta di farina bianca, che si gonfiò fino a formare una nube e che poi cadde al suolo, tutt'intorno al baule. La sostanza bianca continuò a uscire dal baule, come se fosse stata compressa e ora avesse voglia di allargarsi.
La farina coprì l'area su cui erano collocati i tavoli e le seggiole, e cominciò ad avvolgere anche l'edificio cubico. Il robot uscì dalla porta per combattere contro l'invasione della farina. Boone afferrò Enid per il braccio e la spinse lontano. Lupo scappò a rifugiarsi dietro di loro.
Muso di Cavallo pareva scomparso all'interno della nube di farina. La rete si stava allontanando lentamente, a poche decine di centimetri dal terreno: percorse qualche centinaio di metri, e poi tornò a posarsi a terra. Il fronte avanzante della farina si avvicinò alla vettura tramviaria, che si mise in moto e si allontanò accelerando.
Adesso però la farina cambiava aspetto. Invece di continuare a estendersi come un'unica massa compatta diventava porosa e nel suo interno si aprivano grandi fori. Ma continuava ad allargarsi. Si arrampicava sul terreno e si gonfiava nell'aria. Aumentò prodigiosamente di dimensione. Nel suo interno si accesero scintillanti punti di fiamma, grandi aree oscure e turbini nebbiosi punteggiati di luce. Alcuni dei punti luminosi divennero ancora più luminosi, altri si allontanarono e divennero progressivamente sempre più opachi. L'intera massa dava un'impressione di movimento, di scorrimento e di trasformazione.
— Sapete che cos'è? — domandò Enid.
Boone scosse la testa.
— Avete visto Muso di Cavallo? È ancora là dentro?
— Penso di sì — disse Boone. — Quello sciocco si è lasciato prendere alla sprovvista.
Ormai la forma del baule non era più visibile. Era sepolto nella massa bianca, che si trasformava in una nebbia trasparente e che diventava sempre più larga, anche se più lentamente di prima. Adesso pareva una scintillante bolla di sapone.
— Eccolo che arriva — disse Enid, a bassa voce, indicando col dito. Guardando nella direzione indicata, Boone scorse Muso di Cavallo, minuscolo ed esile all'interno di quella immensa bolla, ma diretto caparbiamente verso di loro.
Infine, Muso di Cavallo ne uscì, come un uomo uscito da una massa di ragnatele, e li raggiunse.
— È la galassia — comunicò loro. — Una carta della galassia. Avevo sentito parlare di queste carte, ma non ne avevo mai vista una.
Li fissò con i suoi numerosi occhi, poi indicò la bolla con una mano simile a un tubo di gomma.
— Guardate le stelle — disse. — Alcune splendono fiammeggianti, altre sono talmente minuscole che non si riesce a scorgerle. Notate le nubi di polvere, i veli delle nebulose. E, più avanti, la linea retta che si dirige verso il cuore della galassia: la vostra Strada dell'Eternità.
— Impossibile — disse Enid.
— Lo avete sotto gli occhi e dite che è impossibile? Non vedete la gloria e l'immensità della nostra galassia?
— È una galassia, certo — disse Boone. — E vedo la linea bianca, anche se non avevo idea che fosse la strada dove siamo noi.
— Lo è, ve lo dico io — insistette Muso di Cavallo. — Nelle leggende della mia razza si parlava di una strada che corre tra le stelle. Anche se le leggende non dicevano mai perché esisteva la strada, o dove conducesse. Ma ora dobbiamo seguirla. Dobbiamo andare a vedere. È arrivato il momento di farlo.
Boone diede un'altra lunga occhiata alla “bolla di sapone” e non ebbe più dubbi: rappresentava effettivamente una galassia a spirale. Aveva forma approssimativamente ovale, era più spessa al centro che ai bordi, anche se non era così regolare come le foto di galassie che aveva visto in passato. Comunque, era chiaramente una galassia di forma aperta, con bracci nebbiosi che si allargavano all'esterno e che erano più sottili e turbolenti dell'area centrale. Uno dei bracci della spirale circondava il punto dove c'erano in precedenza i tavoli e le sedie: vagamente, la forma dei tavoli era ancora visibile.