«I crimini nazisti sono una tragedia,» farfugliò Joe mentre superava un camion che procedeva a bassa velocità. «Ma il cambiamento è sempre duro, per chi perde. Non è una novità. Prendi le antiche rivoluzioni, come quella francese. O Cromwell contro gli irlandesi. C’è troppa filosofia nel temperamento tedesco; e anche troppa teatralità. Tutti quei raduni. Non troverai mai un vero fascista che parla, ma solo uno che agisce… come me. Giusto?»
Ridendo, gli disse: «Dio, non hai fatto che parlare.»
«Sto cercando di spiegarti la teoria fascista dell’azione!» spiegò lui, eccitato.
Lei non rispose; la cosa era troppo divertente.
Ma l’uomo che le sedeva accanto non la trovava divertente; la fissò con un’espressione torva, e divenne tutto rosso in viso. Le vene della fronte si gonfiarono e lui ricominciò a tremare. E riprese di nuovo a passarsi convulsamente le dita fra i capelli, avanti e indietro, senza parlare, ma continuando a guardarla.
«Non te la prendere con me,» gli disse.
Per un attimo lei pensò che volesse colpirla; Joe portò il braccio all’indietro… ma poi emise un grugnito, allungò la mano e accese l’autoradio.
Continuò a guidare. Dalla radio, musica per gruppi e scariche di elettricità. Lei cercò nuovamente di concentrare la sua attenzione sul libro.
«Hai ragione,» disse Joe dopo un bel po’.
«A proposito di che cosa?»
«Un impero da due lire. Un buffone come capo. Non c’è da stupirsi che non abbiamo guadagnato niente dalla guerra.»
Lei gli sfiorò il braccio con la mano.
«Juliana, è tutto buio,» disse Joe. «Niente è vero o certo. Giusto?»
«Forse è così,» disse lei distrattamente, sempre nel tentativo di leggere,
«Vince l’Inghilterra,» disse Joe, indicando il libro. «Te lo risolvo io, il dubbio. Gli Stati Uniti perdono di importanza, mentre l’Inghilterra continua a punzecchiare, a provocare e a espandersi, e poi prende l’iniziativa. Perciò mettilo via.»
«Spero che ci divertiremo a Denver,» disse lei richiudendo il libro. «Hai bisogno di rilassarti. Voglio che tu ci riesca.» Se non lo fai, pensò, finirai in mille pezzi. Come una molla che scatta. E che sarà di me, allora? Come tornerò indietro? E… come farò a lasciarti?
Voglio spassarmela come mi hai promesso, pensò. Non voglio essere illusa; sono stata illusa troppe volte nella mia vita, da troppa gente.
«Ci divertiremo,» disse Joe. «Ascoltami.» La studiò con un’espressione curiosa, intensa. «Tu lo prendi molto sul serio, quel libro, La cavalletta; mi domando… tu pensi che un uomo che scrive un libro di successo, un autore come quell’Abendsen… gli scriveranno delle lettere? Scommetto che un sacco di gente gli scrive per complimentarsi, magari è persino andata a trovarlo.»
Improvvisamente lei capì. «Joe… sono solo altre cento miglia!»
Gli occhi di lui scintillavano; le sorrise, di nuovo felice, non più arrabbiato o preoccupato.
«Potremmo farlo!» disse lei. «Tu guidi così bene… non ci vorrebbe niente ad arrivarci, non credi?»
Lentamente, Joe disse: «Be’, io dubito che un uomo così famoso riceva tutti quelli che vanno a trovarlo. Chissà quanti sono.»
«Perché non tentare? Joe…» Lo afferrò per la spalla, e gliela strinse tutta eccitata. «Il peggio che può fare è mandarci via. Ti prego.»
Con molta decisione, Joe disse: «Quando avremo fatto la spesa e ci saremo comprati dei vestiti nuovi, e saremo tutti eleganti… è importante, fare una buona impressione. E magari noleggeremo un’auto nuova a Cheyenne. Scommetto che sai come si fa.»
«Sì,» disse lei. «E hai bisogno di un barbiere. E lascia che sia io a sceglierti i vestiti, ti prego, Joe. Ero sempre io, che sceglievo i vestiti di Frank; un uomo non è mai capace di farlo, da solo.»
«Tu hai buon gusto in fatto di vestiti,» disse Joe, tornando a guardare la strada davanti a sé, con aria accigliata. «E anche in altri campi. Sarà meglio che lo chiami tu. Mettiti tu in contatto con lui.»
«Andrò dal parrucchiere,» disse lei.
«Bene.»
«Io non ho nessuna paura di andare lassù e suonare il campanello,» disse Juliana. «Voglio dire, si vive una volta sola. Perché dovremmo vergognarci? È solo un uomo come noi. Anzi, forse sarà felice di conoscere qualcuno che ha fatto tutta questa strada solo per dirgli quanto gli sia piaciuto il suo romanzo. Possiamo chiedergli un autografo sul libro, all’interno, come si usa fare. Non è così? Sarà meglio comprarne una copia nuova; questa è tutta macchiata. Non sarebbe carino.»
«Come vuoi,» disse Joe. «Penserai tu a ogni particolare; so che puoi farlo. Una bella ragazza ottiene sempre quello che vuole; quando vedrà che schianto di donna sei, ti spalancherà la porta. Ma stammi a sentire: niente sciocchezze.»
«Cosa vuoi dire?»
«Gli dirai che siamo sposati. Non voglio che ti vada a impelagare con lui… mi capisci. Sarebbe terribile. Rovinerebbe l’esistenza di tutti; un bel modo di ricompensarlo per averci lasciati entrare, sai che ironia. Perciò occhio a quello che fai, Juliana.»
«Puoi parlare con lui,» disse Juliana. «Di quella parte in cui si dice che l’Italia ha perso la guerra perché ha tradito i suoi alleati; digli quello che hai detto a me.»
Joe annuì. «Proprio così. Possiamo parlare di tutto.»
Proseguirono, ad andatura sostenuta.
Alle sette della mattina seguente, ora degli Stati Americani del Pacifico, il signor Nobosuke Tagomi si alzò dal letto, si diresse verso il bagno, poi cambiò idea e andò direttamente verso l’oracolo.
Seduto a gambe incrociate sul pavimento del soggiorno, cominciò a manipolare i quarantanove steli di millefoglie. Avvertiva profondamente l’urgenza della sua domanda, e svolse le operazioni a grande velocità finché non ebbe le sei linee di fronte a sé.
Scuotimento! L’Esagramma Cinquantuno!
Dio appare nel segno del Risveglio. Tuono e fulmine. Rumore… involontariamente si coprì le orecchie con le mani. Ah, ah! Oh, oh! Una grande esplosione lo fece trasalire e battere gli occhi. La lucertola scappa via spaventata e la tigre ruggisce, ed ecco apparire Dio in persona!
Cosa significa? Si guardò in giro nel soggiorno. L’arrivo di… che cosa? Balzò in piedi e rimase in attesa, ansimando.
Nulla. Il cuore che batteva forte. La respirazione e tutti i processi somatici, inclusa ogni possibile reazione autonoma alla crisi controllata dal diencefalo: adrenalina, aumento del battito cardiaco, polso accelerato, secrezioni ghiandolari, paralisi alla gola, occhi fissi, rilassamento delle viscere, eccetera. Stomaco in subbuglio e istinto sessuale inibito.
Eppure, niente da vedere; niente che il corpo potesse fare. Correre? In preparazione di una fuga provocata dal panico. Ma dove andare, e perché? si domandò il signor Tagomi. Non c’è nessuna traccia. Perciò è impossibile. Il dilemma dell’uomo civile; il corpo mobilitato, un pericolo oscuro.
Andò in bagno e cominciò a passarsi il sapone sulla faccia per radersi.
Suonò il telefono.
«Scuotimento,» disse ad alta voce, posando il rasoio. «Sii preparato.» Uscì rapidamente dal bagno e rientrò in soggiorno. «Sono preparato,» disse, e sollevò il ricevitore. «Qui Tagomi.» Esordì con voce stridula, e si schiarì la gola.
Una pausa, poi una voce fioca, asciutta, frusciante, quasi come foglie secche in lontananza. «Signore. Sono Shinjiro Yatabe. Sono arrivato a San Francisco.»
«Benvenuto a nome della Missione Commerciale,» disse il signor Tagomi. «Non immagina quanto sia felice. Si sente bene, è riposato?»