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«Da quanto tempo non fai più disegni originali?» domandò McCarthy.

Frink scrollò le spalle. «Anni. Sono in grado di copiare con la massima precisione. Ma…»

«Lo sai che cosa penso? Io penso che tu abbia accettato l’idea nazista che gli ebrei non sanno creare. Che sanno solo imitare e vendere. Uomini mediocri.» Fissò Frink con espressione impietosa.

«Forse,» disse quest’ultimo.

«Provaci. Fa’ qualche disegno originale. Oppure lavora direttamente sul metallo. Prendila come un gioco. Come fanno i bambini.»

«No,» disse Frink.

«Tu non hai fede,» disse McCarthy. «Hai completamente perso la fiducia in te stesso… vero? Peccato, perché io so che puoi farlo.» Si allontanò dal banco da lavoro.

È proprio un peccato, pensò Frink. Però è la verità. È un fatto. Non posso ritrovare la fede o l’entusiasmo con la sola forza di volontà. Semplicemente perché decido di ritrovarli.

Quel McCarthy, pensò, è un capo officina davvero in gamba. Sa come stimolare un uomo, spingendolo a tirar fuori il meglio di se stesso, costringendolo suo malgrado a dare il massimo. È uno che sa comandare; lì per lì aveva quasi convinto anche me. Ma… ormai McCarthy aveva rinunciato; il suo tentativo era fallito.

Peccato che non abbia qui la mia copia dell’oracolo, pensò Frink. Potrei consultarlo su questa faccenda; sottoporre il problema alla sua millenaria saggezza. Poi si ricordò che nella sala d’attesa degli uffici della W-M Corporation c’era una copia dell’I Ching. Perciò lasciò l’officina, percorse il corridoio e attraversò di corsa gli uffici fino alla sala d’aspetto.

Seduto in una delle sedie di plastica cromata, scrisse la domanda sul retro di una busta. «Devo provare a mettermi nel campo dell’artigianato creativo come mi è stato appena suggerito?» Poi cominciò a lanciare le monete.

L’ultima linea era un sette, e così anche la seconda e poi la terza. Il trigramma di fondo è Ch’ien, si rese conto. Sembrava buono; Ch’ien era il creativo. Poi la linea quattro, un otto. Yin. E la linea cinque, un altro otto, una linea yin. Buon Dio, pensò eccitato, un’altra linea yin e otterrò l’Esagramma Undici, T’ai, la Pace. Un responso molto favorevole. Oppure… le sue mani tremavano mentre agitava le monete. Una linea yang mi darebbe l’Esagramma Ventisei, Ta Ch’u, la Forza domatrice del grande. Entrambi sono responsi favorevoli, e deve essere per forza o l’uno o l’altro. Gettò le tre monete.

Yin, un sei. Era la Pace.

Aprì il libro e lesse il responso.

pace. Il piccolo se ne va,

Il grande si avvicina.

Fortuna. Successo.

E così dovrei fare quello che dice Ed McCarthy. Avviare il mio piccolo commercio. E adesso, il sei in cima, la mia unica linea mobile. Girò pagina. Qual era il testo? Non riusciva a ricordarlo; probabilmente favorevole, visto che l’esagramma stesso era così favorevole. L’unione del cielo e della terra… ma la prima e l’ultima linea erano sempre fuori dall’esagramma, e allora forse il sei in cima…

I suoi occhi individuarono subito il verso e lo lessero d’un fiato.

Il muro cade nel fossato.

Adesso non adoperare eserciti.

Annuncia i tuoi comandi nella tua città.

La perseveranza porta umiliazione.

Che disastro, esclamò, inorridito. E lesse il commento:

il cambiamento a cui si allude nel mezzo dell’esagramma ha cominciato ad avere luogo. Le mura della città sprofondano nel fossato dal quale sono state ricavate. L’ora del giudizio finale è prossima…

Era senza dubbio uno dei versi più minacciosi dell’intero libro, su oltre tremila. Eppure il responso dell’esagramma era positivo.

A quale dei due doveva dare retta?

E come mai erano così diversi? Non gli era mai successo prima, fortuna e disastro mescolati nella profezia dell’oracolo; che strano destino, come se l’oracolo avesse raschiato il fondo buio del barile, tirandone su ogni sorta di stracci, ossa ed escrementi, per poi voltare il barile e rovesciare tutto alla luce, come un cuoco uscito di senno. Devo avere premuto due pulsanti contemporaneamente, decise; ho bloccato gli ingranaggi e ho ottenuto questa visione schlimazl [Disgraziata] della realtà. Ma solo per un secondo… fortunatamente. È già finita.

Diavolo, pensò, dev’essere o l’uno o l’altro; non possono essere entrambi. Non si può avere fortuna e sfortuna nello stesso tempo.

O… forse si può?

Il commercio dei gioielli porterà buona sorte; il responso si riferisce a questo. Ma il verso, quel maledetto verso, si riferisce a qualcosa di più profondo, a qualche catastrofe futura che probabilmente non ha niente a che fare con il commercio dei gioielli. Qualche maligno destino che è comunque in serbo per me…

Guerra, pensò. La Terza Guerra Mondiale! Tutti fottuti, due miliardi di morti, la nostra civiltà spazzata via. Bombe all’idrogeno che piovono come grandine.

Oy Gewalt [Dio Onnipotente], pensò. Che cosa sta succedendo? Sono stato io, a dare il via? O c’è qualcun altro che agisce, qualcuno che nemmeno conosco? Oppure… tutti noi. È colpa di quei fisici e di quella teoria della sincronicità per cui tutte le particelle sono collegate fra loro; non si può scoreggiare senza cambiare l’equilibrio dell’universo. E così la vita diventa una barzelletta senza più nessuno che ne possa ridere. Io apro un libro e cosa trovo? Una cronaca di eventi futuri che Dio stesso vorrebbe archiviare e dimenticare. E chi sono io? La persona sbagliata, posso affermarlo con certezza.

Dovrei prendere i miei attrezzi, dare retta a McCarthy, aprire la mia officina, dare inizio alla mia insignificante attività e proseguire su quella strada, a dispetto di quel verso orribile. Lavorare, creare a modo mio fino alla fine, vivere meglio che posso, e più attivamente che posso, finché il muro non cadrà nel fossato per tutti noi, per tutto il genere umano. È questo che mi sta dicendo l’oracolo. Prima o poi il destino ci colpirà comunque, ma intanto ho il mio lavoro; devo usare la mia mente, le mie mani.

Il responso era solo per me, per il mio lavoro. Ma quel verso era per tutti.

Sono troppo piccolo, pensò. Posso leggere solo quello che è scritto, alzare lo sguardo e poi abbassare la testa, e tirare aventi come se non avessi visto niente; l’oracolo non si aspetta che io mi metta a correre su e giù per la strada, strillando e strepitando per richiamare l’attenzione della gente.

C’è qualcuno che può cambiare tutto ciò? si domandò. Tutti noi messi insieme… o una figura di rilievo… o qualcuno che occupi una posizione strategica, che si trovi casualmente al posto giusto. Un caso. Un incidente. E le nostre vite, il nostro mondo, che dipendono da tutto ciò.

Richiuse il libro e lasciò la sala d’attesa, tornando all’officina. Quando vide McCarthy gli fece un cenno con la mano e lo invitò a raggiungerlo in un angolo tranquillo dove poter parlare.