Il signor Tagomi fece un profondo inchino.
«Generale,» disse.
«Dov’è il terzo interlocutore?» domandò il generale Tedeki.
«Arriverà fra pochissimo,» rispose il signor Tagomi. «Gli ho telefonato io stesso all’albergo.» La sua mente era in preda alla confusione; sempre inchinato, fece qualche passo indietro, trovando un po’ di difficoltà a recuperare la posizione eretta.
Il generale si mise a sedere. Ramsey, certamente all’oscuro della vera identità del signore anziano, gli avvicinò la sedia ma senza mostrare particolare deferenza. Il signor Tagomi, esitante, si accomodò su un’altra sedia proprio di fronte a lui.
«Abbiamo perso tempo,» disse il generale. «Spiacevole, ma inevitabile.»
«È vero,» disse il signor Tagomi. Trascorsero dieci minuti. Nessuno dei due uomini parlò.
«Mi scusi, signore,» disse alla fine Ramsey, piuttosto nervoso. «Se non avete bisogno di me, io andrei via.»
Il signor Tagomi acconsentì, e Ramsey uscì dalla stanza.
«Un po’ di tè, generale?» disse il signor Tagomi.
«No, signore.»
«Signore,» disse Tagomi, «confesso di avere paura. Avverto in questo incontro qualcosa di terribile.»
Il generale piegò la testa di lato.
«Il signor Baynes, che io ho conosciuto,» continuò il signor Tagomi, «e che ho invitato a casa mia, sostiene di essere svedese. Eppure un’osservazione accurata dimostra che in realtà è un tedesco di alto livello. Lo dico perché…»
«Continui, la prego.»
«Grazie. Generale, l’agitazione del signor Baynes per questo incontro mi costringe a ipotizzare qualche correlazione con gli sconvolgimenti politici nel Reich.» Il signor Tagomi non accennò a un altro aspetto della faccenda: il fatto di sapere bene che il generale si era presentato all’appuntamento con molto ritardo rispetto alla data prevista.
Il generale disse: «Signore, lei sta cercando di sapere qualcosa, non di comunicarla.» I suoi occhi grigi scintillarono con aria paterna. Ma senza malizia.
Il signor Tagomi accettò il rimprovero. «Signore, la mia presenza in questa riunione è una semplice formalità per ingannare le spie naziste?»
«Naturalmente,» disse il generale, «noi siamo interessati a mantenere una certa apparenza. Il signor Baynes è il rappresentante delle Industrie Tor-Am di Stoccolma, è un semplice uomo di affari. E io sono Shinjiro Yatabe.»
E io sono Tagomi, pensò il signor Tagomi. Questa parte è vera.
«Certamente i nazisti hanno tenuto d’occhio i movimenti del signor Baynes,» disse il generale. Aveva posato le mani sulle ginocchia e stava seduto eretto… come se, pensò il signor Tagomi, stesse annusando l’odore lontano di un brodo di carne. «Ma per demolire l’apparenza, essi devono servirsi della legalità. Questo è il vero scopo; non ingannarli, ma fare in modo che, nel caso venissimo smascherati, non possano astenersi dal ricorrere alle formalità. Lei si rende conto, per esempio, che per impadronirsi del signor Baynes devono fare ben di più che sparargli e basta; cosa che potrebbero anche fare se lui viaggiasse… be’, se viaggiasse senza questo ombrello verbale.»
«Capisco,» disse il signor Tagomi. Sembra un gioco, decise. Ma loro conoscono la mentalità nazista. Perciò immagino che funzioni.
L’interfono sulla scrivania ronzò. La voce del signor Ramsey. «Signore, il signor Baynes è qui. Devo farlo accomodare?»
«Si!» esclamò il signor Tagomi.
La porta si aprì e apparve il signor Baynes: i lineamenti composti, vestito in modo impeccabile, con un abito dal taglio magistrale e ben stirato.
Il generale Tedeki si alzò per salutarlo. Anche il signor Tagomi si alzò. I tre uomini si inchinarono.
«Signore,» disse Baynes al generale. «Io sono il capitano R. Wegener del Controspionaggio Navale del Reich. Come d’accordo, non rappresento altri che me stesso e alcuni soggetti privati che non hanno nome, ma nessun dipartimento o ufficio del governo del Reich.»
«Herr Wegener,» disse il generale, «prendo atto che lei non agisce affatto in rappresentanza di qualsiasi ramo del governo del Reich. Io sono qui a titolo puramente personale e, in virtù dei miei passati incarichi, presso l’Esercito Imperiale posso dire di essere introdotto in alcuni circoli di Tokyo che desiderano ascoltare ciò che lei ha da dire.»
Strano discorso, pensò il signor Tagomi. Ma non sgradevole. Vi è in esso una certa qualità musicale. Un sollievo rinfrescante, anzi.
Si sedettero.
«Saltando i preamboli,» disse Baynes, «desidero informare lei e coloro con i quali lei è in contatto che nel Reich è in fase avanzata un programma chiamato Löwenzahn. Dente di Leone.»
«Sì,» disse il generale, annuendo come se lo sapesse già; ma, pensò il signor Tagomi, sembrava piuttosto ansioso che il signor Baynes continuasse.
«L’operazione Dente di Leone,» disse Baynes, «consiste in un incidente di frontiera fra gli Stati delle Montagne Rocciose e gli Stati Uniti.»
Il generale annuì di nuovo, sorridendo leggermente.
«Le truppe degli Stati Uniti verranno attaccate e reagiranno attraversando la frontiera e impegnando l’esercito regolare degli SMR di stanza nei paraggi. Le truppe degli Stati Uniti hanno mappe dettagliate che mostrano le installazioni militari del Midwest. Questa è la prima fase. La seconda fase consiste in una dichiarazione della Germania in merito al conflitto. Un distaccamento di paracadutisti volontari della Wehrmacht verrà inviato in appoggio agli Stati Uniti. Ma anche questa è solo una azione di copertura.»
«Sì,» disse il generale, ascoltando.
«Lo scopo fondamentale dell’operazione Dente di Leone,» disse Baynes, «è un massiccio attacco nucleare contro le Isole Patrie, senza nessun preavviso.» Detto questo, tacque.
«Allo scopo di spazzare via la Famiglia Reale, l’esercito per la difesa interna, gran parte della Marina Imperiale, la popolazione civile, le industrie, ogni tipo di risorsa,» aggiunse il generale Tedeki. «Lasciando i possedimenti d’oltremare liberi per l’annessione al Reich.»
Baynes non disse nulla.
«Che altro?» chiese il generale.
Baynes sembrò perplesso.
«La data, signore,» disse il generale.
«Tutto cambiato,» disse Baynes. «A causa della morte di M. Bormann. Almeno, così presumo. Al momento non sono in contatto con l’Abwehr.»
Subito il generale aggiunse: «Vada avanti, Herr Wegener.»
«Quello che raccomandiamo è che il governo giapponese intervenga negli affari interni del Reich. O almeno, è questo che ero venuto a raccomandare. Alcuni gruppi del Reich sono a favore dell’operazione Dente di Leone, altri no. Si sperava che gli oppositori potessero conquistare il potere dopo la morte del Cancelliere Bormann.»
«Ma mentre lei era qui,» disse il generale, «Herr Bormann è morto e la situazione politica è giunta a una soluzione. Adesso il dottor Goebbels è il nuovo Cancelliere del Reich. Le lotte di potere sono finite.» Fece una pausa. «Quale posizione ha questa fazione, in merito all’operazione Dente di Leone?»
«Il dottor Goebbels ne è un convinto sostenitore,» disse Baynes.
Senza farsene accorgere, il signor Tagomi chiuse gli occhi.
«Chi si oppone?» chiese il generale Tedeki.
Il signor Tagomi udì la voce del signor Baynes. «Il generale delle SS, Heydrich.»
«La cosa mi sorprende,» disse il generale Tedeki. «Ho qualche dubbio. Questa è un’informazione verificata o semplicemente un’opinione sua e dei suoi colleghi?»