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Dopo la cena, nella grande sala, Dom Esteban disse: — Facciamo un po’ di musica?

— Mando a chiamare Raimon? — domandò Ellemir, e uscì. Andrew chiese a Callista: — Canterai per me?

Callista guardò il padre per avere il permesso. Il vecchio annuì e lei prese la piccola arpa e suonò un paio di accordi.

Perché hai quel sangue sulla mano destra,

Fratello, dimmi, dimmi…

Dezi sbuffò per protestare. Ellemir, ritornando, vide la sua espressione turbata e disse: — Callista, canta qualcosa d’altro! — Quando Andrew la fissò con aria interrogativa, spiegò: — Porta sfortuna, se una sorella canta quella ballata in presenza di un fratello. Narra la storia di un uomo che ha ucciso tutti i parenti tranne una sorella, e lei è costretta a condannarlo al bando.

Dom Esteban fece una smorfia e disse: — Non sono superstizioso, e in questa sala non c’è nessuno dei miei figli maschi. Canta pure, Callista.

Turbata, Callista chinò la testa sull’arpa e proseguì:

Eravamo alla festa, lottavamo per gioco,

Sorella, te lo giuro,

Una furia insensata mi ha invaso,

e li ho uccisi vergognosamente.

Cosa sarà di te adesso, cuore mio,

Fratello, dimmi, dimmi…

Andrew, vedendo gli occhi brucianti di Dezi, provò un senso di pena per lui, per l’insulto gratuito che Dom Esteban gli aveva rivolto. Callista cercò lo sguardo di Dezi, come per scusarsi, ma il ragazzo si alzò e uscì sbattendo la porta delle cucine. Andrew pensò che doveva fare qualcosa, dire qualcosa… ma cosa?

Più tardi Raimon entrò zoppicando e appoggiandosi ai bastoni, e cominciò a suonare un ballabile. La tensione si dileguò, quando gli uomini e le donne della tenuta si affollarono al centro della sala: gli uomini in un cerchio esterno, le donne in uno interno, eseguendo le figure di un ballo che si snodava in circoli e spirali. Uno degli uomini tirò fuori una specie di flauto — uno strumento sconosciuto che, pensò Andrew, faceva un baccano infernale — perché un’altra coppia potesse ballare la danza delle spade. Poi cominciarono a danzare a coppie: Andrew, comunque, notò che quasi tutte le donne più giovani ballavano tra di loro. Callista suonava; Andrew fece un inchino a Ferrika per invitarla.

Più tardi vide Ellemir e Damon ballare insieme: lei gli cingeva il collo con le braccia e lo guardava con occhi ridenti. Quella vita gli ricordò i suoi tentativi di ballare con Callista alla loro festa nuziale, contrariamente all’usanza. Bene, adesso nulla glielo impediva. Andò a cercarla: aveva lasciato l’arpa a un’altra donna e stava ballando con Dezi. Quando si separarono, Andrew si avvicinò e tese le braccia.

Callista sorrise gaiamente e venne verso di lui, ma Dezi si mise in mezzo. Parlò con una voce che non si sarebbe udita a un metro di distanza, ma era impossibile non sentire la malignità beffarda del tono: — Oh, non possiamo ancora lasciarvi ballare insieme, vero?

Callista lasciò ricadere le braccia, e impallidì. Andrew sentì uno spicinio di piatti e di bicchieri rotti, chissà dove, per il violento impatto del grido mentale di lei. Evidentemente tutti i presenti che possedevano un’ombra di facoltà telepatica avevano captato quello sfogo angoscioso. Andrew non stette a riflettere. Sferrò un pugno durissimo alla faccia di Dezi, scagliandolo a terra.

Dezi si rialzò lentamente. Si asciugò il sangue dalle labbra: i suoi occhi sfolgoravano di furia. Poi si avventò verso Andrew, ma Damon l’abbrancò alla vita e lo trattenne a forza.

— Per gli inferni di Zandru, Dezi! — sibilò. — Sei impazzito? Sono state proclamate faide di sangue per tre generazioni, per insulti molto meno gravi di quello che hai rivolto a nostro fratello!

Andrew girò lo sguardo sul cerchio di volti inorriditi fino a quando scorse Callista, a occhi sbarrati. All’improvviso lei nascose la faccia fra le mani, si girò e corse fuori dalla sala. Non singhiozzava, ma Andrew sentiva, come vibrazioni tangibili, le lacrime che non poteva piangere.

La voce incollerita di Dom Esteban risuonò nel lungo silenzio imbarazzato.

— La spiegazione più caritatevole per quello che hai fatto, Deziderio, è che ancora una volta hai bevuto più di quanto puoi reggere! Se non sai sopportare il vino da uomo, faresti meglio ad accontentarti di bere shallan, come i bambini. Chiedi scusa al nostro parente, e vattene a dormire!

Era il modo migliore per chiudere l’incidente, pensò Andrew. A giudicare dalla loro confusione, quasi tutti i presenti non sapevano neppure cos’avesse detto Dezi. Avevano soltanto captato l’angoscia di Callista.

Dezi borbottò qualche sillaba. Andrew pensò che fossero parole di scusa. Disse, calmo: — Non mi curo degli insulti che puoi rivolgere a me, ma che uomo sarei se ti permettessi di offendere mia moglie?

Dezi girò la testa verso Dom Esteban (per assicurarsi che non potesse sentire?) e disse in tono sommesso e rabbioso: — Tua moglie? Non sai neppure che un matrimonio libero è legale solo quando è stato consumato? Non è tua moglie più di quanto sia mia! — Poi passò svelto davanti a Andrew e uscì dalla sala.

La serata aveva perso tutta la gaiezza. Ellemir ringraziò in fretta Raimon per la musica e corse via. Dom Esteban chiamò Andrew con un cenno e chiese se Dezi si era scusato. Distogliendo gli occhi (il vecchio era telepate: com’era possibile mentirgli?), Andrew rispose impacciato che l’aveva fatto, e con suo grande sollievo il vecchio lasciò perdere. Cosa poteva fare, del resto? Non poteva dichiarare una faida di sangue contro il fratellastro di sua moglie, un adolescente ubriaco che amava lanciare insulti brucianti.

Ma era vero, ciò che aveva detto Dezi? Quando furono nel loro appartamento, Andrew lo chiese a Damon: e quello, sebbene scuotesse il capo, lo guardò turbato.

— Non preoccuparti, amico mio. Nessuno avrebbe motivo di mettere in discussione la legalità del tuo matrimonio. Le tue intenzioni sono oneste, e nessuno sta a badare ai cavilli legali.

Ma Andrew sentiva che Damon non era riuscito a convincere neppure se stesso. Udì il pianto di Callista che proveniva dalla loro camera; e anche Damon lo udì.

— Come vorrei torcere il collo al nostro Dezi!

Anche Andrew la pensava come lui. Con poche parole maligne, quel ragazzo aveva annientato la gioia della loro riunione.

Callista aveva smesso di piangere, quando lui entrò. Era in piedi davanti al tavolino da toilette: aprì lentamente il fermaglio a forma di farfalla che portava alla nuca, e si lasciò ricadere i capelli sulle spalle. Si voltò e disse, umettandosi le labbra, come se quello fosse un discorso che aveva provato e riprovato fra sé molte volte: — Andrew, mi dispiace… mi dispiace che tu abbia dovuto… È colpa mia.

Si sedette e prese la spazzola d’avorio, facendosela passare lentamente sui capelli. Andrew s’inginocchiò accanto a lei, augurandosi disperatamente di poterla prendere tra le braccia per consolarla. — Colpa tua, amore? E come puoi aver colpa della malignità di quel disgraziato? Non ti dirò di dimenticarlo (so che non puoi), ma non devi turbarti così.

— Ma è colpa mia. — Callista rifiutava d’incontrare il suo sguardo, perfino nello specchio. — Perché sono quella che sono. È colpa mia se quello che ha detto è… vero.

Andrew pensò, con una fitta di rammarico, a Ellemir che si abbandonava tra le braccia di Damon, che gli cingeva il collo mentre ballavano. Infine disse: — Bene, Callie, non ti mentirò: non è facile. Non posso fingere che mi piaccia, questa attesa. Ma ho promesso, e non mi lamento. Lasciamo perdere, amore.