O forse era la sua immaginazione. Childan alzò cautamente gli occhi dalla sua tazza di tè. L’uomo aveva di certo un’aria amichevole. Eppure… Childan avvertiva un cambiamento.
«Sua moglie,» disse Childan, «è rimasta delusa dal mio regalo volgare. Forse l’ho anche offesa. Comunque, con qualcosa di nuovo e non provato, come vi ho detto mentre ve lo consegnavo, non si può mai fare nessuna considerazione definitiva… almeno non può farla una persona che la giudica dal semplice punto di vista commerciale. Certamente, lei e Betty siete in una posizione migliore della mia, per giudicare.»
«Lei non è rimasta delusa, Robert.» disse Paul. «Non le ho mai dato quel gioiello.» Cercò sulla scrivania e prese la scatoletta bianca. «Non ha mai lasciato questo ufficio.»
Lui sa, pensò Childan. È un uomo intelligente. Non le ha mai neppure parlato. Dunque le cose stanno così. E adesso, si disse Childan, speriamo che non si arrabbi con me. Che non mi accusi di avere tentato di sedurre sua moglie.
Potrebbe rovinarmi, si disse Childan. Continuò a sorseggiare lentamente il suo tè, impassibile.
«Oh,» disse in tono blando. «Interessante.»
Paul aprì la scatola, ne estrasse la spilla e cominciò a esaminarla. La tenne sotto la luce, e la rigirò più volte.
«Mi sono preso la libertà di mostrarla a un certo numero di persone che conosco per motivi di lavoro,» disse Paul. «Individui che condividono la mia stessa passione per gli oggetti della storia americana o per manufatti che abbiano qualche valore artistico, estetico,» continuò Paul. «Naturalmente nessuno di loro aveva mai visto prima qualcosa di simile. Come lei ha spiegato, finora non si sapeva dell’esistenza di lavori contemporanei come questi. Mi sembra anche di ricordare che lei mi abbia detto di esserne l’unico rappresentante.»
«Sì, è così,» disse Childan.
«Le interessa conoscere la loro reazione?»
Childan fece un inchino.
«Queste persone,» disse Paul, «si sono messe a ridere.»
Childan tacque.
«Anch’io ho riso, senza farmene accorgere,» disse Paul, «quando l’altro giorno lei è venuto qui a mostrarmi questo oggetto. Naturalmente, per rispetto della sua serenità, le ho tenuto nascosto il mio divertimento; come di certo lei ricorderà, la mia reazione apparente è stata più o meno quella di chi non vuole compromettersi.»
Childan annuì.
Studiando la spilla, Paul proseguì: «Questa reazione è facilmente comprensibile. Qui c’è un pezzo di metallo che è stato fuso fino a divenire informe. Non rappresenta nulla. E non ha nemmeno un disegno voluto. È semplicemente amorfo. Si potrebbe dire che è puro contenuto, privo di ogni forma.»
Childan annuì.
«Eppure,» continuò Paul, «ormai sono parecchi giorni che lo osservo, e senza una ragione logica provo una certa affezione emotiva. Come mai? potrei domandarmi. Non è che io proietti in questo oggetto senza forma la mia psiche, come dicono i test psicologici tedeschi. Continuo a non vedere né forma né aspetto. Ma in qualche modo partecipa del Tao. Capisce?» Fece un cenno in direzione di Childan. «Ha un equilibrio. Le forze all’interno di questo oggetto sono stabili. A riposo. Per così dire, questa spilla è in pace con l’universo. Se ne è separata ed è riuscita a raggiungere l’omeostasi.»
Childan annuì, e studiò il gioiello. Ma Paul gli aveva confuso le idee.
«Non ha wabi,» disse Paul, «né potrebbe mai averlo. Ma…» Toccò la spilla con l’unghia. «Robert, questo oggetto ha wu.»
«Credo che lei abbia ragione.» disse Childan, tentando di ricordare che cosa significasse wu; non era un termine giapponese… era cinese. Saggezza, decise. O comprensione. Comunque, un concetto molto positivo,
«Le mani dell’artigiano,» disse Paul, «avevano wu, e hanno fatto in modo che fluisse in questo pezzo. Forse lui sa solamente che questo pezzo lo soddisfa. È completo, Robert. Mentre lo contempliamo, anche il nostro wu si accresce. Sperimentiamo la tranquillità associata non all’arte ma alle cose sacre. Ricordo un santuario a Hiroshima in cui era possibile vedere la tibia di qualche santo medievale. Comunque, questo è un manufatto e quella era una reliquia. Questo è vivo adesso, mentre quella si limitava a rimanere. Attraverso questa meditazione, alla quale mi sono dedicato con grande profondità dopo la sua ultima visita, sono giunto a identificare il valore che questo oggetto possiede in contrapposizione alla storicità. Sono molto commosso, come lei può ben vedere.»
«Sì,» disse Childan.
«Non possedere storicità, né merito artistico o estetico, eppure partecipare in qualche valore etereo… è una cosa strabiliante. Proprio perché questa è una piccola insignificante massa informe, che non merita nemmeno di essere guardata; questo, Robert, contribuisce a far sì che possieda wu. Perché è un fatto assodato che il wu si ritrovi solitamente nei luoghi meno appariscenti, come nell’aforisma cristiano “le pietre scartate dal costruttore.” Si avverte la consapevolezza del wu in oggetti di nessun valore come un vecchio bastoncino o una lattina arrugginita di birra all’angolo della strada. Comunque, in questi casi, il wu è dentro chi guarda. È un’esperienza religiosa. Qui un artigiano ha messo wu dentro l’oggetto, piuttosto che essere testimone passivo del wu all’interno di esso.» Sollevò gli occhi. «Sono stato chiaro?»
«Sì,» disse Childan.
«In altre parole, questo oggetto è l’indicazione di un mondo interamente nuovo. Il suo nome non è arte, poiché esso non ha forma, né religione. Allora che cos’è? Non ho fatto che pensare a questa spilla, eppure non sono riuscito a capirla fino in fondo. Evidentemente ci manca la parola per definire un oggetto come questo. Perciò lei ha ragione, Robert. È qualcosa di autenticamente nuovo sulla faccia della terra.»
Autentico, pensò Childan. Sì, certo che lo è. Questo concetto l’ho capito. Ma quanto al resto…
«Dopo aver meditato tanto senza giungere a niente,» proseguì Paul, «ho convocato qui i miei conoscenti. Mi sono assunto l’onere, così come ho fatto con lei, di formulare una richiesta priva di tatto. Questo argomento ha un’autorità che costringe ad abbandonare il decoro, tanto è grande l’esigenza di esprimerne la consapevolezza. Ho chiesto a queste persone di ascoltare.»
Childan sapeva che per un giapponese come Paul l’idea di imporre a qualcun altro le proprie convinzioni era qualcosa di inconcepibile.
«Il risultato,» disse Paul, «è stato incoraggiante. Pur in questo stato di costrizione, sono riusciti a condividere il mio punto di vista; hanno percepito ciò che io avevo delineato. Perciò ne è valsa la pena. Fatto ciò, mi sono riposato. Nient’altro, Robert. Sono esausto.» Ripose la spilla dentro la scatola. «La responsabilità, per quanto mi riguarda, è finita. Ho chiuso.» Spinse la scatola verso Childan.
«Signore, è sua,» disse Childan, provando un po’ di apprensione; la situazione non si adattava a nessun modello di cui fosse a conoscenza. Un giapponese di alto rango che esaltava un dono ricevuto… e poi lo restituiva. Childan si sentì tremare le ginocchia. Non aveva la minima idea di cosa dovesse fare; si alzò in piedi e restò lì a tormentarsi la manica, rosso in viso.
Con calma, quasi con durezza, Paul disse: «Robert, lei deve affrontare la realtà con maggior coraggio.»
Childan impallidì. «Io sono confuso da…» farfugliò.
Paul si alzò in piedi anche lui, guardando in faccia Childan. «Mi dia retta. È compito suo. Lei è il solo agente per questo pezzo e per altri come questo. In più lei è un professionista. Si conceda un periodo di isolamento. Mediti, magari consulti il Libro dei Mutamenti. Poi studi le sue vetrine, la sua pubblicità, il suo sistema di vendita.»