«Sì,» disse lui.
«Va bene. Glielo dirò. Non cercarmi più a Canon City perché non ho intenzione di tornarci. E con me ho un bel po’ di quei soldi della Reichsbank, perciò me la caverò benissimo, malgrado tutto. Addio. E scusami.» Chiuse la porta e corse lungo il corridoio più veloce che poté, trascinandosi appresso la valigia e i pacchi.
Davanti all’ascensore, un anziano e distinto uomo d’affari e sua moglie si offrirono di aiutarla; presero i pacchi e giunti al piano terra li consegnarono a un fattorino.
«Grazie,» disse loro Juliana.
Quando il fattorino finì di trasportare la valigia e i pacchi fuori, sul marciapiede, lei trovò un impiegato dell’albergo che le spiegò come riavere la macchina. Ben presto giunse nel freddo garage di cemento al piano sotterraneo, aspettando che l’addetto le riconsegnasse la Studebaker. Si ritrovò nella borsetta ogni tipo di banconote; lasciò la mancia e poi si accorse quasi meccanicamente che stava risalendo lungo la rampa illuminata da luci gialle, e infine di essere uscita nella strada buia illuminata solo dai fari delle automobili e dalle insegne al neon.
Il portiere dell’albergo in livrea si incaricò personalmente di caricare nel bagagliaio tutte le sue cose, sorridendo in modo così cordiale e incoraggiante che lei gli lasciò una mancia spropositata prima di allontanarsi. Nessuno tentò di fermarla, e la cosa la stupì; non batterono ciglio. Suppongo che sappiano che pagherà lui, decise. O forse ha pagato in anticipo quando siamo arrivati.
Mentre era ferma insieme ad altre macchine davanti a un semaforo, in attesa del verde, si accorse di non aver avvertito il bureau che Joe giaceva ferito sul pavimento della stanza e aveva bisogno di un medico. Stava ancora aspettando, lassù, finché non fosse giunta la fine del mondo o non fossero arrivate le donne delle pulizie, l’indomani mattina, chissà a che ora. Sarà meglio che torni indietro, decise, o che faccia una telefonata. Forse dovrei fermarmi a una cabina telefonica.
È tutto così sciocco, pensò mentre cercava un posto dove parcheggiare e telefonare. Chi lo avrebbe mai detto, un’ora fa? Quando siamo giunti in albergo, quando abbiamo fatto spese… eravamo già pronti, dovevamo solo vestirci e andare a cena; e poi saremmo andati in un locale notturno. Si accorse di avere ricominciato a piangere; le lacrime le scivolavano lungo il naso, sulla camicetta, mentre guidava. Peccato che non abbia consultato l’oracolo; poteva saperlo, e avvisarmi. Perché non l’ho fatto? Avrei potuto interrogarlo in qualsiasi momento, ovunque durante il viaggio, o anche prima di partire. Cominciò a gemere involontariamente; il rumore, una specie di ululato che non aveva mai sentito uscire dalla sua gola, la fece inorridire, ma non riuscì a soffocarlo nonostante stringesse forte i denti. Una nenia, un canto, un lamento sinistro, che le saliva su per il naso.
Quando ebbe parcheggiato, rimase seduta con il motore acceso, tremando, con le mani infilate nelle tasche della pelliccia. Cristo, disse fra sé, disperata. Be’, sono cose che capitano, credo. Scese dalla macchina ed estrasse la valigia dal bagagliaio; la aprì sul sedile posteriore e frugò in mezzo ai vestiti e alle scarpe finché non trovò i due volumi neri dell’oracolo. Là, sul sedile posteriore della macchina, con il motore ancora acceso, cominciò a lanciare tre monete degli Stati delle Montagne Rocciose, sfruttando la luce di una vetrina per vederci. Che cosa devo fare? domandò. Dimmi quello che devo fare, ti prego.
Esagramma Quarantadue. L’Accrescimento, con linee mobili al secondo, terzo, quarto e primo posto; quindi cambiava nell’Esagramma Quarantatré. La Risolutezza. Juliana controllò freneticamente il testo, imprimendosi nella mente le successive fasi del significato, raccogliendole e comprendendole; Gesù, descriveva la situazione in modo esatto… un miracolo, ancora una volta. Tutto quello che era accaduto, eccolo lì davanti ai suoi occhi, nero su bianco, schematico:
È propizio
intraprendere qualcosa.
Propizio è attraversare la grande acqua.
Viaggiare, andare e fare qualcosa di importante, non restare qui. E adesso le linee. Le sue labbra si mossero, cercando…
Dieci paia di tartarughe non possono opporsi a questo.
Durevole perseveranza reca salute.
Il re lo presenta davanti a Dio.
Adesso il sei al terzo posto. Nel leggere, provò un senso di vertigine:
Si è accresciuti da avvenimenti sciagurati.
Nessuna macchia, se sei verace
e cammini nel mezzo,
e riferisci al principe con un sigillo.
Il principe… significava Abendsen. Il sigillo, la nuova copia del suo libro. Avvenimenti sciagurati… l’oracolo sapeva che cosa le era successo, e la cosa terribile che era capitata a Joe, o chiunque fosse. Lesse il sei al quarto posto:
Se cammini nel mezzo
e riferisci al tuo principe,
egli ti seguirà.
Devo andare là, si rese conto, anche se Joe mi seguirà. Divorò l’ultima linea mobile, il nove sopra:
Egli non porta accrescimento a nessuno.
Certamente qualcuno lo percuote.
Egli non tiene fermo durevolmente il suo cuore.
Sciagura.
Oh, Dio, pensò; significa l’assassino, quelli della Gestapo… mi sta dicendo che Joe, o qualcun altro al suo posto, andrà lì e ucciderà Abendsen. Controllò rapidamente l’Esagramma Quarantatré. Il giudizio:
Bisogna decisamente rendere nota la cosa
presso la corte del re.
Secondo verità dev’essere proclamata. Pericolo.
Bisogna avvisare la propria città.
Non è propizio impugnare le armi.
Propizio è intraprendere qualche cosa.
È inutile tornare in albergo e accertarsi delle sue condizioni; la situazione è disperata, perché ne verranno mandati altri. Di nuovo l’oracolo dice, sempre più enfaticamente: va’ a Cheyenne e metti in guardia Abendsen, per quanto possa essere pericoloso. Devo portargli la verità.
Richiuse il libro.
Tornò al volante e si infilò di nuovo nel traffico. Ben presto riuscì a lasciare il centro di Denver e imboccò l’autobahn principale, diretta verso nord; guidò alla massima velocità che la macchina era in grado di raggiungere, mentre il motore emetteva una strana vibrazione che scuoteva il volante e il sedile, e faceva tintinnare tutto quello che c’era nel cassettino portaoggetti.
Grazie a Dio per il dottor Todt e le sue autobahn, si disse, mentre procedeva nell’oscurità a velocità sostenuta, vedendo solo le luci della propria macchina e le linee che segnavano le corsie.
Alle dieci di sera, per un problema a un pneumatico, non era ancora riuscita a raggiungere Cheyenne, perciò non le rimase altro da fare che lasciare l’autobahn e cercare un posto dove passare la notte.
Un segnale d’uscita dall’autobahn indicava: Greeley cinque miglia. Ripartirò domani mattina, si disse, mentre procedeva lentamente lungo la strada principale di Greeley, pochi minuti più tardi. Vide parecchi motel con cartelli che indicavano disponibilità di camere, perciò non c’era problema. Quello che devo fare, decise, è chiamare Abendsen stasera e dirgli che sto arrivando.