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— Non ci credo — disse Emma. — È soltanto un vecchio mito.

— Può darsi — disse Timothy — Ma la cosa è molto interessante.

— A quanto pare — disse Corcoran, rivolto a Timothy — avete trovato una nicchia fatta apposta per voi.

— All'inizio — disse Timothy — temevo che l'attività del Centro fosse talmente complessa da non permettermi di trovare un posto dove inserirmi. Ma anche la mia limitata conoscenza della storia terrestre sembra utile al loro studio dell'ascesa e caduta delle civiltà. Il Centro è molto interessato a scoprire che cosa ha permesso agli Infiniti di vincere la loro battaglia. Un'altra cosa che interessa al Centro è il viaggio nel tempo. C'erano voci che gli Infiniti lo possedessero, ma gli Infiniti non ne hanno mai rivelato il segreto. E adesso che il Popolo dell'Arcobaleno si occupa degli Infiniti, ogni contatto con loro è interrotto. Se però riuscissimo ad avere il viaggiatore rimasto sulla Strada dell'Eternità…

— Vi garantisco — disse Muso di Cavallo — che lo consegnerò nelle vostre mani.

— Meglio ancora — suggerì Timothy — se potessimo avere per qualche tempo la vostra rete. Solo per darle un'occhiata.

Muso di Cavallo scosse la testa.

— Mi spiace, ma non posso cederla, neppure per un istante. È un'eredità lasciatami dal mio popolo. Per aiutarmi a produrla sono sorti nella mia mente i saggi del passato, e non posso chiedere loro di dare ad altri lo stesso aiuto.

— Capisco — disse Timothy. — Al vostro posto, farei anch'io come voi.

— È stato difficile lavorare con gli alieni del Centro? — domandò Enid.

— All'inizio — disse Timothy — ma non adesso. Mi sono abituato alla loro presenza, e loro alla mia. Quando li ho incontrati per la prima volta, non mi hanno permesso di guardarli perché temevano che li considerassi dei mostri. — Alzò le spalle. — Molti di loro sono effettivamente dei mostri, ma, faccia a faccia, non mi fanno più ribrezzo. Lavoriamo in armonia.

Lupo si alzò sulle zampe, si accostò a Boone e gli posò il muso sulle gambe.

— Adesso te lo chiede — disse Enid.

— Penso di sì. Gli apro la porta.

— No — disse Enid. — Lo accompagno io. Qui dentro si soffoca. Mi occorre un po' d'aria.

Si alzò e parlò a Lupo, che la seguì scodinzolando.

— Torno subito — disse Enid. — Mi basta una boccata.

Boone si rivolse a Lupo: — Cerca di essere un bravo animale — gli disse. — Non metterti a correre dappertutto. Comportati bene. Non fare baccano.

Poi il Lupo e la donna uscirono.

Horace si alzò e si diresse verso la bottiglia di brandy.

— Non ti pare di averne bevuto abbastanza? — disse Timothy. — La giornata è ancora lunga.

Emma lo fissò con ira. — Perché devi ogni volta umiliarlo? — disse. — L'hai umiliato quando ci hai portati qui. E anche dopo hai sempre continuato a farlo. Gli parli esattamente come Boone parla al Lupo. “Comportati bene” gli dice.

— È proprio ciò che gli ho detto — ammise Timothy. — Fa parte del nostro accordo. Non potevo lasciarti là fuori in quel deserto, e tu non volevi venire senza di lui. Perciò ne ho parlato con il Consiglio al Centro.

— Horace si preoccupava di Conrad e degli altri robot — disse Emma. — Ultimamente si era molto affezionato a loro.

— Non sarei mai riuscito a convincere il Centro a far entrare quella banda di robot. E in ogni caso non erano disposti a venire. Qui vivrebbero male. Là fuori invece sono liberi di fare ciò che vogliono. Stanno dissodando un grande appezzamento su una prateria e intendono coltivare cibo per il Centro.

Horace non prestava orecchio al battibecco: badava a riempirsi il bicchiere. Emma si avvicinò a lui e lo prese per il braccio. — Vieni — gli disse. — Nessuno ci obbliga a restare qui a farci insultare. Saliamo di sopra. Potresti fare un sonnellino.

Senza protestare, Horace la seguì. Con la bottiglia.

Quando si furono allontanati, Timothy disse a disagio: — Devo scusarmi per questa antipatica discussione familiare. È una discussione che si ripete molto spesso, con poche varianti. Ma ciò che ho detto a Emma è la verità. Non potevo lasciarla là fuori. Ho dovuto fare molta fatica per convincere il Consiglio a lasciar entrare Horace. Da mesi continuava a dare fastidio.

— Non preoccupatevi di noi e dei nostri giudizi — disse Corcoran. — Io e Boone, a Hopkins Acre, abbiamo potuto apprezzare Horace nella sua forma più smagliante. Capiamo benissimo.

— Il Centro è lieto della presenza dei robot — disse Timothy. — Risolveranno certi noiosi problemi alimentari. I robot hanno un paio di trattori a vapore e hanno costruito aratri meccanici. Arano la prateria: qualche migliaio di ettari, se ricordo bene. Tra un anno produrranno tonnellate di vettovaglie:

Corcoran cambiò argomento. — Ci avete detto cosa vi è successo dopo la vostra partenza da Hopkins Acre: l'arrivo sul cratere, dove sorgeva il monastero. Non capisco però chi ha portato qui il monastero mentre voi lo stavate esplorando.

— Devono essere stati gli Infiniti — disse Timothy. — Devono avere messo una sorta di comando automatico, che è stato fatto scattare dai primi che vi hanno messo piede. E i primi siamo stati noi.

— Mi sembra strano, però — disse Corcoran — che l'abbiamo predisposto in modo da portarvi qui. Non avete pensato che la trappola possa essere stata messa dal Centro Galattico?

— L'ho chiesto, ma mi dicono di non sapere niente. Credo che non verremo mai a capo. — Alzò le spalle. — Quando Muso di Cavallo ci porterà il viaggiatore di Enid, potremmo andare a prendere le altre due macchine. Ma anche se Horace ha letto gli indicatori quando siamo arrivati al cratere, non si ricorda i numeri. E dov'è la macchina da voi lasciata vicino alle rovine della città?

Corcoran scosse la testa. — Non posso aiutarvi. Avevo il giornale di bordo compilato da David, ma l'ho lasciato nel viaggiatore.

— Be', continueremo a lavorare su questo problema — disse Timothy. — Forse potremmo trovare il modo di recuperarne almeno uno.

Corcoran chiese: — E il Popolo dell'Arcobaleno? Dicevate che il Centro non li conosceva e che gliene abbiamo parlato noi per primi.

— Non ne abbiamo mai sentito parlare — ammise Timothy. — Credo che adesso vogliano fare qualche tentativo di entrare in contatto con loro, ma temo che il compito risulterà assai difficile.

— Lo credo anch'io — disse Corcoran. — Il Cappello diceva che sono la più antica razza dell'universo.

Boone si alzò in piedi. — Scusatemi — disse — ma voglio andare a vedere cosa sta facendo Lupo. Occorre tenerlo d'occhio.

Attese per un attimo, ma nessuno degli altri pareva desideroso di unirsi a lui. Parevano contenti di rimanere dove erano.

Uscito all'esterno, vide che Enid era seduta su una sdraio, in mezzo al prato leggermente digradante che si stendeva davanti alla casa.

Quando arrivò da lei, si chinò per darle un bacio, ed Enid alzò le braccia per stringerlo a sua volta. Lui le diede un secondo bacio. Molto più lungo.

— Ti aspettavo — bisbigliò lei. — Perché ci hai messo tanto?

— Ci siamo messi a parlare.

— Quando siete insieme, tu e Timothy, vi mettete sempre a parlare.

— Tuo fratello mi è simpatico — disse Boone. — Si fa in fretta a fare amicizia con lui.

— Prendi una sedia e vieni qui con me — disse Enid. — Abbiamo molte cose da dirci.

In fondo al prato, a poca distanza dalla strada che circondava il parco, Lupo girava fra i cespugli annusando.