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Callista era cremisi come la sua veste vaporosa; ma cercò di buttarla in scherzo. — Oh, ha detto che ormai non ero più Custode ed ero libera di dare sfogo alla passione irresistibile che lui è convinto di suscitare in ogni cuore femminile.

— Avrei dovuto usarlo come straccio per lucidare il pavimento — replicò Andrew.

Lei scosse la testa. — No, no, io credo che abbia bevuto più di quanto può sopportare. E è un parente, dopotutto. Non è improbabile che sia figlio di mio padre.

Andrew, in effetti, l’aveva immaginato quando aveva visto Domenic e Dezi fianco a fianco. — Ma è possibile che tratti così una ragazza, se la crede sua sorella?

— Sorellastra — precisò Callista. — E tra le colline, sorellastre e fratellastri possono giacere insieme, se vogliono, e perfino sposarsi, sebbene si ritenga preferibile che non mettano al mondo figli. E a un matrimonio è logico aspettarsi scherzi pesanti: quindi, quello che ha fatto è solo scortese, non scandaloso. Io sono troppo sensibile, e lui, in fin dei conti, è molto giovane.

Era ancora scossa e turbata, e Andrew pensò di nuovo che avrebbe dovuto prendere quel ragazzo e usarlo per lucidare il pavimento; poi, troppo tardi, si chiese se non era stato duro con lui più del necessario. Non era il primo adolescente che beveva troppo e si rendeva importuno.

Parlò gentilmente, guardando il volto stanco e teso di Callista. — Presto sarà finita, amore.

— Lo so. — Callista esitò. — Sai… La consuetudine…

— Me l’ha detto Damon — replicò lui sarcastico. — Ci metteranno a letto insieme, tra una quantità di battute oscene.

Lei annuì, arrossendo. — Dicono che ciò incoraggi a generare un figlio: e in questa parte del mondo, come puoi immaginare, per una giovane coppia è una cosa molto importante. Perciò dobbiamo semplicemente… far buon viso a cattivo gioco. — Gli lanciò un’occhiata, arrossendo, e disse: — Mi dispiace. So che peggiorerà le cose…

Andrew scosse la testa. — Non credo — fece, sorridendo. — Anzi, una cosa del genere tenderebbe piuttosto a scoraggiarmi. — Scorse di nuovo il lampo di rimorso sul volto di lei, e provò l’impulso di consolarla, di rassicurarla.

— Ascolta — disse gentilmente, — pensa a questo: lascia che si divertano. Ma noi possiamo fare ciò che vogliamo, e sarà il nostro segreto, come è giusto. A suo tempo. Perciò possiamo metterci tranquilli e ignorare queste stupidaggini.

Callista sospirò e gli sorrise. Disse, a bassa voce: — Se pensi davvero così…

— Sì, amore.

— Ne sono lieta — disse lei, in un bisbiglio. — Guarda, le ragazze stanno trascinando via Ellemir. — E aggiunse prontamente, vedendo l’espressione sgomenta di lui: — No, non le fanno del male: è usanza che la sposa debba lottare un po’. Deriva dai tempi in cui le ragazze venivano sposate senza il loro consenso, ma ora è soltanto uno scherzo. Vedi? I servitori di mio padre l’hanno portato via, e anche Leonie si ritirerà, così i giovani potranno fare tutto il chiasso che vogliono.

Ma Leonie non si ritirò: venne accanto a loro, silenziosa e cupa nelle vesti cremisi.

— Callista, figliola, vuoi che rimanga? Forse in mia presenza gli scherzi saranno un po’ meno indecorosi.

Andrew sentiva che Callista lo desiderava: ma lei sorrise e sfiorò la mano di Leonie, lievemente, come usava tra telepati. — Ti ringrazio, parente. Ma io… non devo cominciare privandoli del divertimento. Nessuna sposa è mai morta d’imbarazzo, e sono sicura che non sarò io la prima. — E Andrew, guardandola, si fece forza per sopportare senza proteste gli scherzi volgari ideati per una Custode che rinunciava alla verginità, e ricordò la ragazza coraggiosa che aveva scherzato perfino quando era prigioniera, sola e terrorizzata, nelle grotte di Corresanti.

È per questo che l’amo tanto, pensò.

Leonie disse, gentilmente: — Allora come vuoi, cara. Abbiti la mia benedizione. — Fece un inchino a entrambi, con aria grave, e se ne andò.

Come se, allontanandosi, avesse aperto le chiuse, una marea di giovani — uomini e donne — si avventò verso di loro.

— Callista, Ann’dra, qui perdete tempo: la notte sta passando. Non avete niente di meglio da fare, stanotte, che parlare?

Andrew vide Damon trascinato via da Dezi. Poi Domenic lo prese per mano e l’allontanò da Callista: vide le ragazze che la circondavano e gliela nascondevano. Una di loro gridò: — Te la prepariamo, Ann’dra, così non dovrai contaminare le sue sacre vesti!

— Venite! — gridò Domenic, allegrissimo. — Questi preferirebbero restare qui a bere tutta la notte, sono sicuro, ma adesso devono fare il loro dovere. Non si deve far attendere una sposa.

Andrew e Damon furono trascinati su per la scala, e spinti nel soggiorno dell’appartamento che avevano fatto preparare quel mattino. — Attenti a non confonderle, adesso — gridò con voce ebbra la guardia Caradoc. — Quando le spose sono gemelle, come fa un marito, soprattutto se è ubriaco, a capire se giace fra le braccia della donna giusta?

— E che differenza fa? — chiese un giovane. — Tocca a loro arrangiarsi, no? E quando la lampada è spenta, una donna è uguale all’altra. Se confondono la mano sinistra con la destra, che differenza fa?

— Cominceremo con Damon. Ha perso tanto tempo che adesso deve affrettarsi a fare il suo dovere verso il clan — disse allegramente Domenic. Damon venne spogliato rapidamente e avviluppato in una lunga vestaglia. La porta della stanza da letto fu aperta cerimoniosamente, e Andrew intravide Ellemir, in una camicia sottilissima di seta di ragno, con i capelli di rame sciolti sul seno. Era rossa in faccia e rideva irrefrenabilmente, ma Andrew sentiva che era sul punto di scoppiare in singhiozzi isterici. Basta, pensò. Era troppo. Tutti dovevano uscire e lasciarli in pace.

— Damon — disse solennemente Domenic, — ti ho fatto un dono.

Andrew notò, con un senso di sollievo, che Damon era abbastanza ubriaco da essere di buonumore. — Sei molto gentile, cognato. Dov’è?

— Ti ho preparato un calendario, con i giorni e le lune. Se farai il tuo dovere questa notte, vedi, ho segnato in cremisi il giorno in cui nascerà il tuo primo figlio!

Damon era rosso in faccia per lo sforzo di reprimere le risa. Andrew vedeva benissimo che avrebbe preferito gettare il calendario in faccia a Domenic; tuttavia l’accettò, e lasciò che l’aiutassero cerimoniosamente a mettersi a letto a fianco di Ellemir. Domenic disse a Ellemir qualcosa che l’indusse a chinarsi e a nascondere la faccia tra le lenzuola; poi guidò i presenti alla porta, con burlesca solennità.

— E adesso, per poter passare la notte a bere tranquillamente, senza essere disturbati da quello che accadrà dietro queste porte, ho un altro dono per la coppia felice. Metterò uno smorzatore telepatico all’interno della stanza…

Damon si levò a sedere sul letto e scagliò un cuscino contro Domenic, perdendo finalmente la pazienza. — Adesso basta! — urlò. — Andatevene all’inferno e lasciateci in pace!

Come se non aspettassero altro (e forse era così), uomini e donne si affrettarono a ritirarsi verso la porta. — Damon — protestò Domenic, con aria di riprovazione, — non puoi frenare la tua impazienza ancora per un poco? Mia povera sorellina, in balìa di una fretta così indecorosa! — Ma chiuse la porta, e Andrew sentì Damon accostarsi per sbarrarla. Almeno c’era un limite agli scherzi, e adesso Damon e Ellemir erano soli.

Ma ora toccava a lui. C’era solo un aspetto positivo, in quella storia, pensò rabbiosamente. Prima che quegli ubriachi avessero finito i loro scherzi, lui sarebbe stato troppo stanco — e troppo furioso — per fare altro che dormire.

Lo spinsero nella stanza dove Callista attendeva, circondata dalle amiche di Ellemir, dalle loro ancelle, dalle giovani nobildonne della campagna circostante. Le avevano tolto la veste cremisi, le avevano fatto indossare una camicia trasparente come quella di Ellemir e le avevano sciolto i capelli sulle spalle nude. Callista alzò lo sguardo verso di lui, e per un momento Andrew ebbe la sensazione che fosse molto più giovane di Ellemir: giovane, smarrita, vulnerabile.