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Damon annuì, ridendo. — Basta così — disse. — Sei capace di controllare. — In nome di Aldones, perché avevano lasciato che Dezi se ne andasse? Era un telepate eccezionale. Dopo tre anni di preparazione ad Arilinn, sarebbe stato all’altezza dei migliori specialisti dei domimi! Dezi captò quel pensiero e sorrise, e ancora una volta Damon provò un momento d’inquietudine. Non era stato per mancanza di competenza o di sicurezza. Era stata la sua vanità, allora?

Oppure si era trattato soltanto di uno scontro di personalità? Qualcuno, ad Arilinn, non era stato disposto a lavorare con quel ragazzo? I cerchi delle Torri erano così intimi — un legame più stretto di quello tra amanti o parenti — che la minima dissonanza emotiva poteva diventare una tortura. Damon sapeva che la personalità di Dezi poteva essere irritante (era giovane, suscettibile, facile a offendersi): quindi, forse, era capitato nel momento meno opportuno, in un gruppo già così legato che non poteva adattarsi a un estraneo, e non c’era stato un bisogno così grande di un nuovo collaboratore da indurre gli altri a impegnarsi per riuscirci.

Forse non era stata colpa di Dezi, pensò Damon. Forse, se questa volta avesse dato buona prova di sé, un’altra Torre l’avrebbe accettato. C’era un bisogno disperato di forti telepati naturali: e Dezi era dotato, troppo dotato per sprecarlo. Vide un sorriso soddisfatto, e comprese che Dezi aveva captato il suo pensiero: ma ciò non aveva importanza. Un fuggevole pensiero di riprovazione — cioè che la vanità era un grave difetto per un tecnico delle matrici — gli parve sufficiente: Dezi avrebbe captato anche quello.

— Sta bene — disse. — Tenteremo. Non c’è tempo da perdere. Credi di poter lavorare con me e Andrew?

Dezi ribatté, incupendosi: — Andrew non ha simpatia per me.

— Fai troppo presto a credere che la gente non abbia simpatia per te — lo rimproverò gentilmente Damon, pensando che per Dezi era già abbastanza doloroso sapere che lui l’aveva scelto a causa del rifiuto di Callista. Ma non poteva rivelare l’angoscia di Callista. E Ellemir non doveva neppure tentare, all’inizio della gravidanza. La gravidanza era più o meno l’unica cosa che poteva menomare seriamente le capacità di un’operatrice delle matrici, con i pericoli che comportava per il nascituro. E negli ultimi giorni, collegandosi con Ellemir, Damon aveva incominciato a captare le prime fievoli emanazioni del cervello in fase di sviluppo, ancora informe e tuttavia presente, reale, sufficiente a fare del piccolo un’entità distinta e separata.

Pensò che avrebbe dovuto esserci un modo per controbilanciare anche questo, per proteggere il bambino. Ma non lo conosceva, e non aveva intenzione di fare esperimenti con suo figlio. Quindi toccava a lui, a Andrew e a Dezi.

Poco più tardi, quando Damon gliene parlò, Andrew aggrottò la fronte e disse: — Non mi entusiasma troppo, l’idea di lavorare con Dezi. — Ma di fronte alle rimostranze di Damon ammise che era indegno di un adulto serbare rancore a un ragazzo, un adolescente che — senza il minimo dubbio — era ubriaco nel momento in cui l’aveva offeso.

— E Dezi è immaturo, per la sua età — osservò Damon. — Se fosse stato riconosciuto nedestro, avrebbe sempre avuto responsabilità pari ai privilegi. Un anno o due nei Cadetti l’avrebbero cambiato, oppure un anno dell’austera disciplina monacale di Nevarsin. È colpa nostra, non di Dezi, se è diventato così.

Andrew non protestò più; ma si sentiva ancora inquieto. Di chiunque fosse la colpa se Dezi aveva difetti di carattere, non riteneva opportuno lavorare con lui.

Ma Damon, senza dubbio, sapeva il fatto suo. Andrew lo guardò mentre effettuava i preparativi, ricordando la prima volta che gli era stato insegnato a usare una matrice. Callista aveva partecipato a quel collegamento mentale, sebbene fosse ancora prigioniera nella caverna e lui non l’avesse mai vista con i suoi occhi. E adesso lei non era più Custode, ed era sua moglie…

Damon tenne la matrice raccolta nel cavo delle mani, e infine disse, con un sorriso ironico: — Ho sempre avuto paura all’idea di farlo all’esterno di una Torre. Temo sempre che sia pericoloso. È una paura assurda, forse, ma molto autentica.

Dezi replicò, gentilmente: — Sono contento che anche tu abbia paura. Mi fa piacere, sapere che non sono il solo ad averne.

Damon disse, con voce tremante: — Credo che chi non teme di usare questo tipo di forza non debba possederla. Le forze sono state usate in modo così atroce, durante le epoche del caos, che Regis Hastur IV ha decretato che in futuro nessun cerchio delle matrici potesse usare i grandi schermi e relè al di fuori delle Torri. La legge non è stata varata per operazioni come questa, ma c’è ancora la sensazione di… di violare un tabù. — Si girò verso Andrew e disse: — Come curano il congelamento, nel tuo mondo?

Andrew rispose, pensieroso: — La cura migliore è di iniettare per via arteriosa stimolanti nervini: acetilcolina o qualcosa del genere. Magari anche le trasfusioni: ma la medicina non è il mio campo.

Damon sospirò. — Mi sembra di essere stato costretto a compiere questo lavoro più spesso di quanto ne avessi avuto intenzione. Bene, cominciamo. — Affondò la mente nella matrice, protendendosi per stabilire il contatto con Andrew. Si erano già collegati altre volte, e la comunicazione si ristabilì senza difficoltà. Per un momento ci fu un tocco lievissimo da parte di Ellemir, come il vago ricordo di un bacio; poi lei si ritrasse delicatamente dal contatto, all’ammonimento di Damon: doveva aver cura di se stessa e della loro creatura. Per un istante anche Callista aleggiò, in tono frammentario, e Andrew si aggrappò a quel contatto. Da tanto tempo, lei non gli toccava neppure una mano, e adesso erano collegati, di nuovo vicini… Poi, con uno scatto brusco, lei spezzò il vincolo e si allontanò. Senza il tocco della mente di lei, Andrew si sentì freddo e svuotato, e provò una fitta d’angoscia. Per un momento si consolò pensando che Dezi non era ancora collegato. Poi Damon protese la mente, e Andrew sentì anche Dezi: era barricato e tuttavia presente, una forza serena e salda, come una stretta di mano.

Il triplice legame durò un momento, mentre Damon percepiva i due uomini con i quali doveva lavorare. A occhi chiusi, come sempre in un cerchio, vide dietro di loro l’azzurra struttura cristallina delle gemme-matrici che li tenevano collegati, amplificando e irradiando le risonanze elettroniche individuali dei loro cervelli, e oltre queste la loro realtà puramente soggettiva. Andrew era forte e saldo come una roccia, protettivo, e con un sorriso di sollievo Damon si rese conto che la sua mancanza di forza non contava: l’altro ne aveva per tutti e due. Dezi era una precisione svelta e sfrecciante, una coscienza che guizzava qua e là come i riflessi di luce di un prisma. Damon aprì gli occhi e li vide entrambi: era difficile riconciliare la presenza fisica con la sensazione mentale all’interno della matrice.

Dezi, fisicamente, sembrava l’immagine di Coryn, il suo fratello giurato, l’amico morto da molto tempo. Per la prima volta, Damon si chiese in che misura il suo amore per Ellemir nasceva dal ricordo del fratello-amico che aveva amato tanto profondamente quando erano bambini, e la cui morte l’aveva lasciato solo. Ellemir era come Coryn, e tuttavia era diversa, assolutamente se stessa… Interruppe quel pensiero. Non doveva pensare a Ellemir in quel collegamento, altrimenti l’avrebbe raggiunta per via telepatica: quello stretto vincolo, quel flusso di energon, poteva sopraffare e deformare lo sviluppo del bambino. Prontamente, riprendendo il contatto con Dezi e Andrew, cominciò a visualizzare — a creare sul livello di pensiero in cui avrebbero lavorato — un muro solido, inespugnabile, intorno a loro, in modo che nessun altro, ad Armida, subisse l’influenza delle loro menti.