Выбрать главу

Erano quattordici uomini in tutto. Damon li esaminò prontamente, uno dopo l’altro, separando in fretta dagli altri quelli che presentavano solo casi di congelamento limitato, alle dita dei piedi e delle mani e alle guance. Andrew stava aiutando i servitori a portar loro bevande calde e minestre bollenti. Damon ordinò: — Non date loro vino o liquori se non quando sarò sicuro delle loro condizioni. — Separò gli uomini meno gravi e disse al vecchio Rhodri, il maggiordomo di sala: — Conducili nella sala bassa, e chiama qualche donna ad aiutarli. Lavategli bene i piedi con acqua calda e sapone e… — Si rivolse a Ferrika: — Hai estratto di fogliaspina bianca?

— Ce n’è un po’ nella distilleria, nobile Damon: lo chiederò a dama Callista.

— Ungi loro i piedi con quello, e poi fasciali. Tienili al caldo, e dagli minestra calda e tè a volontà, ma niente bevande alcoliche di nessun genere.

Andrew l’interruppe. — E appena qualcuno dei nostri potrà uscire, dovremo mandare ad avvertire le loro donne che sono sani e salvi.

Damon annuì, rendendosi conto che quella era la prima cosa che avrebbero dovuto ricordare. — Ci pensi tu, fratello, ti dispiace? Io devo curare questi poveretti. — Mentre Rhodri e gli altri servitori conducevano gli uomini meno gravi nella sala bassa, si rivolse a quelli che erano rimasti, e che avevano le mani e i piedi congelati.

— Cos’hai fatto per loro, Ferrika?

— Ancora niente, nobile Damon: aspettavo il tuo consiglio. Non ho mai visto una cosa simile, in tanti anni.

Damon annuì, incupendosi. Una gelata come quella, quando lui era un bambino e abitava presso Corresanti, aveva fatto perdere agli uomini del villaggio le dita dei piedi e delle mani, a causa del congelamento. Altri erano morti d’infezioni o di cancrena. — Tu cosa faresti?

Ferrika rispose, esitante: — Non è la cura abituale, ma io immergerei i loro piedi nell’acqua, appena un po’ più calda della temperatura del sangue. Ho già proibito agli uomini di massaggiarsi i piedi, per paura che si stacchi la pelle. Il congelamento è profondo. Saranno fortunati se non perderanno altro che quella. — Un po’ incoraggiata nel vedere che Damon non protestava, aggiunse: — E farei impacchi caldi in tutto il corpo per riattivare la circolazione.

Damon annuì: — Dove l’hai imparato? Temevo di doverti proibire di ricorrere ai vecchi rimedi popolari, che fanno più male che bene. Questa è la cura usata a Nevarsin, e ho dovuto insistere e lottare per farla adottare per le Guardie, a Thendara.

La donna rispose: — Sono stata istruita nella Casa della Corporazione delle Amazzoni ad Arilinn, nobile Damon: là preparano le levatrici per tutti i dominii, e sono esperte di cure e ferite.

Dom Esteban aggrottò la fronte. — Stupidaggini femminili! Quando ero ragazzo c’insegnavano che non bisogna scaldare un arto congelato ma massaggiarlo con la neve.

— Sì — fece l’uomo dai piedi gonfi. — Ho detto a Narron di massaggiarmi i piedi con la neve. Quando a mio nonno si erano congelati i piedi, sotto il regno di Marius Hastur…

— L’ho conosciuto, tuo nonno — l’interruppe Damon. — Ha camminato con due bastoni per tutto il resto della vita, e mi sembra che il tuo amico abbia cercato di assicurarti la stessa sorte, ragazzo mio. Fidati di me, e farò di meglio. — Si rivolse a Ferrika e disse: — Prova con gli impacchi, non solo con l’acqua calda: fogliaspina nera, molto forte. Attirerà il sangue negli arti e poi al cuore. E dagliene anche un po’ nel tè, per attivare la circolazione. — Si girò di nuovo verso l’uomo e gli disse, in tono incoraggiante: — Questa cura viene usata a Nevarsin, dove il tempo è peggiore che qui, e i monaci dicono di aver salvato uomini che altrimenti sarebbero rimasti zoppi per tutta la vita.

— Tu non puoi aiutarci, nobile Damon? — implorò Raimon; e Damon, guardandogli i piedi bluastri, scosse il capo. — Non lo so, ragazzo, davvero. Farò tutto il possibile, ma è la cosa peggiore che abbia mai visto. È doloroso, ma…

— Doloroso! — Gli occhi dell’uomo si accesero di sofferenza e di furia. — Non sai dire altro, vai dom? Non significa nient’altro, per te? Non sai cosa significa per noi, soprattutto quest’anno? Non c’è una casa, a Adereis o Corresanti, che non abbia perso un uomo o anche due o tre per colpa di quei maledetti uomini-felini, e l’anno scorso il grano è rimasto a marcire nei campi senza che nessuno lo raccogliesse, e tra queste colline si è già alla fame! E adesso più di una decina di uomini robusti resteranno immobilizzati, sicuramente per mesi, e forse non potranno più camminare, e tu sai dire solo «È doloroso». — Rabbiosamente, nel pesante dialetto, imitò la voce di Damon.

— È tutto a posto per quelli come te, vai dom: voi non soffrirete la fame, qualunque cosa succeda. Ma mia moglie, i miei bambini? E la moglie di mio fratello e i suoi piccini, che ho preso in casa quando mio fratello è impazzito e si è ucciso nelle Terre Tenebrose, e quei gatti d’inferno si sono presi la sua anima? E la mia vecchia madre? E suo fratello, che ha perso un occhio e una gamba nella battaglia di Corresanti? Ci sono pochi uomini validi, nei villaggi, e anche le bambine e le vecchie lavorano nei campi: sono troppo pochi per provvedere al raccolto e badare alle bestie e perfino per abbacchiare le noci prima che la neve seppellisca tutto, e adesso metà degli uomini validi di due villaggi sono qui con le mani e i piedi congelati, forse azzoppati per tutta la vita… «Doloroso»!

Gli tremava la voce per la rabbia e la sofferenza, e Damon chiuse gli occhi sgomento. Era troppo facile, dimenticare. La guerra non finiva, dunque, quando c’era la pace? Lui sapeva uccidere i comuni nemici, o condurre contro di loro uomini armati; ma contro i nemici più grandi — la fame, le malattie, il maltempo, la perdita di uomini validi — era impotente.

— Io non posso comandare al clima, amico mio. Cosa vorresti che facessi?

— C’era un tempo (così mi raccontava mio nonno) in cui i Comyn, quelli delle Torri, le incantatrici e i maghi, sapevano usare le pietre delle stelle per guarire le ferite. Eduin — (l’uomo indicò la guardia al fianco di Dom Esteban) — ti ha visto guarire Caradoc perché non morisse dissanguato, quando la spada di un uomo-felino gli ha tagliato la gamba fino all’osso. Non puoi fare qualcosa anche per noi, vai dom?

Istintivamente, Damon strinse le dita sul sacchettino di pelle che portava al collo e che conteneva il cristallo-matrice ricevuto ad Arilinn, quando era apprendista tecnico psi. Sì, poteva fare qualcosa. Ma da quando era stato allontanato dalla Torre… Si sentì stringere la gola per la paura e la ripugnanza. Era pericoloso e terribile anche solo pensare di fare qualcosa del genere fuori dalla Torre, senza la protezione del Velo elettromagnetico che difendeva i tecnici della matrice da pensieri e minacce provenienti dall’esterno…

Eppure l’alternativa era la morte e l’invalidità per quegli uomini, sofferenze indescrivibili, fame e carestia per i villaggi.

Disse (e sapeva che la sua voce tremava): — È passato tanto tempo, non so se posso fare ancora qualcosa. Zio…?

Dom Esteban scosse la testa. — Non ho mai posseduto simili facoltà, Damon. Il poco tempo che ho trascorso là l’ho dedicato a lavorare ai collegamenti e alle comunicazioni. Avevo pensato che quasi tutte le facoltà terapeutiche fossero andate perdute nelle epoche del caos.

Anche Damon scosse il capo. — No, alcune venivano insegnate ad Arilinn ancora quando c’ero io. Ma da solo non posso far molto.

Raimon disse: — Domna Callista. Lei era una leronis…

Anche questo era vero. Damon replicò, sforzandosi di dominare la voce: — Vedrò cosa posso fare. Per il momento, l’importante è vedere fino a che punto si può ristabilire la circolazione con mezzi naturali. Ferrika — disse alla giovane donna, che era tornata portando boccette e bottiglie di unguenti ed estratti d’erbe, — per ora lascio gli uomini alle tue cure. Dama Callista è ancora di sopra con mia moglie?