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— Morto Henry! — ruggì Horace. — Non morirà mai. Non c'è niente che possa toccarlo.

— L'ultima volta che l'ho visto — disse Corcoran — mi ha detto che intendeva cercare voi tre che eravate partiti con il viaggiatore di Martin.

— Allora — fece Horace, cupo — non ci ha mai trovato. Probabilmente ha incontrato qualcosa che gli interessava di più.

Erano nel soggiorno, dopo un ottimo pasto. Dalla camera da pranzo veniva il rumore della servitù che portava via i piatti e le stoviglie.

Timothy indicò il bar. — Chi vuole bere qualcosa, si serva.

Horace si alzò pesantemente in piedi e andò al bar per riempirsi di brandy il bicchiere. Fu il solo a farlo.

Corcoran disse a Timothy: — Qui mi sembrate soddisfatto.

— Abbastanza — disse Timothy. — La casa e la tenuta mi sono familiari. E posso riprendere a lavorare. Perché non vi fermate con noi? Sono certo che il Centro potrà trovare facilmente qualche incarico per voi.

Corcoran scosse la testa. — La mia casa è il ventesimo secolo. Laggiù ho la mia attività, e sono ansioso di riprenderla.

— Allora, hai deciso — disse Boone.

— Muso di Cavallo ha promesso di portarmi indietro. Tu non vieni?

— No, preferisco rimanere.

— E voi, Muso di Cavallo? — chiese Enid. — Ritornerete qui, dopo avere accompagnato Corcoran?

— Verrò qualche volta a trovarvi, se mi accoglierete. Ma ci sono troppe cosa da vedere, troppi anni luce da esplorare, luoghi lontani da ficcanasare…

— Prima di partire — disse Enid — spiegatemi però una cosa.

— Dite.

— Che cosa è veramente successo a Martin? Dite che è caduto dalla rete. Secondo me, gli avete dato voi uno spintone.

— Io non l'ho toccato! — protestò Muso di Cavallo. — Io ho solo detto alla rete cosa fare.

— Avete detto alla rete di sbatterlo fuori.

— Detta così, sembra una cosa così brutale…

— Be', è stata brutale, no? L'avete scaricato nello spazio.

— No, no — disse Muso di Cavallo. — Ho detto alla rete di lasciarlo in un altro luogo e in un altro tempo. Sulla Terra, nel ventitreesimo secolo.

— Perché proprio laggiù?

— Quell'uomo non mi ha fatto niente di male. Volevo soltanto liberarmi di lui, lasciandolo in un posto da dove non potesse ripartire per combinare guai. Non aveva il viaggiatore, e quindi, una volta giunto là, doveva rimanerci.

— Io, invece, non ho capito una cosa — disse Corcoran. — Chi era Martin? Ho sempre avuto l'impressione che fosse collegato a Hopkins Acre e agli altri del vostro gruppo, cioè le persone di Atene e del Pleistocene. Una sorta di sentinella avanzata. Ma quando ha saputo che qualcuno cercava Hopkins Acre, un luogo che a quell'epoca non esisteva, se l'è subito data a gambe. Quando è ricomparso, lavorava per gli Infiniti, scarrozzandoli in lungo e in largo su un viaggiatore rubato.

— Non rubato — disse Muso di Cavallo — lui affermava di averlo acquistato regolarmente.

— Lui o un altro — disse Boone — qualcuno l'aveva rubato a Enid. Quindi era un viaggiatore rubato.

— A quanto ricordo — disse Horace, con cattiveria — siete stato voi, Corcoran, a dirgli che qualcuno cercava Hopkins Acre.

— Lui mi aveva assunto — disse Corcoran. — Io facevo un lavoro per lui; nient'altro. Mi pagava bene per quello che facevo. Mi sono sempre chiesto dove trovasse il denaro. Non se lo faceva certamente dare da voi. Non mi sembra che voi disponeste di cifre così grosse.

— Siete sicuro che i soldi fossero buoni? — domandò Horace.

— Sì, probabilmente — disse Enid. — Martin aveva due viaggiatori: quello grande, e quello preso da Stella. Se siete in grado di viaggiare nel tempo, vi risulta facile trovare tesori, vincere lotterie, o usare altri mezzi per procurarvi il denaro. Anche David usava questi metodi per procurarsi le piccole somme con cui pagava la merce acquistata durante i suoi viaggi.

Timothy annuì. — Ormai non sapremo mai chi fosse Martin. Certo era un uomo imprevedibile. Comunque noi abbiamo sempre avuto piena fiducia in lui, anche se non ci era simpatico. David l'aveva incontrato a New York e non era riuscito a digerirlo. Una persona complessivamente assai sgradevole.

— Era un traditore — disse Horace. — Quando ha pensato che corressimo dei perìcoli, ci ha abbandonato a noi stessi.

— Come dicevo — commentò Timothy — probabilmente non lo sapremo mai. Siete sicuro — domandò lui, rivolto a Muso di Cavallo — di esservi sbarazzato di lui? Non ce lo troveremo qui, una volta o l'altra, a darci fastidio?

— È bloccato — disse Muso di Cavallo. — Senza viaggiatore, non può andare da nessuna parte.

— Ci sentiamo meglio, adesso che ci avete detto che cosa gli è successo — disse Enid. — Grazie dell'informazione. C'è però ancora una cosa che potete fare per noi.

— Ditemi signorina Enid — la pregò Muso di Cavallo. — Non riuscirò mai a ripagare il debito che ho verso di voi.

— Potete portarci il viaggiatore che è rimasto nella Strada dell'Eternità? È comodo avere a disposizione una di quelle macchine.

— Inoltre — disse Timothy — anche il Centro voleva dar loro un'occhiata.

Lupo uscì dall'angolo dove era andato a dormire dopo essersi mangiato un buon piatto di carne di manzo. Raggiunse la sedia di Boone e si accucciò ai suoi piedi.

— Vuole uscire — disse Enid.

— Non me lo ha ancora chiesto — disse Boone. — Ci sta ancora pensando. Non ha ancora deciso. Quando avrà deciso, me lo chiederà.

Horace si alzò per andare a prendere un altro brandy.

— Dimenticavo di dirvi una cosa — riprese Timothy. — Un'informazione che ho trovato per caso fra varie registrazioni. Un documento del ventiquattresimo secolo. E il primo riferimento alla Terra da me incontrato fin dal mio arrivo. La Terra non è citata con il nome, naturalmente, ma è ben riconoscibile dal senso del discorso. Il documento parla della nascita di una nuova religione, tutta incentrata attorno a un misterioso manufatto. Dalla descrizione non si capisce bene che cosa fosse questo manufatto, ma pare sia stato utilizzato da una sorta di profeta che si opponeva alla tecnologia e predicava una sorta di ricerca interiore, all'interno del proprio cuore, per trovare la propria personalità più vera rifiutando il progresso materiale. Non vi sembra una filosofia familiare?

— Certo — disse Enid. — È la filosofia che ha indebolito la razza umana, aprendo la strada agli Infiniti.

— Ma l'intervallo di tempo è troppo grande — disse Boone. — Le idee non sopravvivono per un milione di anni. Perdono validità, diventano superate.

— Non ne sono molto sicuro — disse Timothy. — Se la religione si è largamente diffusa nel suo periodo iniziale, deve poi essere sopravvissuta a lungo, entro una cerchia di fedelissimi. Soprattutto se il misterioso manufatto è durato a lungo. E quando si sono ripresentate determinate tensioni sociali, come succede di tanto in tanto, questi fedelissimi hanno fatto nuova opera di proselitismo. Consideriamo la credenza nella magia, che ha continuato a essere sconfitta dal razionalismo, ma che è sempre ricomparsa in varie forme, fin quasi alla nostra epoca.

— Già, potrebbe essere — ammise Corcoran. — Nel mio periodo, per esempio, le sette basate sulla magia erano assai diffuse.

— Noi non abbiamo mai sentito parlare del manufatto — disse Emma. — Se fosse sopravvissuto fino a noi, ne avremmo sentito parlare.

— No — disse Timothy. — Ma la filosofia insegnata da quella religione era presente. Può darsi che col tempo il manufatto sia scomparso, ma il suo scopo l'aveva raggiunto. La gente aveva ormai accettato i suoi insegnamenti. Erano progressivamente diventati parte della coscienza del pubblico. La gente poteva essersene dimenticata l'origine, nella convinzione che quella filosofia fosse frutto della logica, della propria acuta intelligenza.