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— Credevo che non ci fossero servitori, tra voi — disse Damon, e Andrew cercò di spiegargli la differenza tra il servizio civile e la servitù. Damon ascoltò con aria scettica, e infine osservò: — Un servitore dei computer e delle pratiche! Credo che io preferirei essere uno stalliere o un cuoco!

— Non ci sono padroni crudeli che sfruttano i servitori?

Damon scrollò le spalle. — Senza dubbio, così come certi uomini maltrattano i cavalli da sella e li ammazzano a furia di frustate. Però un uomo capace di ragionare può capire, un giorno, di aver sbagliato, e nella peggiore delle ipotesi gli altri possono fermarlo. Ma non c’è modo d’insegnare la saggezza a una macchina.

Andrew sorrise. — Sai? Hai ragione tu. Noi abbiamo un detto: non puoi lottare con un computer, ha ragione anche quando ha torto.

— Chiedi al maggiordomo di Dom Esteban o alla levatrice della tenuta, Ferrika, se si sentono maltrattati o sfruttati — disse Damon. — Sei telepate quanto basta per capire se ti dicono la verità. E allora, forse, ti deciderai a permettere a qualche uomo di guadagnarsi onorevolmente il salario al tuo servizio.

Andrew scrollò le spalle. — Lo farò, senza dubbio. Noi abbiamo un detto: quando sei a Roma, comportati come i romani. Roma, credo, era una città della Terra. È rimasta distrutta da una guerra o da un terremoto, molti secoli fa, e resta solo il proverbio…

Damon disse: — Anche noi ne abbiamo uno simile: non cercare di comprar pesce nelle Città Aride. — Si aggirò nella stanza che aveva scelto per sé e Ellemir. — Questi tendaggi non vengono arieggiati dai tempi di Regis IV! Dirò al maggiordomo di cambiarli. — Tirò il cordone di un campanello, e quando il maggiordomo si presentò gli diede gli ordini.

— Provvederemo prima di sera, mio signore, così voi e le vostre consorti potrete trasferirvi qui quando vorrete. E… nobile Damon, sono stato incaricato di farti sapere che tuo fratello, il nobile Serrais, è venuto ad assistere al tuo matrimonio.

— Molto bene, grazie. Se riesci a trovare dama Ellemir, pregala di venire qui ad approvare la nostra scelta — disse Damon. Quando il servitore fu uscito, fece una smorfia.

— Mio fratello Lorenz! La sua premura per le mie nozze, sospetto, potrebbe essermi gettata negli occhi senza farmi neanche un po’ di male! Avevo sperato che venisse almeno mio fratello Kieran, o mia sorella Marisela: ma immagino che dovrei sentirmi onorato e andare a esprimere la mia gratitudine a Lorenz.

— Hai molti fratelli?

— Cinque. E tre sorelle. Io ero il minore dei maschi, e mio padre e mia madre avevano già troppi figli, quando sono nato. Lorenz… — Damon scrollò le spalle. — Per lui sarà un sollievo, immagino, che mia moglie sia di famiglia così altolocata da evitargli di dover mercanteggiare sulla parte di patrimonio spettante a un fratello cadetto. Io non sono ricco, ma non ho mai desiderato grandi ricchezze; e io e Ellemir avremo quanto basta per le nostre esigenze. Io e mio fratello Lorenz non siamo mai andati molto d’accordo. Kieran ha solo tre anni più di me: io e Kieran siamo bredin. Tra me e Marisela c’è solo un anno di differenza, e abbiamo avuto la stessa madre adottiva. Quanto agli altri fratelli e alle altre sorelle, siamo abbastanza civili quando ci incontriamo per la stagione del Consiglio, ma credo che nessuno di noi soffrirebbe troppo se non ci vedessimo mai. La mia casa è sempre stata questa. Mia madre era un’Alton, e io sono cresciuto qui vicino, e il figlio maggiore di Dom Esteban è venuto con me nei Cadetti. Abbiamo fatto il giuramento dei bredin. — Era la seconda volta che usava quella parola, la forma intima o familiare per «fratelli». Sospirò, e per un momento guardò nel vuoto.

— Eri un Cadetto?

— Molto mediocre — rispose Damon. — Ma nessun figlio di Comyn può evitare di diventarlo, se ha due gambe solide e non è cieco. Coryn era come tutti gli Alton: un militare nato, un vero ufficiale. Io ero diverso. — E rise. — Nel corpo dei Cadetti, c’è una battuta su un tale con due piedi destri e dieci pollici. Io ero così.

— Impacciato, eh?

Damon annuì. — Corvée di punizione undici volte ogni dieci giorni. Io sono destro, vedi. La mia madre adottiva, che era anche la levatrice della mia vera madre, diceva sempre che io ero nato capovolto e che da allora avevo sempre continuato allo stesso modo.

Andrew, che era nato mancino in una società dove prevaleva il destrismo, e che soltanto su Darkover aveva trovato le cose sistemate in modo da avere senso per lui, dalle posate agli attrezzi da giardinaggio, disse: — Posso capirti benissimo.

— Sono anche un po’ miope, e questo non mi era di grande utilità, anche se mi ha aiutato a imparare a leggere. Nessuno dei miei fratelli è un abile scrivano: non sanno fare molto più che decifrare un cartello o scarabocchiare il loro nome su un documento. Ma io mi ci sono buttato come un matto, e una volta terminato il servizio nei Cadetti sono andato a Nevarsin e vi ho trascorso un paio d’anni, imparando a leggere e a scrivere e a disegnare carte topografiche e cose del genere. E allora Lorenz si è convinto che non sarei mai diventato un uomo. Quando mi hanno accettato ad Arilinn, la cosa non ha fatto altro che confermare la sua certezza: «mezzo monaco, mezzo eunuco», diceva. — Damon tacque, con un’espressione disgustata; poi aggiunse: — Nonostante questo, non è stato molto soddisfatto quando mi hanno mandato via dalla Torre, qualche anno fa. In memoria di Coryn (Coryn era morto, nel frattempo, ucciso da una caduta in montagna), Dom Esteban mi ha accettato nelle Guardie. Comunque non sono mai stato un vero soldato: ufficiale ospitaliero, maestro dei Cadetti per un anno o due. — Scrollò le spalle. — Questa è tutta la mia vita, e adesso basta con l’argomento. Senti, stanno arrivando le donne: possiamo far vedere gli appartamenti alle nostre mogli, prima che io sia costretto a scendere e a mostrarmi gentile con Lorenz.

Con sollievo, Andrew vide la sua espressione di solitudine e d’introspezione svanire all’ingresso di Ellemir e Callista.

— Vieni, Ellemir, guarda le stanze che ho scelto per noi.

Damon condusse Ellemir oltre una porta in fondo, e Andrew udì — o piuttosto percepì — che la stava baciando. Callista li seguì con gli occhi e sorrise. — Mi fa piacere vederli così felici.

— E sei felice anche tu, amor mio?

— Io ti amo, Andrew. Non mi è tanto facile rallegrarmi. Forse sono un po’ meno spensierata per natura. Su, mostrami quelle che saranno le nostre stanze.

Callista approvò quasi tutto, ma di cinque o sei mobili disse che erano così vecchi da risultare pericolanti: chiamò un maggiordomo e gli ordinò di farli portar via. Poi chiamò le ancelle e impartì istruzioni sulla roba che dovevano andare a prelevare nel magazzino della biancheria da letto e da bagno, e ne mandò una a prendere i suoi abiti e a riporli negli enormi armadi dello spogliatoio. Andrew ascoltò in silenzio, e infine disse: — Sei una straordinaria padrona di casa, Callista.

La risata di lei era piena di gioia. — Tutta scena. Ho ascoltato Ellemir, ecco, perché non voglio sembrare ignorante di fronte ai suoi servitori. Me ne intendo pochissimo, di queste cose. Mi hanno insegnato a cucire perché le mie mani non dovevano mai stare in ozio, ma quando guardo Ellemir nelle cucine mi rendo conto che in fatto di governo della casa ne so meno di una ragazzina di dieci anni.

— Anch’io mi sento come te — confessò Andrew. — Tutto quello che ho imparato nella zona terrestre, ormai non mi serve più.

— Però sai addestrare i cavalli…

Andrew rise. — Sì, e nella zona terrestre era considerato un anacronismo, una specializzazione inutile. Quand’ero ragazzo, prendevo i cavalli da sella di mio padre e li domavo; ma quando ho lasciato l’Arizona pensavo che non avrei più cavalcato.