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Uscì di corsa dal chiosco. Le porte sbatterono dietro di lui; si ritrovò sul marciapiede.

Dove sono? Fuori dal mio mondo, dal mio spazio e dal mio tempo.

Il triangolo d’argento mi ha disorientato. Ho rotto gli ormeggi e adesso vado alla deriva, senza nulla a cui aggrapparmi. Questo è il premio per il mio comportamento. Mi servirà di lezione per sempre. Si cerca di contravvenire alle proprie percezioni… perché? Per vagare sperduto, senza un riferimento o una guida?

Questa condizione ipnagogica. La capacità di concentrazione diminuisce e prevale uno stato crepuscolare; il mondo visto semplicemente sotto i suoi aspetti simbolici, archetipici, del tutto confuso con il materiale inconscio. Tipico del sonnambulismo provocato dall’ipnosi. Devo smetterla con questo spaventoso scivolare in mezzo alle ombre; rimettere a fuoco la concentrazione e quindi ristabilire il centro dell’ego.

Si frugò nelle tasche in cerca del triangolo d’argento. Sparito. L’ho lasciato su quella panchina nel parco, insieme alla borsa. Una catastrofe.

Si lanciò lungo il marciapiede, tutto piegato in avanti, verso il parco.

Dei barboni sonnacchiosi lo guardarono stupiti mentre risaliva di corsa il vialetto. Eccola, la panchina. E appoggiata ad essa c’era ancora la sua borsa. Nessuna traccia del triangolo d’argento. Frugò tutt’intorno. Sì. Caduto in mezzo all’erba; era lì, seminascosto. Dove lo aveva gettato in un impeto di rabbia.

Si rimise a sedere, ansimando.

Focalizzare di nuovo l’attenzione sul triangolo d’argento, si disse quando ebbe ripreso fiato. Esaminarlo con convinzione e contare. Arrivato a dieci, emettere un suono brusco, che scuote. Erwache [Svegliati!], per esempio.

Un sogno idiota a occhi aperti, di tipo evasivo, pensò. Emulazione degli aspetti più deteriori dell’adolescenza, più che della limpida, originaria innocenza dell’infanzia autentica. Proprio quello che mi merito, comunque.

È tutta colpa mia. Nessuna intenzione cattiva da parte del signor Childan, o degli artigiani; bisogna biasimare solo la mia ingordigia. Non si può costringere la comprensione a venire per forza.

Contò lentamente, a voce alta, poi balzò in piedi. «Maledetta stupidità,» disse, brusco.

Le nebbie si diradavano?

Sbirciò intorno a sé. Con ogni probabilità non si intensificavano. Adesso si può apprezzare l’incisiva scelta di parole di San Paolo… vedere come in uno specchio, in maniera confusa non è una metafora, ma l’arguto riferimento a una distorsione ottica. La nostra visione è astigmatica, fondamentalmente: il nostro spazio e il nostro tempo sono creazioni della nostra psiche, e quando momentaneamente vengono meno… è come un disturbo acuto dell’orecchio medio.

Ogni tanto sbandiamo, ci allontaniamo dal centro, perché abbiamo perduto il senso dell’equilibrio.

Si rimise a sedere, infilò il ghirigoro d’argento in una tasca della giacca, e rimase lì con la borsa in grembo. Quello che devo fare adesso, si disse, è andare a vedere se quella maligna costruzione… come l’ha chiamata, quell’uomo? La superstrada dell’Imbarcadero. Se è ancora palpabile.

Ma aveva paura di farlo.

Eppure, pensò, non posso starmene qui seduto. Ho dei pesi da sollevare, come dice una vecchia espressione popolare americana. Dei compiti da svolgere.

Dilemma.

Due bambini cinesi arrivarono sgambettando rumorosamente lungo il vialetto. Uno stormo di piccioni svolazzò via; i bambini si fermarono.

Il signor Tagomi li chiamò. «Ehi, voi, bambini.» Si frugò in tasca. «Venite qui.»

I due bambini si avvicinarono, circospetti.

«Ecco dieci centesimi.» Lanciò loro una monetina; i bambini si avventarono su di essa. «Andate fino a Kearny Street e guardate se ci sono dei taxi a pedali. Poi tornate qui e riferitemelo.»

«Ci darà un’altra monetina?» disse uno dei due. «Quando torniamo?»

«Sì,» rispose il signor Tagomi. «Ma ditemi la verità.»

I bambini corsero via lungo il vialetto.

Se non ci sono più i taxi a pedali, pensò il signor Tagomi, sarà meglio che trovi un posto appartato per suicidarmi. Strinse la borsa. Ho ancora l’arma con me; non ci sarà nessun problema.

I bambini tornarono indietro a tutta velocità. «Sei!» gridò uno di loro. «Ne ho contati sei.»

«Io ne ho contati cinque,» disse l’altro, ansimando.

II signor Tagomi disse: «Siete sicuri che fossero a pedali? Avete visto bene i guidatori che pedalavano?»

«Sì, signore,» risposero insieme i bambini.

Diede una moneta da dieci centesimi a ciascuno dei due. I bambini lo ringraziarono e corsero via.

Di nuovo in ufficio e al lavoro, pensò il signor Tagomi. Si alzò in piedi, stringendo la borsa. Il dovere mi chiama. Un’altra giornata come tante.

Si avviò nuovamente lungo il vialetto, verso il marciapiede.

«Taxi!» chiamò.

Dal traffico emerse un taxi a pedali; il guidatore si accostò al marciapiede, lucido in volto per il sudore, con il petto ansimante. «Sì, signore.»

«Mi porti al Nippon Times Building,» gli ordinò il signor Tagomi. Salì sul sedile e si mise comodo.

Pedalando furiosamente, il guidatore si infilò in mezzo al traffico degli altri taxi e delle automobili.

Quando il signor Tagomi raggiunse il Nippon Times Building, era da poco passato mezzogiorno. Direttamente dall’atrio principale, chiese alla centralinista di metterlo in comunicazione con il signor Ramsey, all’ultimo piano.

«Qui Tagomi,» disse quando la comunicazione fu attivata.

«Buongiorno, signore. Sono sollevato. Non vedendola arrivare, mi sono preoccupato e ho telefonato a casa sua alle dieci, ma sua moglie mi ha detto che lei era uscito senza dirle dove andava.»

«È stato rimesso tutto in ordine?» chiese il signor Tagomi.

«Non è rimasta la minima traccia.»

«Ne è sicuro?»

«Sulla mia parola, signore,»

Soddisfatto, il signor Tagomi riattaccò e si diresse verso l’ascensore.

Quando entrò nel suo ufficio al ventesimo piano si concesse una rapida indagine. Con la coda dell’occhio. Non c’era la minima traccia, come gli era stato promesso. Si sentì meglio. Nessuno che non fosse stato presente avrebbe potuto capire qualcosa. La storicità legata al nylon del pavimento…

Il signor Ramsey era già in ufficio ad attenderlo. «Il coraggio da lei dimostrato è l’argomento di grandi panegirici, giù al Times,» incominciò. «Un articolo che descrive…» Si accorse dell’espressione del signor Tagomi e si interruppe subito.

«Risponda a domande più urgenti,» disse il signor Tagomi. «Il generale Tedeki? Cioè, l’ex signor Yatabe?»

«E ripartito in aereo per Tokyo nella massima segretezza. Sono state disseminate false piste ovunque.» Ramsey incrociò le dita, simboleggiando la loro speranza.

«La prego, mi dica del signor Baynes.»

«Non lo so. Durante la sua assenza ha fatto qualche brevissima apparizione, quasi furtivamente, ma non ha detto niente.» Ramsey ebbe un attimo di esitazione. «Forse è ritornato in Germania.»