Выбрать главу

Vattene subito. Qui nessuno ti vuole.

Sebbene fosse ubriaco e stordito, la violenza della tormenta lo colpì mozzandogli il fiato. Stava per tornare indietro, quando la voce martellò nella sua mente.

Vattene. Va’ via. Qui nessuno ti vuole. Hai fallito. Stai solo facendo del male a Callista. Vattene, torna dalla tua gente.

Gli stivali affondavano nella neve, ma lui continuò a camminare, alzandoli e abbassandoli ostinatamente. Callista non ha bisogno di te. Era più ubriaco di quanto se ne rendesse conto. Stentava a reggersi. A malapena riusciva a respirare; oppure era la neve turbinante a togliergli il respiro, a rubarglielo e poi rifiutarsi di restituirlo?

Vattene. Torna dalla tua gente. Qui nessuno ha bisogno di te.

Riprese in parte l’autodominio, con un ultimo e disperato guizzo dell’istinto di conservazione. Era solo nella tormenta, e le luci di Armida erano scomparse nell’oscurità. Si girò, vacillando, e cadde in ginocchio: sapeva di essere ubriaco, o impazzito. Si rialzò, incespicando, sentì la mente offuscarsi, e cadde lungo disteso nella neve. Doveva alzarsi, proseguire, tornare indietro, trovare un riparo… ma era così stanco.

Riposerò qui per un minuto… un minuto solo…

La tenebra avvolse la sua mente. Perse i sensi.

CAPITOLO NONO

Damon lavorò a lungo nella piccola distilleria dal pavimento di pietra, e alla fine desistette, irritato. Non aveva nessuna possibilità di preparare il kirian come lo facevano ad Arilinn. Non ne aveva l’abilità, e non aveva neppure l’attrezzatura adatta, pensò dopo aver ispezionato il materiale disponibile. Fissò senza entusiasmo la tintura rudimentale che era riuscito a produrre. Non credeva che avrebbe voluto provarla personalmente, ed era sicuro che neppure Callista sarebbe stata disposta a farlo. Tuttavia c’era una quantità considerevole di materia prima, e forse avrebbe potuto fare di meglio un altro giorno. Forse avrebbe dovuto cominciare estraendo l’etere. L’avrebbe chiesto a Callista. Mentre si lavava le mani e gettava via gli scarti, all’improvviso pensò a Andrew. Dov’era andato? Ma quando ritornò di sopra, dove Callista dormiva ancora, Ellemir rispose in tono sorpreso alle sue domande preoccupate.

— Andrew? No, credevo che fosse ancora con te. Vuoi che venga a…

— No, rimani con Callista. — Damon pensò che Andrew doveva essere sceso a parlare agli uomini, o forse aveva raggiunto le stalle attraverso il passaggio sotterraneo. Ma Dom Esteban, che stava consumando una cena frugale in compagnia di Eduin e Caradoc, aggrottò la fronte alla sua domanda.

— Andrew? L’ho visto bere nella sala bassa insieme a Dezi. A giudicare dal modo in cui tracannavano, immagino che si sia addormentato da qualche parte. — Il vecchio inarcò le grige sopracciglia in un’espressione sprezzante. — Bel modo di comportarsi, con la moglie malata: andare a prendersi una sbronza! Come sta Callista?

— Non lo so — rispose Damon, e poi pensò che il vecchio Dom sapeva. Cos’altro poteva esserci, se Callista era a letto malata e Andrew si ubriacava? Ma uno dei più forti tabù sessuali di Darkover era quello che separava le generazioni. Anche se Dom Esteban fosse stato il padre di Damon anziché di Ellemir, la tradizione gli avrebbe proibito di parlarne.

Damon cercò per tutta la casa, in tutti i posti possibili; poi, preso da un panico crescente, cercò anche in quelli più inverosimili. Alla fine convocò i servitori, e si sentì rispondere che nessuno aveva più visto Andrew dopo la metà del pomeriggio, quando si era fermato a bere con Dezi nella sala bassa.

Mandò a chiamare Dezi, temendo che Andrew, ubriaco e non ancora abituato al clima di Darkover, fosse uscito nella tormenta, sottovalutandone la violenza. Quando il ragazzo entrò, gli chiese: — Dov’è Andrew?

Dezi scrollò le spalle. — Chi lo sa? Non sono né il suo tutore né suo fratello adottivo!

Ma all’insopprimibile lampo di trionfo, un attimo prima che gli occhi di Dezi eludessero i suoi, Damon comprese.  — Sta bene — disse, torvo. — Dov’è, Dezi? Tu sei stato l’ultimo a vederlo.

Il ragazzo scrollò le spalle, incupendosi. — È tornato da dove è venuto, credo, e buon viaggio!

— Con questo tempo? — Damon guardò costernato la tormenta che infuriava oltre le finestre. Poi si voltò di scatto verso Dezi, con una violenza che costrinse il ragazzo a indietreggiare tremando.

— Tu c’entri per qualcosa! — disse, a voce bassa, furiosa. — Con te farò i conti dopo. Adesso non c’è tempo da perdere!

Corse via, chiamando a gran voce i servitori.

Andrew rinvenne lentamente, e sentì un dolore bruciante nei piedi e nelle mani. Era avvolto in bende e coperte. Ferrika stava china su di lui e gli porgeva qualcosa di caldo. Sorreggendogli la testa, lo costrìnse a inghiottire. Dalla nebbia apparvero gli occhi di Damon, e nel suo stordimento Andrew comprese che Damon era davvero preoccupato per lui. Non era vero, quello che aveva pensato.

Damon disse gentilmente: — Ti abbiamo trovato appena in tempo, credo. Ancora un’ora e non avremmo potuto salvarti i piedi e le mani: due ore, e saresti morto. Cosa ricordi?

Andrew si sforzò di rammentare. — Non molto. Ero ubriaco — disse. — Mi dispiace, Damon. Devo essere impazzito, per un po’. Continuavo a pensare: Vattene, Callista non ti vuole. Era come una voce nella mia mente. E così ho cercato di andarmene… Mi dispiace di aver causato tutti questi guai, Damon.

— Non sei tu che devi scusarti — disse cupamente Damon, e la sua rabbia era come un rosso alone rovente. Andrew, sensibilizzato, lo vedeva come una rete di energie elettriche, non più come il Damon che conosceva. Irradiava furore. — Non sei stato tu a causare il guaio. Ti hanno giocato uno sporco tiro, che per poco non ti ha ucciso. — Poi ridiventò il solito Damon, un uomo snello e un po’ curvo, che gli posava gentilmente la mano sulla spalla.

— Dormi e non preoccuparti. Sei qui con noi, e ci prenderemo cura di te.

Lasciò Andrew addormentato, e andò in cerca di Dom Esteban. Il furore gli turbinava nella mente. Dezi aveva il dono degli Alton, il contatto forzato, la capacità d’imporre il collegamento mentale a chiunque, perfino a un non telepate. Andrew, ubriaco, era la vittima ideale; e poiché conosceva il terrestre, Damon sospettava che non si fosse ubriacato spontaneamente.

Dezi era geloso di Andrew. Questo era il dato evidente fin dall’inizio. Ma perché? Pensava forse che, tolto di mezzo Andrew, Dom Esteban l’avrebbe riconosciuto per il figlio di cui adesso aveva un disperato bisogno? Oppure aveva deciso di chiedere in moglie Callista, sperando di poter forzare la mano al vecchio e di costringerlo ad ammettere che erano fratello e sorella? Era un enigma che Damon non riusciva a risolvere.

Forse avrebbe potuto perdonare un comune telepate, se avesse ceduto a una simile tentazione. Ma Dezi era stato istruito ad Arilinn, aveva pronunciato il giuramento delle Torri, impegnandosi a non violare mai l’integrità di una mente e non forzare mai le difese di un altro o la sua coscienza. E gli era stata affidata una matrice, con tutto il potere tremendo che comportava.

E l’aveva tradito.

Non aveva commesso un omicidio. La fortuna, e l’acuta vista di Caradoc, avevano permesso di trovare Andrew su un mucchio di neve, già parzialmente coperto. Ancora un’ora e sarebbe stato coperto del tutto, e forse il suo cadavere sarebbe stato ritrovato in primavera, al disgelo. E Callista, se avesse creduto che Andrew l’aveva abbandonata? Damon rabbrividì, pensando che probabilmente Callista non sarebbe sopravvissuta neppure un giorno. Ringraziando tutti gli dèi, in quel momento lei era immersa nel sonno. Bisognava dirle la verità (era impossibile mantenere un segreto, in una famiglia di telepati); ma non adesso…