La stanza turbinò davanti agli occhi di Childan. Ma lui riuscì a mantenere fermo il tono della voce, e le conferì addirittura una sfumatura di annoiata superiorità. «Se lo desidera. Ma non è necessario; è una semplice formalità commerciale.» Posò una scatola di cuoio e feltro. «Ecco l’eccezionale Colt 44 del 1860,» disse aprendo la scatola. «Con tanto di polvere nera e pallottola. In dotazione all’Esercito degli Stati Uniti. I ragazzi in divisa blu le usarono nella seconda battaglia di Bull Run, nel 1862.»
L’uomo esaminò la Colt 44 per un bel po’ di tempo. Poi alzò gli occhi e disse, con calma: «Signore, questa è un’imitazione.»
«Eh?» fece Childan, senza capire.
«Quest’esemplare non ha più di sei mesi. Signore, la sua proposta è un falso. Sono immensamente desolato. Ma vede… il legno, qui. È invecchiato artificialmente con un prodotto chimico. Che peccato.» Posò la pistola.
Childan prese l’arma e la tenne fra le mani. Non gli veniva in mente niente da dire. La girò e rigirò più volte e alla fine disse: «Non può essere.»
«Un’imitazione dell’autentica pistola storica. Niente di più. Temo, signore, che lei sia stato imbrogliato. Magari da qualche individuo volgare e senza scrupoli. Deve sporgere denuncia alla polizia di San Francisco.» L’uomo si inchinò. «Sono molto addolorato. Lei potrebbe avere anche qualche altra imitazione, nel suo negozio. È possibile, signore, che lei, il titolare, che commercia in prodotti come questi, non sia capace di distinguere un pezzo autentico da un falso?»
Una pausa di silenzio.
L’uomo allungò la mano e si riprese l’assegno non ancora del tutto compilato. Lo infilò di nuovo in tasca, mise via la penna e si inchinò. «È un peccato, signore, ma chiaramente io non posso concludere un affare, ahimè, con la Manufatti Artistici Americani. L’ammiraglio ne sarà molto deluso. Tuttavia, lei deve capire la mia posizione.»
Childan continuava a fissare la pistola.
«Buon giorno, signore,» disse l’uomo. «La prego di accettare il mio umilissimo consiglio: assuma un esperto che controlli i suoi acquisti. La sua reputazione… sono sicuro che mi capisce.»
«Signore, la prego, se lei potesse…» farfugliò Childan.
«Stia tranquillo, signore. Non farò cenno di questo con nessuno. Io… io riferirò all’ammiraglio che sfortunatamente oggi il suo negozio era chiuso. Dopotutto…» L’uomo si fermò sulla soglia. «Dopotutto siamo entrambi dei bianchi.» Si inchinò un’ultima volta e se ne andò.
Rimasto solo, Childan continuò a tenere la pistola in mano.
Non può essere, pensò.
E invece deve essere così. Dio santissimo. Sono rovinato. Ho perso un affare di quindicimila dollari. E mi sono anche giocato la reputazione, se tutto questo si verrà a sapere. Se quell’uomo, l’attendente dell’ammiraglio Harusha, non terrà la bocca chiusa.
Mi ucciderò, decise. Ho perso la mia posizione. Non posso andare avanti; questo è un dato di fatto.
D’altra parte, forse quell’uomo si è sbagliato.
Forse ha mentito.
È stato mandato dalla Oggetti Storici degli Stati Uniti per rovinarmi. Oppure dalla Esclusività Artistiche della Costa Occidentale.
Comunque da uno dei miei concorrenti.
La pistola è autentica, su questo non c’è dubbio.
Come faccio ad accertarmene? Childan si spremette il cervello. Ah, ecco, posso fare analizzare la pistola dal Dipartimento di Criminologia dell’Università della California. Conosco qualcuno là, o almeno un tempo lo conoscevo. Questa storia è già venuta fuori un’altra volta. Non autenticità presunta di un fucile a retrocarica.
In tutta fretta chiamò al telefono uno dei servizi cittadini di corriere espresso, e chiese l’invio urgente di un fattorino. Poi incartò la pistola e scrisse un appunto per il laboratorio dell’università, chiedendo con urgenza una perizia professionale sull’età della pistola e di comunicargli i risultati per telefono. Giunse il corriere e Childan gli consegnò il pacchetto con la nota e l’indirizzo, e gli disse di andare in elicottero. L’uomo partì e Childan cominciò a passeggiare nervosamente per il negozio, aspettando… aspettando…
Alle tre in punto chiamò l’università.
«Signor Childan,» disse una voce, «lei ha richiesto una perizia sull’autenticità di una pistola, una Colt 44, modello per l’Esercito, del 1860.» Una pausa, mentre Childan stringeva convulsamente la cornetta. «Ecco il rapporto del laboratorio. Si tratta di una riproduzione ricavata da stampi in plastica, fatta eccezione per le parti in legno di noce. I numeri di serie sono tutti sbagliati. Il telaio non è stato temprato con il processo al cianuro. Le superfici, sia quella blu che quella marrone, sono state ottenute con una tecnica moderna ad azione rapida; l’intera pistola è stata invecchiata artificialmente ed è stata sottoposta a un trattamento speciale per farla sembrare antica e consumata.»
Parlando a fatica, Childan ribatté: «La persona che me l’ha portata per farla stimare…»
«Gli dica che è stato truffato,» disse il tecnico dell’università. «Ed è una truffa con i fiocchi. Si tratta di un buon lavoro. Fatto da un vero professionista. Vede, all’arma autentica veniva conferito il suo… conosce quelle parti color blu metallico? Venivano messe in una scatola di strisce di cuoio, sigillate, trattate con gas cianuro e riscaldate. Troppo scomodo, al giorno d’oggi. Ma questo lavoro è stato fatto in un’officina ben attrezzata. Abbiamo individuato tracce di molti composti per lucidare e per rifinire il prodotto, alcuni dei quali piuttosto insoliti. Ora, noi non possiamo provarlo, ma sappiamo che esiste una vera e propria industria che produce questi falsi. Deve esistere per forza. Ne abbiamo visti troppi.»
«No,» disse Childan. «Sono solo voci. Posso garantirglielo, signore.» Il tono della sua voce crebbe, e si spezzò, divenendo stridulo. «Sono nella condizione di saperlo. Perché crede che le abbia fatto avere quella pistola? Sentivo che era un falso, dopo anni e anni di esperienza. Ma si tratta di una rarità, di una stranezza. Uno scherzo vero e proprio. Una burla.» Si interruppe, ansimando. «La ringrazio per avere confermato i miei sospetti. Mi mandi pure il conto. Grazie.» Riappese subito.
Poi, senza aspettare, andò a controllare la sua documentazione. Cercò quella che riguardava la pistola. Come gli era arrivata? Da chi?
Scoprì che proveniva da uno dei maggiori grossisti di San Francisco, la Ray Calvin Associates, sulla Van Ness. La chiamò subito.
«Mi faccia parlare con il signor Calvin,» disse. Adesso il suo tono era un po’ più convinto.
Dopo un po’ rispose una voce arcigna, molto occupata. «Sì.»
«Sono Bob Childan. Della MAA, sulla Montgomery Street. Ray, c’è una questione molto delicata. Devo vederla, in privato, oggi stesso nel suo ufficio oppure… insomma, mi ha capito. Mi creda, signore. Sarà meglio che accetti la mia proposta.» Si rese conto che stava urlando nel telefono.
«D’accordo,» disse Ray Calvin.
«Non dica niente a nessuno. È strettamente confidenziale.»
«Alle quattro?»
«Alle quattro.» disse Childan. «Nel suo ufficio. Buona giornata» Sbatté la cornetta con tanta violenza che tutto l’apparecchio cadde a terra; Childan si inginocchiò, lo raccolse e lo rimise al suo posto.
Mancava ancora mezz’ora all’appuntamento; non gli rimaneva che passeggiare nervosamente, e attendere impotente. Che altro poteva fare? Un’idea. Telefonò alla redazione di San Francisco del Tokyo Herald, in Market Street.
«Signori,» disse, «potete dirmi se la portaerei Syokaku è in porto, e in tal caso, per quanto tempo vi rimarrà? Sarei molto grato di ricevere questa informazione dal vostro stimato giornale.»