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Damon aprì l’involto dei viveri che Callista aveva preparato per il viaggio, e scoppiò a ridere. — Callista dice, per scusarsi, che s’intende poco del governo di una casa. Ma siamo fortunati, perché non ha ancora imparato quali sono i viveri adatti per i viaggiatori! — C’erano un pollo arrosto freddo, che Damon divise con il coltello, e una pagnotta che conservava ancora un po’ del calore del forno. Andrew non immaginava perché l’altro stesse ridendo. Disse: — Non capisco cosa ci sia di tanto divertente. Callista mi ha chiesto cos’avrei voluto mangiare durante una lunga cavalcata, e io gliel’ho detto.

Ridendo, Damon porse a Andrew una generosa razione di carne. Era fragrante di spezie che il terrestre non aveva ancora imparato a riconoscere. — Non so perché (per consuetudine, credo), le provviste che toccano ai viaggiatori sono pane duro, carne secca, frutta secca e noci, e roba del genere. — Guardò Andrew che affettava il pane, confezionando un sandwich con la carne arrosto. — Dev’essere buono. Proverò anch’io. E… meraviglia delle meraviglie, Callista ci ha dato anche mele fresche. Bene, bene! — Ridendo, addentò soddisfatto la coscia del pollo arrosto. — Non mi sarebbe mai venuto in mente di contestare il vitto dei viaggiatori, e Elli non avrebbe mai pensato di chiedermi cosa volevo! Forse, sul nostro mondo, qualche idea nuova può tornare comoda.

Si calmò, immergendosi nei propri pensieri, mentre guardava Andrew mangiare il pane e la carne. Anche lui aveva avuto pensieri eretici, a proposito del lavoro con le matrici, fuori dalle Torri. Doveva esserci una soluzione. Ma sapeva che se ne avesse parlato a Leonie lei sarebbe inorridita, come se fossero ancora i tempi di Regis IV.

Naturalmente Leonie sapeva che lui si era servito di una matrice. Tutte le matrici autorizzate e sintonizzate su un telepate Comyn venivano controllate dai grandi schermi della Torre di Arilinn. Potevano averlo identificato dalla sua matrice; e anche Dezi, e forse addirittura Andrew, sebbene Damon non ne fosse sicuro.

Ammesso che qualcuno stesse osservando. C’erano pochi telepati disponibili per compiti non essenziali, come sorvegliare gli schermi delle matrici, e probabilmente nessuno se n’era accorto. Ma gli schermi c’erano, e ogni matrice di Darkover era legalmente soggetta al controllo. Era possibile seguire perfino quelli come Domenic, che erano stati sottoposti alla prova del laran e avevano ricevuto una matrice ma non l’avevano mai usata.

Quella era un’altra ragione per cui Damon pensava che non avrebbe dovuto rinunciare a un telepate come Dezi. Anche se la sua personalità non s’integrava nell’intimità di un cerchio (e Damon era disposto ad ammettere che non doveva essere facile coesistere con Dezi), si sarebbe potuto utilizzarlo per sorvegliare gli schermi.

Pensò, ironicamente, che quel giorno era pieno di pensieri eretici. Chi era, lui, per mettere in discussione le decisioni di Leonie di Arilinn?

Finì la coscia del pollo arrosto, osservando pensoso il terrestre. Andrew stava mangiando una mela, e fissava assorto la distante catena di colline.

È mio amico. Eppure è venuto qui da una stella tanto lontana che non posso vederla nel cielo, di notte. Ma il fatto stesso che ci siano altri pianeti come il nostro, in tutto l’universo, cambierà il nostro mondo.

Guardò le colline lontane e pensò: Io non voglio che il nostro mondo cambi. Poi rise amaramente di se stesso. Se ne stava lì a pianificare un modo per alterare l’uso delle matrici su Darkover, a pensare a una riforma del sistema delle antiche Torri che custodivano le vecchie scienze delle matrici, le custodivano nei modi collaudati, decisi tante generazioni prima.

Disse: — Andrew, perché sei qui? Su Darkover?

Andrew scrollò le spalle. — Sono finito qui per caso. Era un lavoro come un altro. Poi un giorno ho conosciuto Callista… ed eccomi qui.

— Non è questo, che intendevo. Perché la tua gente è qui? Cosa vuole la Terra dal nostro mondo? Non è ricco, non c’è niente da sfruttare. So abbastanza del vostro impero per sapere che quasi tutti i mondi colonizzati hanno qualcosa da dare. Perché Darkover? Il nostro è un mondo con pochi metalli pesanti, un mondo isolato con un clima che la tua gente, mi sembra di capire, giudica inospitale. Cosa vogliono i terrestri da noi?

Andrew intrecciò le mani intorno alle ginocchia, e disse: — Sul mio mondo c’è una vecchia storiella. Un tale chiede a un esploratore perché ha deciso di scalare una montagna, e quello si limita a rispondere: «Perché c’è!».

— Non mi sembra una ragione sufficiente per costruire un astroporto — replicò Damon.

— Non capisco. Diavolo, Damon, io non sono un costruttore d’imperi. Avrei preferito restare nell’allevamento di cavalli di mio padre. Secondo me, è l’ubicazione. Tu lo sai che la galassia ha la forma di una gigantesca spirale? — Andrew raccolse un fuscello e tracciò uno schizzo sulla neve quasi sciolta. — Questa è la spirale superiore della galassia, e questo è il braccio inferiore: e qui c’è Darkover. È un posto ideale per controllare il traffico e trasbordare i passeggeri, capisci?

— Ma i viaggi dei cittadini dell’impero da un’estremità all’altra dell’impero stesso non significano niente, per noi.

Andrew scrollò le spalle. — Lo so. Sono sicuro che la Centrale Imperiale avrebbe preferito che ci fosse un mondo disabitato, al crocevia, così non avrebbe dovuto preoccuparsi di chi ci viveva. Ma voi siete qui, e siamo qui anche noi. — Scosse la testa vedendo l’espressione di Damon. — Non sono io a decidere la loro politica, Damon. Non sono neppure sicuro di capirla. A me l’hanno spiegata così, ecco tutto.

La risata di Damon era priva di gaiezza. — E io mi sono stupito nel vedere che Callista ci ha dato carne arrosto e mele fresche per il viaggio! I cambiamenti sono relativi, credo. — Notò l’espressione turbata di Andrew e si sforzò di sorridere. Non era colpa del terrestre. — Speriamo che siano tutti cambiamenti in meglio, come il pollo arrosto di Callie! — Si alzò dal tronco e seppellì con cura il torsolo di mela in un mucchietto di neve. Provò un senso d’angoscia. Se le cose fossero andate diversamente, avrebbe potuto piantare quel melo per sua figlia. Andrew, con la strana sensibilità che dimostrava di tanto in tanto, si chinò accanto a lui, in silenzio, per seppellire anche il suo torsolo di mela. Solo quando furono di nuovo in sella disse, gentilmente: — Un giorno, Damon, i nostri figli mangeranno i frutti di questi alberi.

Rimasero lontani da Armida più di tre decine di giorni. A Serrais, ci volle tempo per trovare uomini validi disposti a lasciare i loro villaggi, e magari le loro famiglie, per lavorare quasi un anno nella tenuta di Armida. Eppure non potevano portar via troppi scapoli, altrimenti avrebbero alterato la vita dei villaggi. Damon cercò di trovare le famiglie che avevano legami di sangue o d’azione con le terre di Armida. Erano molte. Poi volle far visita a suo fratello Kieran, e a sua sorella Marisela e ai figli di lei.

Marisela, una giovane donna dolce e grassottella che somigliava a Damon ma che aveva i capelli biondi anziché rossi, si mostrò addolorata alla notizia dell’aborto di Ellemir. Disse, generosamente, che se non avevano più fortuna entro un anno o due Damon avrebbe potuto avere come figlio adottivo uno dei suoi: un’offerta che sorprese Andrew, ma che Damon accolse come se fosse normalissima.