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— E la stanza dei fucili? Sarebbe più semplice. Non c'è bisogno di portarlo su per le scale. Là sotto c'è un divano di cuoio. Il cuoio si pulisce in fretta.

— Va bene. La stanza dei fucili.

Boone e Timothy sollevarono il corpo. Boone per le spalle, Timothy per i piedi. Attraversarono la cucina e la camera da pranzo, preceduti da David che spostava le sedie per farli passare. Giunti in fondo alla stanza si fermarono accanto alla porta della stanza delle armi.

— Qui dentro — disse Timothy. — Vicino alla parete.

Posarono il corpo sul divano. Timothy si soffermò a osservarlo.

— Non so — disse. — Non so proprio come affrontare questa situazione. Non c'è mai stato un morto in casa, dal nostro arrivo a oggi. È un'esperienza nuova, e non siamo pronti ad affrontarla. Noi siamo quasi immortali, sapete. È un effetto dei meccanismi temporali.

— Non lo sapevo — disse Boone.

— All'interno della bolla temporale non si invecchia. Si invecchia soltanto quando si esce all'esterno.

Boone non rispose.

— È una cosa grave — disse Timothy. — È uno di quei momenti di crisi che prima o poi si incontrano. Dobbiamo decidere che cosa fare. Prendere una decisione e non commettere errori. Ecco la cosa più importante: non commettere errori. Venite con me… gli altri avranno già cominciato a organizzare le nostre prossime mosse.

Ma gli altri non avevano cominciato nulla. Per il momento si limitavano a litigare tra loro, riuniti in camera da pranzo.

— Lo sapevo! — strillava Emma. — Lo sapevo. Stavamo troppo bene. Ed eravamo convinti di poter continuare. Per sempre. Dovevamo fare dei piani invece, pensare al futuro…

— Che piani? — gridava David, coprendo il suono della sua voce. — Che piani potevamo fare? Che cosa potevamo prevedere?

— Non gridare con mia moglie! — ruggiva Horace. — Non usare questo tono di voce con tua sorella! Ha ragione lei. Dovevamo immaginare tutte le possibili emergenze, e studiare il modo di affrontarle. Non dovevamo trovarci come adesso, presi alla sprovvista e senza un preciso piano d'azione.

— Secondo me — cominciava Timothy, inserendosi nel chiasso generale — dovremmo cercare di stare calmi e di riflettere.

— Non abbiamo il tempo di riflettere — gridava Horace. — Non possiamo permetterci di riflettere senza fretta, in tutta calma, come proponi tu. Ti conosco, Timothy. Tu rimandi le cose. Tu non vuoi mai affrontare niente. E non le affronterai mai. Ricordo quella volta che…

— Sono d'accordo, dovremmo fare qualcosa — urlava David. — Credo che la proposta di Timothy sia sbagliata. Non c'è il tempo di stare seduti ad aspettare che succeda qualcosa. C'è di sicuro qualche soluzione, e possiamo cominciare a cercarla. Ma non basta metterci a gridare che…

— Dobbiamo andare via — gridava Emma. — Dobbiamo andarcene via…

— La fuga non risolve niente — gridava David. — Fuggiamo, se occorre, ma prima dobbiamo avere un piano.

— Non intendo scappare — urlava Horace. — Sono i codardi che scappano, e non voglio che si dica di me…

— Ma noi dobbiamo assolutamente scappare — urlava Emma. — Dobbiamo allontanarci. Non possiamo aspettare che ci raggiungano. Dobbiamo trovare un posto sicuro.

— Scappando, non troverai mai un posto sicuro — ruggiva Horace. — Dobbiamo usare la testa.

— Io continuo a credere — diceva Timothy — che stiamo reagendo troppo precipitosamente. Pochi giorni in più o in meno non possono fare molta differenza.

— Pochi giorni — gridava Horace — e puoi essere morto!

— Almeno — protestava Timothy — dobbiamo dare a Gahan una sepoltura decente.

— Gahan non conta — gridava Horace. — Gahan è morto. Ormai non può più succedergli niente. Noi invece siamo vivi, e quello che può succederci è importante…

Boone salì su una sedia, e dalla sedia salì sul tavolo, spostando con i piedi i bicchieri e i piatti.

— Zitti, tutti quanti! — ruggì. — Zitti e seduti!

Tutti smisero di gridare e lo fissarono.

— Voi non c'entrate — disse Emma, acida. — Voi siete un estraneo.

— Io e Corcoran facciamo parte del vostro gruppo — disse Boone — da quando ci avete detto che non possiamo andarcene via. Entrambi abbiamo il diritto di parlare. Siamo nella vostra stessa barca. Perciò, state zitti, tutti, e sedetevi.

Ancora stupiti, tutti si affrettarono a sedersi.

Boone disse a Corcoran, che era rimasto in piedi, appoggiato a una parete: — Jay, se qualcuno comincia a gridare o ad alzarsi in piedi, ci pensi tu a farlo stare zitto?

— Con piacere — disse Corcoran.

— Capisco benissimo — disse Boone — che questo non è altro che un simpatico battibecco fra parenti, e che le vostre minacce sono da prendere molto alla leggera. Ma mi sembra che non stiate arrivando da nessuna parte, e credo sia necessario fare qualche piano. Che vi piaccia o no, io farò da giudice.

Horace si alzò. Corcoran fece un passo verso di lui, e Horace tornò a sedere.

— Volevate dire qualcosa? — Boone domandò a Horace.

— Volevo dire questo: che voi non capite cosa sta succedendo. Non avete le conoscenze che occorrono a un arbitro.

— In questo caso — disse Boone — forse potreste aggiornarmi voi.

— No, Horace non va bene — disse Enid. — Vi racconterà le cose a modo suo. Nasconderà quello che…

Horace si alzò in piedi. Corcoran si mosse verso di lui. Horace tornò a sedere.

— Va bene, signorina Enid — disse Boone. — Sentiamo la vostra versione libera da preconcetti. — E, rivolto a Horace: — Voi parlerete più tardi. La regola è questa: uno alla volta, vietato gridare e vietato intromettersi.

— Noi siamo un gruppo di profughi — cominciò Enid. — Veniamo…

— Non profughi! — gridò Horace.

— Zitto, voi — disse Boone. — Enid, continuate.

— Come dicevo — spiegò Enid — veniamo dal futuro, da un milione di anni dopo la vostra epoca. In questo milione di anni, la razza umana è cambiata.

— È stata spinta a cambiare — interruppe Horace. — Lasciata a se stessa, la razza non intendeva cambiare.

— Come puoi esserne certo? — domandò David. — Per esempio, guarda Henry.

— Personalmente — disse Horace — non ho dubbi. Gli Infiniti…

Boone alzò un braccio per farlo tacere. Horace s'azzitti.

— Anche voi avete usato questa parola — disse Boone, rivolto a Timothy. — Intendevo chiedervi delle spiegazioni, ma poi è arrivato il viaggiatore di Atene. Ditemi, che cosa sono questi Infiniti?

— Gli Infiniti sono un'altra forma di intelligenza — spiegò Timothy. — Vengono da qualche zona nei pressi del centro galattico.

— In realtà — disse David — ne sappiamo molto poco.

— Niente affatto — protestò Horace. — Sappiamo da dove vengono, almeno approssimativamente.

— Va bene, va bene — disse Boone. — Abbiamo un po' perso il filo. Enid ci stava per dire che la razza umana è molto cambiata nel corso di un milione di anni.

— È cambiata — disse Enid — da esseri corporei, biologici, a esseri incorporei, immateriali, intelligenze pure. Ora sono schierati in vaste comunità su reticoli cristallini. Sono…

Horace la interruppe: — È un'oscenità! Un'immortalità!

— Silenzio! — ringhiò Boone.

Si rivolse a Enid: — Ma voi siete esseri umani. Le persone della vostra base di Atene erano esseri umani. Creature biologiche e…

— Alcuni si sono ribellati — disse Enid. — Alcuni sono fuggiti per sfuggire alla smaterializzazione.

— La smaterializzazione, per molti appartenenti alla razza umana, era una sorta di nuova e seducente religione — disse Timothy. — Ma alcuni si opposero vigorosamente a essa. Tra questi oppositori ci siamo anche noi. Ce ne sono molti altri, che si nascondono in vari segmenti temporali. Siamo dei piccoli gruppi, assai distanziati tra loro. In questo modo è più difficile trovarci. Gli oppositori sono fuggiti, e adesso gli Infiniti e i loro agenti li cercano. Secondo me, la credenza che la smaterializzazione sia un atto religioso deve essere un'idea esclusivamente umana. Per gli Infiniti, secondo me, non è una religione, bensì un progetto ben preciso, un piano universale. Gli Infiniti ritengono che una cosa soltanto possa sopravvivere alla morte dell'universo: l'intelligenza. Per questo cercano di creare una vasta concentrazione di intelligenza pura. E il loro piano non si limita alla razza umana, ma si estende anche a molte altre intelligenze della galassia, forse all'intero universo. Gli Infiniti del nostro pianeta sono soltanto una sorta di missionari locali, una fra le tante spedizioni missionarie che circolano nell'universo, votate a illuminare le popolazioni locali miscredenti…