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— L’ho visto al matrimonio. — La loro sorella maggiore, Dorian, aveva sposato un cugino nedestro del nobile Ardais. — Sembrava un giovane gentile, cortese, ma non ho scambiato con lui che poche parole. Avevo visto raramente Dorian, dopo la mia infanzia.

— È stato quell’inverno — disse Ellemir. — Dorian mi aveva pregata di andare a passarlo con lei: si sentiva sola, ed era già incinta, e si era fatta poche amiche tra le donne delle montagne. Nostro padre mi aveva permesso di andare. E più avanti, quella primavera, quando Dorian era diventata troppo pesante e non provava più piacere a dividere il letto di Mikhail, io e lui eravamo così amici che ho preso il posto di nostra sorella. — Rise sommessamente al ricordo.

Callista esclamò, sbalordita: — Ma non avevi più di quindici anni!

Ellemir replicò, ridendo: — Per sposarsi bastano. Dorian non ne aveva di più quando si è sposata. E l’avrei fatto anch’io, se nostro padre non avesse voluto che restassi a mandargli avanti la casa!

Ancora una volta, Callista provò quell’invidia crudele, quel senso di alienazione disperata. Com’era stato semplice e giusto, per Ellemir! E com’era diverso, per lei! — Ce ne sono stati altri?

Ellemir sorrise nel buio. — Non molti. Quella volta ho scoperto che giacere con un uomo mi piaceva, ma non volevo essere oggetto di pettegolezzi come Sybil-Mhari (avrai sentito dire che sì prende amanti tra le Guardie e perfino tra i paggi) e non volevo mettere al mondo un figlio che non mi sarebbe stato permesso di allevare, anche se Dorian giurava che se avessi avuto un figlio da Mikhail l’avrebbe adottato lei. E non volevo trovarmi sposata in fretta e furia a uno che non mi piaceva, perché sapevo che nostro padre l’avrebbe preteso se ci fosse stato uno scandalo. Perciò non ci sono più di due o tre uomini che potrebbero dire, se volessero, di aver avuto da me più della mano da baciare, alla festa del solstizio d’estate. Perfino Damon. Ha atteso con pazienza…

Proruppe in una strana risatina eccitata. Callista le accarezzò i morbidi capelli.

— Ormai l’attesa è quasi finita, tesoro.

Ellemir si rannicchiò vicino alla sorella. Sentiva le paure di Callista, la sua ambivalenza, ma le fraintendeva ancora.

Ha fatto voto di verginità, pensò, è vissuta lontana dagli uomini, e non è sorprendente che abbia paura. Ma quando avrà compreso di essere libera, Andrew sarà dolce con lei, e paziente, e lei raggiungerà finalmente la felicità… una felicità come quella mia… e di Damon.

Erano in lieve contatto telepatico, e Callista seguiva i pensieri di Ellemir: ma non voleva turbare la sorella dicendole che non era tanto semplice.

— Dobbiamo dormire, breda: domani è il giorno del nostro matrimonio, e domani notte — aggiunse, maliziosamente, — Damon non ti lascerà dormire molto.

Ridendo, Ellemir chiuse gli occhi. Callista rimase a guardare in silenzio nell’oscurità, con la testa di Ellemir sulla spalla. Dopo molto tempo, quando il filo del collegamento tra loro si assottigliò e Ellemir si smarrì nei sogni, Callista sentì che la sorella dormiva. Adagio, scese dal letto e andò alla finestra, a guardare il paesaggio inondato dalla luna. Rimase lì, ritta, fino a quando si sentì indolenzita e intirizzita, fino a quando le lune tramontarono e una pioggia fittissima cominciò a velare il vetro della finestra. Grazie alla dura disciplina di tanti anni, non pianse.

Posso accettarlo e sopportarlo, come ho sopportato tante cose. Ma Andrew? Posso sopportare quello che farà a lui, quello che potrà fare al suo amore? Restò immota, per ore, indolenzita, gelata, ma senza più accorgersene, con la mente rifugiata in uno dei regni al di là del pensiero dove le era stato insegnato a entrare per sfuggire alle idee tormentose, lasciandosi indietro il corpo freddo e dolorante che aveva imparato a disprezzare.

Nelle ore dell’alba la pioggia aveva lasciato il posto a un fine nevischio che batteva sui vetri. Ellemir si mosse, cercò a tentoni la sorella, poi si levò a sedere, costernata, vedendola immobile davanti alla finestra. Si alzò e la raggiunse, chiamandola per nome, ma Callista non l’udì e non si mosse.

Allarmata, Ellemir gridò. Callista, cogliendo la paura nella mente della sorella più che la voce, tornò a poco a poco in sé. — Tutto a posto, Elli — disse gentilmente, guardando il volto spaventato che la fissava.

— Sei così fredda, tesoro, così rigida e fredda. Torna a letto, lascia che ti scaldi — insistette Ellemir, e Callista lasciò che la riconducesse a letto, l’avvolgesse nelle coperte e la tenesse stretta a sé. Dopo molto tempo disse, quasi in un bisbiglio: — Ho sbagliato, Elli.

— Hai sbaglio? In cosa, breda?

— Avrei dovuto andare a letto con Andrew, quando mi ha portata via dalle caverne. Dopo tanto tempo trascorso da sola al buio, e dopo tanta paura, le mie difese erano cadute. — Con doloroso rimpianto, Callista ricordò come lui l’aveva portata via da Corresanti, e come lei si era abbandonata tra le sue braccia, riscaldata, senza paura. Ricordò che, per brevi istanti, le era sembrato possibile. — Ma c’era tanta confusione, qui: nostro padre era diventato un invalido, e la casa era piena di feriti. Tuttavia, allora sarebbe stato più facile.

Ellemir seguiva il suo ragionamento, e tendeva a darle ragione. Eppure Callista non era una donna capace di fare una cosa simile sfidando la collera del padre e violando il suo giuramento di Custode. E il nobile Alton sarebbe venuto a saperlo, come se Callista l’avesse gridato dai tetti.

— Anche tu eri sofferente, tesoro. Andrew ha capito, senza dubbio.

Ma Callista ne dubitava: la lunga malattia che l’aveva colpita dopo il salvataggio non era stata forse una specie di reazione a quell’incapacità? Forse, pensò, aveva perso un’occasione che magari non si sarebbe più ripresentata, l’occasione di unirsi a Andrew quando entrambi erano accesi dalla passione e non c’era posto per i dubbi e le paure. Perfino Leonie riteneva verosimile che l’avesse fatto.

Perché non l’ho fatto? E adesso, adesso è troppo tardi…

Ellemir sbadigliò, con un sorrìso di felicità.

— È il giorno delle nostre nozze, Callista!

Callista chiuse gli occhi. Il giorno delle mie nozze. E non posso condividere la sua gioia. Io amo come ama lei, eppure non sono lieta… Provò il folle impulso di graffiarsi con le unghie, di percuotersi con i pugni, di punire la bellezza che era una vuota promessa, il corpo così simile a quello di una donna desiderabile… un guscio, un guscio vuoto. Ma Ellemir la guardava con aria turbata e interrogativa, e allora si costrinse a sorridere gaiamente.

— Il giorno delle nostre nozze — ripeté, e baciò la sorella. — Sei felice, tesoro?

E per un po’, nella gioia di Ellemir, riuscì a dimenticare le proprie paure.

CAPITOLO QUINTO

Quel mattino, Damon venne ad aiutare Dom Esteban a sistemarsi sulla sedia a rotelle che era stata costruita apposta per lui. — Così potrai assistere alle nozze stando seduto, e non disteso come un invalido su un letto.

— Mi dà un’impressione strana, stare di nuovo diritto — disse il vecchio, sostenendosi con entrambe le mani. — Ho le vertigini come se fossi già ubriaco.

— Sei rimasto sdraiato troppo a lungo. Ti abituerai presto.

— Be’, è meglio star seduti piuttosto che appoggiati ai cuscini come una donna dopo il parto! E almeno le gambe le ho ancora, anche se non me le sento.