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Siamo entrati in un Momento nel quale siamo soli. Non possiamo trovare assistenza come prima. Be’, pensò il signor Tagomi, forse anche questo è un bene. O può diventare un bene. Bisogna ancora sforzarsi di trovare la Via.

Salì a una fermata sulla California Street e percorse tutta la linea fino al termine. Poi saltò giù e osservò la manovra di rotazione della vettura sulla piattaforma di legno. Quella, fra tutte le esperienze della città, aveva sempre per lui il più grande significato. Ma adesso l’effetto fu molto più blando; avvertì il vuoto in modo ancora più acuto, perché attorno a lui ogni cosa era deteriorata.

Naturalmente fece anche il percorso inverso. Ma… una semplice formalità, si rese conto mentre osservava le strade, i palazzi, il traffico scorrere in senso contrario a prima.

Dalle parti di Stockton si alzò dal sedile per scendere. Giunto alla fermata, però, mentre stava per lasciare la vettura, il conducente gli gridò: «La sua borsa, signore.»

«Grazie.» L’aveva dimenticata. Allungò la mano e la prese, poi fece un inchino mentre il tram si rimetteva in moto rumorosamente. C’è un oggetto molto prezioso, nella borsa, pensò. Una Colt 44, un pezzo da collezionisti di valore inestimabile. Che adesso tengo sempre a portata di mano, nel caso qualche vendicativo sicario dell’SD tentasse di farmela pagare personalmente. Non si sa mai. Eppure… il signor Tagomi si rese conto che questo nuovo modo di comportarsi, malgrado tutto quello che era successo, era nevrotico. Non dovrei permetterlo, ripeté fra sé mentre camminava con la borsa nella mano. Una fobia ossessivo-compulsiva. Ma non riusciva a liberarsene.

Lei nella mia stretta, io nella sua, pensò.

Dunque ho perso il mio atteggiamento positivo? si domandò. Tutto l’istinto è stato deviato, dal ricordo di ciò che ho fatto? È tutto deteriorato, non solo il mio atteggiamento verso questo particolare oggetto? Il fondamento della mia vita… un territorio, ahimè, nel quale mi sono trovato così bene.

Prese un taxi a pedali e ordinò all’autista di dirigersi verso Montgomery Street, verso il negozio di Childan. Vediamo un po’. C’è rimasto un filo che mi lega ancora a un comportamento volontario. Forse potrei vincere le mie tendenze ansiose servendomi di uno stratagemma: scambiare la pistola con un oggetto dalla storicità più dimostrata. Questa pistola, per quanto mi riguarda, possiede troppa storia soggettiva… e tutta del tipo sbagliato. Ma quella storia finisce con me; nessun altro può sperimentarla, dalla pistola. Esiste soltanto nella mia psiche.

Liberarmi, decise, tutto preso dall’eccitazione. Via la pistola, via tutto, ogni nuvola del passato. Perché non è semplicemente all’interno della mia psiche; come si è sempre detto a proposito della teoria della storicità, è anche all’interno della pistola. Tra noi due esiste un’equazione!

Giunse al negozio. Dove ho fatto molti affari, osservò mentre pagava il conducente. Sia per motivi di ufficio che personali. Sempre con la borsa in mano, entrò rapidamente.

Ecco il signor Childan, dietro alla cassa. Lucidava un oggetto con un panno.

«Signor Tagomi,» disse Childan con un inchino.

«Signor Childan.» Anche lui si inchinò.

«Che sorpresa. Non riesco a crederci.» Childan posò l’oggetto e il panno. Girò intorno alla cassa e si avvicinò. Il solito cerimoniale, saluti, eccetera. Eppure il signor Tagomi sentiva che l’uomo oggi era in qualche modo diverso. Piuttosto… attutito. Un miglioramento, decise. La sua voce sempre un filo troppo alta, troppo stridula. E lui troppo agitato. Ma poteva anche essere un cattivo auspicio.

«Signor Childan,» disse il signor Tagomi, posando la borsa sul bancone e aprendola, «vorrei rivenderle un oggetto che ho acquistato qui tanti anni fa. Lei usa farlo, a quel che mi ricordo.»

«Sì,» disse Childan. «Dipende dalle condizioni, però.» Lo osservava, guardingo.

«Un revolver Colt 44,» disse Childan.

Tacquero entrambi, guardando la pistola adagiata nella scatola di tek aperta davanti a loro, con il suo corredo di pallottole in parte consumate.

Una sfumatura di maggiore freddezza, nel signor Childan. Il signor Tagomi capì al volo. Be’, non fa niente. «Lei non è interessato,» gli disse.

«No, signore,» rispose Childan con voce rigida.

«Non insisterò.» Si sentiva svuotato di ogni forza. Mi sono arreso subito. Lo yin, adattabile, ricettivo, si è impadronito di me, temo…

«Mi perdoni, signor Tagomi.»

Il signor Tagomi si inchinò e rimise la pistola con le sue munizioni dentro la borsa. È destino. Devo tenermi quest’arma.

«Lei sembra… piuttosto deluso,» disse Childan.

«Se ne è accorto.» Era turbato; aveva permesso al suo mondo interiore di uscire allo scoperto, in modo che tutti potessero vederlo? Alzò le spalle. Evidentemente era così.

«C’è una ragione particolare per cui lei voleva rivendere questa pistola?» gli chiese Childan.

«No,» rispose lui, nascondendo ancora la sua realtà interiore… come era giusto che fosse.

Childan esitò, poi disse: «Io… mi sto chiedendo se quella pistola sia davvero uscita dal mio negozio. Non tratto oggetti del genere.»

«Ne sono certo,» disse il signor Tagomi. «Ma non importa. Accetto la sua decisione; non sono offeso.»

«Signore,» disse Childan, «mi permetta di mostrarle la merce che è appena arrivata. Ha qualche minuto libero?»

Il signor Tagomi avvertì l’antico brivido dentro di sé. «Qualcosa di particolare interesse?»

«Si accomodi, signore.» Childan attraversò il negozio, il signor Tagomi lo seguì.

All’interno di una bacheca di vetro chiusa a chiave, appoggiate su vassoi di velluto nero, c’erano delle piccole spirali metalliche, oggetti dalla forma indefinita, più accennata che realmente espressa. Mentre il signor Tagomi si chinava per osservarli, provò una strana sensazione.

«Voglio che tutti i miei clienti li vedano,» disse Robert Childan. «Signore, lei sa che cosa sono?»

«Gioielli, sembra,» disse il signor Tagomi, osservando una spilla.

«Sono prodotti americani. Sì, certo. Ma, signore, non sono antichi.»

Il signor Tagomi sollevò lo sguardo.

«Signore, questi sono nuovi.» I lineamenti bianchi, in qualche modo scialbi di Robert Childan erano animati dalla passione. «Questa è la nuova vita del mio paese, signore. L’inizio, sotto la forma di minuscoli semi immortali. Di bellezza.»

Con il dovuto interesse, il signor Tagomi prese in mano molti di quegli oggetti e si accinse a esaminarli. Sì, c’è qualcosa di nuovo che li anima, decise. Qui la Legge del Tao viene confermata; quando lo yin è dovunque, la prima fiammella luminosa già si agita nel più buio degli abissi… lo sappiamo tutti, lo abbiamo visto succedere in precedenza, così come lo vedo adesso. Eppure per me non sono che oggetti di nessun valore. Non riesco a entusiasmarmi, come succede al signor Childan. Sfortunatamente per tutti e due. Ma le cose stanno così.

«Graziosi, davvero,» mormorò, posando i gioielli.

«Signore,» disse Childan, con voce piena di vigore, «non è una cosa immediata.»

«Prego?»

«La nuova visione dentro il suo cuore.»

«Lei si è convertito,» disse il signor Tagomi. «Vorrei poterlo dire anch’io, ma non è così.» Fece un inchino.

«Un’altra volta,» disse Childan, accompagnandolo all’uscita del negozio; non tentò nemmeno di fargli vedere altri oggetti, notò il signor Tagomi.