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— È nella distilleria, vai dom: mi ha aiutata a trovare questa roba.

La distilleria era in un piccolo corridoio dietro la cucina: una stanza stretta, col pavimento di pietra e piena di scaffali. Callista, con i capelli avvolti in uno sbiadito fazzoletto azzurro, stava dividendo mazzetti di erbe secche. Ce n’erano altri, appesi alle travi o nelle bottiglie e nei barattoli. Damon arricciò il naso nel sentire l’acuto odore aromatico, mentre Callista si voltava verso di lui.

— Ferrika mi ha detto che ci sono dei casi gravi di congelamento. Vuoi che venga a fare gli impacchi caldi?

— Puoi fare qualcosa di meglio — disse Damon, posando la mano, in un gesto involontario, sulla matrice isolata. — Dovrò operare la rigenerazione delle cellule, con i più gravi, altrimenti io e Ferrika saremo costretti ad amputare dita delle mani e dei piedi, o anche peggio. Ma non posso farlo da solo: tu devi aiutarmi.

— Sicuro — disse Callista, e si portò automaticamente le mani alla matrice che aveva al collo. Stava già rimettendo i barattoli sugli scaffali. Poi si voltò… e s?immobilizzò, sbarrando gli occhi per il panico.

— Damon, non posso! — Restò sulla soglia, tesa: in parte già pronta per l’azione, in parte agghiacciata al ricordo delle circostanze.

— Sono stata sciolta dal giuramento! Mi è proibito farlo!

Damon la guardò, sbigottito, senza capire. Avrebbe compreso se Ellemir, che non aveva mai vissuto in una Torre e ne sapeva poco più di una persona comune, avesse parlato di quella vecchia superstizione. Ma Callista era stata Custode!

— Breda — le disse dolcemente, sfiorandole la manica nel tocco lievissimo in uso tra gli abitanti di Arilinn, — non ti chiedo un’azione da Custode. So che non puoi più entrare nei grandi relè e nei cerchi di energon: possono farlo solo quelle che vivono isolate e proteggono il loro potere nella clausura. Ti chiedo un semplice controllo, un lavoro che potrebbe compiere qualunque donna non vincolata dalle leggi delle Custodi. Lo chiederei a Ellemir: ma è incinta, e non sarebbe una cosa prudente. Certo tu sai di non aver perso quella facoltà: non la perderai mai.

Lei scosse il capo, ostinatamente. — Non posso, Damon. Tu sai che questo rafforzerebbe le vecchie abitudini, i vecchi… i vecchi modelli di comportamento che devo spezzare. — Restò immobile, bellissima, fiera, incollerita, e Damon maledisse tra sé i superstiziosi tabù che aveva assimilato. Come poteva credere a quelle assurdità? Disse, rabbiosamente: — Ti rendi conto di quello che c’è in gioco, Callista? Sai a quali sofferenze condanni questi uomini?

— Io non sono l’unica telepate di Armida! — ribatté Callista. — Ho sacrificato anni della mia vita, ma adesso basta! Credevo che tu, più di chiunque altro, l’avresti capito!

— Capito! — Damon si sentì invadere dalla rabbia e dalla frustrazione. — Ho capito che sei un’egoista! Hai intenzione di passare il resto della vita contando i buchi delle tovaglie e preparando le spezie per il pane d’erbe? Tu, che eri Callista di Arilinn?

— No! — Lei rabbrividì come se l’avesse percossa. Il suo volto era contratto dalla sofferenza. — Cosa stai cercando di farmi, Damon? Ho compiuto la mia scelta, e non potrei tornare indietro neppure se lo volessi! La mia scelta è fatta, per il meglio o per il peggio! Tu credi… — La voce le si spezzò: gli voltò le spalle perché non la vedesse piangere. — Tu credi che non mi sia chiesta, tante e tante volte, cos’ho fatto? — Si nascose la faccia tra le mani, con un gemito disperato. Non poteva più parlare, non poteva neppure alzare la testa, scossa dall’angoscia terribile che la dilaniava. Damon percepì la sofferenza che minacciava di sopraffarla, e che lei teneva a freno con uno sforzo disperato:

Tu e Ellemir avete la vostra felicità, e lei porta già in grembo tuo figlio. Ma io e Andrew, io e Andrew… Non sono mai stata capace neppure di baciarlo, di giacere tra le sue braccia, di conoscere il suo amore…

Damon si voltò, ciecamente, e uscì dalla distilleria, seguito dai singulti di Callista. La distanza non faceva nessuna differenza: la sua angoscia era con lui, dentro di lui. Se ne sentiva straziato, lottava per rafforzare le barriere, per escludere la disperata consapevolezza della sofferenza di lei. Damon era un Ridenow, ed era empatico, e le emozioni di Callista lo colpivano così profondamente che per qualche istante, accecato dal dolore di lei, avanzò brancolando nel corridoio, senza sapere dov’era e dove stava andando.

Beata Cassilda, pensò, sapevo che Callista era infelice, ma non avevo idea che fosse così… I tabù che circondano una Custode sono troppo forti, e lei è cresciuta sentendo parlare continuamente delle punizioni terribili per la Custode che infrange il voto… Non posso, non posso chiederle niente che prolunghi la sua sofferenza anche di un giorno soltanto…

Dopo un po’ riuscì a interrompere il contatto, a ritrarsi in se stesso — o forse Callista aveva ristabilito l’autodominio — e a sperare, contro ogni logica, che l’angoscia di lei non avesse raggiunto Ellemir. Poi cominciò a chiedersi quali alternative aveva. Andrew? Il terrestre non era addestrato, ma era un telepate potentissimo. E Dezi… Anche se era stato allontanato da Arilinn dopo un paio di stagioni, doveva conoscere le tecniche fondamentali.

Ellemir era scesa e stava aiutando Dezi a lavare e fasciare i piedi agli uomini meno malridotti, nella sala bassa. Gli uomini gemevano e gridavano per il dolore via via che la circolazione si ristabiliva negli arti congelati: ma sebbene soffrissero terribilmente, Damon sapeva che erano assai meno gravi degli altri.

Uno alzò la testa verso di lui, con la faccia stravolta, e implorò: — Non possiamo neppure bere qualcosa, nobile Damon? Non ci guarirebbe i piedi, ma calmerebbe di sicuro il dolore.

— Mi dispiace — disse Damon. — Puoi avere tutta la minestra o il cibo caldo che vuoi, ma niente vino o liquori: rovinano la circolazione. Tra un po’, Ferrika vi porterà qualcosa per attenuare i dolori e farvi dormire. — Ma sarebbe occorso ben di più per aiutare gli altri uomini, quelli con i piedi gravemente congelati. — Devo tornare a occuparmi dei vostri compagni, quelli ridotti peggio. Dezi…

Il ragazzo dai capelli rossi alzò la testa, e Damon gli disse: — Quando avrai finito di curare quegli uomini, vieni da me, per piacere.

Dezi annuì, e si chinò sull’uomo al quale stava spalmando sui piedi un unguento dall’odore fortissimo. Damon notò che aveva le mani agili e lavorava in fretta, abilmente. Si fermò accanto a Ellemir, che stava fasciando la mano congelata di un uomo, e le disse: — Non affaticarti troppo, tesoro.

Lei gli rivolse un sorriso gaio e fuggevole. — Oh, io sto male solo alla mattina presto. Dopo, a quest’ora, sto benone! Damon, puoi fare qualcosa per quei poveracci là dentro? Darrill e Piedro e Raimon giocavano con me e Callista quando eravamo bambini, e Raimon è fratello adottivo di Domenic.

— Non lo sapevo — disse Damon, un po’ turbato. — Farò per loro tutto quello che posso, amore.

Tornò da Ferrika, che stava curando gli uomini più malconci, e l’aiutò a fasciarli, somministrando loro medicine per attenuare il dolore. Ma questo, lo sapeva, era solo l’inizio. Senz’altro aiuto che Ferrika e le sue medicine a base di erbe, quelli sarebbero morti o rimasti invalidi per tutta la vita. Nel migliore dei casi avrebbero perso le dita delle mani e dei piedi, restando immobilizzati per mesi.

Callista aveva ritrovato il suo freddo autodominio, e stava lavorando insieme a Ferrika per sistemare gli impacchi caldi. Ristabilire la circolazione era l’unico modo per salvare i piedi almeno in parte; e se si poteva restituire la sensibilità agli arti, sarebbe stata una vittoria. Damon la guardava con remota tristezza, senza biasimo. Perfino per lui era difficile vincere l’inquietudine alla prospettiva di dover tornare a lavorare con la matrice.