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— E io non ho più diritti, in questa faccenda, di un cavallo condotto al mercato? — chiese Callista.

— Callie, non sono stato io a promulgare le leggi — disse dolcemente Damon. — Ne abrogherò alcune, se potrò, ma non posso farlo da un giorno all’altro. La legge è quella che è.

— Il padre di Callista ha acconsentito a darla in sposa a me — disse Andrew. — Questa decisione non ha valore legale?

— Ma Dom Esteban è moribondo, Andrew. Potrebbe spegnersi stanotte, e io sono soltanto reggente di Alton sotto l’autorità del Consiglio, nient’altro. — Damon era profondamente turbato. — Solo se potessimo presentarci al Consiglio con un matrimonio valido ai sensi della legge di Valeron…

— Che roba è? — chiese Andrew, e Callista rispose, con voce atona: — Una donna del dominio di Aillar, delle pianure di Valeron, aveva ottenuto dal Consiglio una decisione che da allora ha valore di precedente. Che il matrimonio sia libero o no, nessuna donna può venire separata contro il suo consenso dal padre di suo figlio. Damon intende dire che se tu mi portassi a letto, e magari mi mettessi subito incinta, avremmo la possibilità di contestare il Consiglio. — Fece una smorfia. — Io non voglio ancora un figlio… e meno ancora lo voglio per comando del Consiglio, come una fattrice condotta allo stallone… Ma sempre meglio che dover sposare uno scelto dal Consiglio per ragioni politiche e mettere al mondo i figli suoi.  — Guardò disperata prima Damon e poi Andrew, e concluse: — Ma sapete che è impossibile.

Senza alzare la voce, Damon disse: — No, Callista. Il tuo matrimonio, come sai bene, risulterà valido se domani potrai presentarti al Consiglio e giurare che è stato consumato.

Lei lanciò un grido atterrito. — Vuoi che lo uccida, questa volta? — E si nascose la faccia tra le mani.

Damon le si accostò e la fece girare gentilmente perché lo guardasse. — C’è un altro modo, Callista. No, guarda me. Io e Andrew siamo bredin. E io sono più forte di te. Tu potresti scagliarmi addosso tutta l’energia che hai scagliato contro Andrew, e anche di più, e non mi faresti il minimo male.

Callista distolse il volto, singhiozzando. — Se proprio devo. Se proprio devo. Ma… Oh, Avarra misericordiosa, volevo che avvenisse per amore, quando fossi stata pronta, non in una battaglia a morte.

Ci fu un lungo silenzio, rotto solo dal pianto soffocato di Callista. Quel suono straziava il cuore a Andrew, ma lui sapeva che doveva fidarsi di Damon: avrebbe trovato una via d’uscita. Infine Damon disse: — C’è solo un modo, Callista. Varzil mi ha detto che la soluzione stava nel liberare la tua mente dall’impronta lasciata nel tuo corpo dagli anni vissuti come Custode. Io posso liberare la tua mente: e anche il tuo corpo si libererà, com’è avvenuto alla fioritura invernale.

— Mi avevi detto che era stata un’illusione… — balbettò Callista.

— Mi sbagliavo — replicò pacatamente Damon. — Fino a poco tempo fa non avevo collegato tutti i fattori. Vorrei, per il tuo bene, che tu e Andrew aveste potuto fidarvi dei vostri istinti. Ma adesso… Ho un mazzo di fiori di kireseth, Callista.

Lei si portò le mani alla bocca in uno scatto di apprensione, di terrore e di comprensione. — È tabù! È proibito, a chi è stato addestrato in una Torre!

— Ma la nostra Torre — disse Damon, in tono gentile, — non è soggetta alle leggi di Arilinn, breda, e io non sono Custode secondo quelle leggi. Perché credi che sia diventato tabù, Callista? Perché, sotto l’effetto del kireseth, come hai visto, neppure una Custode può conservare la sua immunità alla passione, al desiderio umano. È un catalizzatore telepatico: ma è anche molto di più. Dopo l’addestramento cui sono sottoposte le Custodi nelle Torri, è impensabile, spaventoso, ammettere che non c’è ragione perché una Custode si conservi casta se non temporaneamente, per il lavoro più arduo. Non è necessaria una vita di solitudine e d’isolamento. Le Torri impongono leggi crudeli e superflue alle loro Custodi fin dalle epoche del caos, quando è andato perduto il rituale della Fine dell’Anno. Credo che allora avvenisse al tempo del solstizio d’estate. In occasione della nostra festa, in tutti i dominii, alle donne vengono offerti fiori e frutti in ricordo del dono di Cassilda a Hastur: ma come viene sempre raffigurata, la Signora dei dominii? Con la campanula d’oro del kireseth in mano. Questo era l’antico rito, perché una donna potesse operare come Custode nei cerchi delle matrici, con i canali liberi, e poi ritornare alla femminilità normale quando lo desiderava.

Le prese le mani. Callista cercò automaticamente di liberarle, ma Damon le tenne strette. — Callista, hai il coraggio di voltare le spalle ad Arilinn e di esplorare insieme a noi una tradizione che ti permetterà di essere nello stesso tempo donna e Custode?

Si accorse di aver colpito nel segno, facendo appello al suo coraggio. Insieme, l’avevano messo alla prova fino al limite estremo. Callista piegò la testa in segno di consenso. Quando Damon portò i fiori di kireseth avvolti in un telo, lei esitò, reggendo il mazzo tra le mani. — Ho infranto tutte le leggi di Arilinn, tranne questa. Ora sono veramente fuoricasta — disse, sul punto di scoppiare di nuovo in lacrime.

Damon replicò: — Ci hanno chiamati rinnegati. Non ti chiederò di fare qualcosa che non sia disposto a fare prima di te.

Le prese il mazzo dalla mano, lo sciolse dal telo e se l’accostò alla faccia, aspirando intensamente quel profumo che dava le vertigini. La paura lo invase (il tabù, la proibizione), ma ricordò le parole di Varziclass="underline" «Per questo abbiamo istituito il vecchio rito sacramentale della Fine dell’Anno… Tu sei il suo Custode: la responsabilità è tua».

Callista era pallida e tremante: ma prese il kireseth dalle mani di Damon, e aspirò. Damon, intanto, pensava al cerchio di Arilinn, che li avrebbe attaccati al levar del sole. Stava commettendo un tragico errore?

Durante gli anni che aveva trascorso alla Torre, quando si prospettava un lavoro importante era vietato ogni genere di tensione, e soprattutto il rapporto sessuale. Loro avrebbero trascorso la notte in solitaria concentrazione, preparandosi alla battaglia che li attendeva.

Ma Damon non seguiva quelle direttrici. Sapeva che non poteva sconfiggere Arilinn facendo ciò che facevano gli altri. La sua Torre stava creando qualcosa d’interamente nuovo, costruito sul loro quadruplice rapporto. Era giusto che trascorressero la notte completando il legame, aiutando Callista a farne parte, a condividerlo pienamente.

Andrew prese i fiori dalle mani di Callista. Quando ne aspirò l’aroma — arido, polveroso, ma ancora carico del ricordo del prato di corolle dorate sotto la luce cremisi del sole — gli parve di vedere Callista che attraversava di nuovo il campo fiorito: e quel ricordo lo stordì, lo accese di desiderio. Quando Ellemir prese a sua volta il mazzo, lui provò l’impulso di protestare: non era pericoloso, per lei, nelle sue condizioni? Ma Ellemir aveva il diritto di scegliere. E avrebbe partecipato a tutto ciò che portava loro quella notte.

Damon provò un senso di espansione della coscienza, di sensibilità intensificata. La matrice, sulla sua gola, sembrava pulsare come una cosa viva. La strinse nella mano e gli parve che gli parlasse, e per un momento si chiese se le matrici erano, dopotutto, forme di vita aliene, in simbiosi con l’umanità, capaci di percepire il tempo su un ritmo fantasticamente diverso.

Poi gli sembrò di precipitare com’era avvenuto durante la Ricerca nel Tempo e di vivere, in una bizzarra chiaroveggenza, ciò che aveva appreso della storia delle Torri, ad Arilinn e a Nevarsin. Dopo le epoche del caos — secoli di decadenza, di corruzione, e di conflitti che avevano decimato i dominii e si erano scatenati su mezzo mondo — le Torri erano state ricostruite ed era stato concluso il Patto, che vietava tutte le armi eccettuate quelle che potevano colpire entro la portata delle mani di chi le impugnava e che comportavano per chi intendeva uccidere un’uguale possibilità di essere ucciso. L’attività con le matrici era stata limitata alle Torri e a coloro che avevano nelle vene sangue Comyn e avevano giurato fedeltà alle Torri e alle Custodi. Le Custodi, votate alla castità e sciolte dal vincolo di devozione alle rispettive famiglie, non dovevano avere interessi politici o dinastici nel governo dei dominii. L’addestramento degli operatori delle Torri era basato su saldi principi etici e sulla rottura di tutti gli altri legami, creando forza e integrità in un mondo corrotto e devastato.