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In chi non era sintonizzato sulla risonanza precisa, toccare la matrice di un altro causava traumi, convulsioni, perfino la morte.

Vide le risonanze abbinarsi e poi pulsare insieme, come se, per un momento, i due campi magnetici si fondessero. Damon si alzò dalla sedia — e Andrew lo vide come una nube di campi d’energia collegati e in movimento — e si avvicinò al ragazzo. All’improvviso Dezi strappò a Damon il dominio delle risonanze, infrangendo il contatto. Fu una sconvolgente esplosione di forze. Damon si lasciò sfuggire un’esclamazione d’angoscia, al contraccolpo, e Andrew sentì la devastante sofferenza divampare nei nervi e nel cervello dell’amico. Automaticamente, Damon si scostò vacillando dal campo e si scosse per sintonizzare le risonanze col nuovo campo creato da Dezi. Pensò, quasi con un senso di pietà, che Dezi aveva ceduto al panico, e che quando fosse venuto il momento non avrebbe potuto sopportarlo.

Di nuovo le risonanze si abbinarono e i campi d’energia incominciarono a vibrare in sintonia; di nuovo ci fu il tentativo di afferrare Dezi, di sottrarre fisicamente la matrice al campo magnetico del suo corpo. E di nuovo lo strattone devastante quando Dezi spezzò le risonanze, separandole con un’espressione di sofferenza che invase entrambi.

Damon disse, pietosamente: — Dezi, so che è terribile. — E intanto pensava che anche quel ragazzo avrebbe potuto essere un Custode. Alla sua età, lui stesso non era stato capace di sintonizzare le risonanze in quel modo! Ma non era mai stato tanto disperato, tanto tormentato. Manifestamente la frattura delle risonanze era dolorosa per Dezi quanto lo era per lui stesso. — Questa volta non tentare di resistere, ragazzo mio. Non voglio farti del male.

E poi — adesso erano aperti l’uno all’altro — sentì il disprezzo di Dezi per la sua pietà, e comprese che quella non era una reazione di panico. Dezi stava opponendo una resistenza furibonda! Forse credeva di essere in grado di sopraffarlo, di sfinirlo. Damon lasciò la stanza e ritornò con uno smorzatore telepatico, un ordigno bizzarro che trasmetteva una vibrazione capace di spegnere le emanazioni telepatiche entro un’ampia gamma di frequenze. Cupamente, pensò alla battuta di Domenic, la sera in cui aveva sposato Ellemir. Quegli oggetti venivano usati, talvolta, per evitare le radiazioni telepatiche involontarie, quando c’era intorno qualcuno, per proteggere l’intimità, per permettere di conversare in segreto e impedire che qualcuno ascoltasse telepaticamente, di proposito o no. Venivano adoperati talora al Consiglio dei Comyn, oppure per proteggere altri quando c’era un adolescente in fase di violenta evoluzione psichica che non aveva ancora imparato a controllare e concentrare i poteri. Vide l’espressione di Dezi cambiare, e tradire un panico autentico, nonostante l’atteggiamento di sfida.

Con voce atona, avvertì Andrew: — Allontanati, se vuoi. Potrebbe farti male. Dovrò servirmene per spegnere le sequenze che lui potrebbe cercare di scatenare.

Andrew scosse la testa. — Resterò. — Damon captò il suo pensiero: Non ti lascerò solo con lui. Grato della lealtà dell’amico, s’inginocchiò e cominciò a regolare lo smorzatore.

Rapidamente, lo sintonizzò in modo da attutire l’assalto di Dezi contro la sua coscienza. Poi sarebbe bastato sintonizzare le proprie risonanze col campo delle vibrazioni fisiche di Dezi. Questa volta, quando entrò nei campi bloccati, lo smorzatore impedì all’affondo mentale di Dezi di alterare le frequenze e di respingerlo. Era faticoso e difficile muoversi nell’ambito dello smorzatore: solo una Custode, pensò, avrebbe potuto riuscirci. Fisicamente provava la sensazione di muoversi in un denso liquido viscoso che gli ostacolava le membra e la mente. Dezi cominciò a dibattersi come una belva inferocita, quando lui gli si avvicinò. Ma era inutile, e lo sapeva. Poteva sfinirsi nello sforzo di cambiare frequenze, ma adesso non poteva alterare quella di Damon: e più riusciva a modificare le proprie, più terribile sarebbe stato il trauma finale.

Delicatamente, Damon posò la mano sul sacchetto isolante di seta appeso al collo di Dezi. Mosse le dita per slacciare il cinghione. Dezi aveva ripreso a gemere e a dibattersi, e i suoi movimenti da coniglio in trappola suscitavano la pietà di Damon, sebbene il terrore del ragazzo, adesso, fosse mascherato dallo smorzatore. Riuscì ad aprire il sacchetto. La pietra azzurra, pulsante, ardente dell’orrore di Dezi, gli cadde tra le dita. Quando le strinse, sentì dentro di sé una convulsione che gli squassava le ossa, e vide Dezi accasciarsi, come abbattuto da una mazzata. Spinse la matrice nel campo dello smorzatore: la vide offuscarsi in una pulsazione fievole, un ritmo riposante. Dezi era svenuto, con la testa piegata su una spalla e la bava alla bocca. Damon dovette costringersi a rammentare Andrew esanime in un sonno di morte sotto la neve, a pensare alla sofferenza di Callista se al risveglio avesse scoperto di essere stata abbandonata o resa vedova dal tradimento: solo allora trovò la forza di dire «È fatta».

Tenne per qualche minuto la matrice sotto lo smorzatore. La vide affievolirsi, ridursi alla più debole delle luci pulsanti. Era ancora viva, ma la sua forza era stata sminuita al punto che non poteva più essere usata per il laran.

Gettò un’occhiata di commiserazione a Dezi, conscio di averlo accecato. Dezi, adesso, era ridotto peggio di quanto lo fosse stato lui stesso quando l’avevano allontanato da Arilinn. Nonostante il delitto che Dezi aveva commesso, Damon non poteva fare a meno di provare angoscia per lui, così dotato, così forte come telepate, potenzialmente superiore a molti di coloro che lavoravano tra gli schermi e i relè. Per gli inferni di Zandru, pensò, che spreco. Ed era stato lui a mutilarlo.

Disse, stancamente: — Facciamola finita, Andrew. Passami quello scrigno, ti prego.

L’aveva avuto da Dom Esteban, dopo che quest’ultimo ne aveva tolto alcuni gioielli. Quando vi mise dentro la matrice e chiuse il coperchio, pensò all’antica favola: il gigante che teneva il proprio cuore all’esterno del corpo, nel luogo più segreto che avesse saputo trovare, e nessuno poteva ucciderlo a meno che rinvenisse quel cuore nascosto. Lo spiegò laconicamente a Andrew, mentre azionava la piccola serratura a matrice dello scrigno premendovi contro la propria. — Non possiamo distruggere la pietra: Dezi morirebbe. Ma è chiusa qui dentro, con una serratura a matrice, in modo che niente (a eccezione della mia stessa matrice, che adesso è sintonizzata) possa aprire lo scrigno. — Poi andò a riporre il cofanetto in una cassaforte; ritornò, si chinò su Dezi e ne controllò il respiro e il furioso battito del cuore.

Sarebbe sopravvissuto.

Mutilato… accecato… ma sarebbe sopravvissuto. Damon sapeva che al suo posto avrebbe preferito morire.

Si rialzò, ascoltando il suono della tempesta che si andava acquietando. Sguainò il pugnale e tagliò le funi che legavano il ragazzo, pensando che forse sarebbe stato più generoso tagliargli la gola. Non doveva avere più voglia di vivere. Forse la sua terribile resistenza era stata solo un tentativo di suicidio?

Sospirò, deponendo accanto al ragazzo una borsa contenente alcune monete. Poi disse stancamente a Andrew: — Dom Esteban mi ha dato questa per lui. Probabilmente andrà a Thendara, dove Domenic gli ha promesso un grado nei Cadetti. Là non potrà causare molto danno, nelle Guardie della Città, e potrà fare carriera. Domenic si occuperà di lui: c’è sempre la lealtà familiare, dopotutto. Dezi non dovrà neppure confessare quello che è accaduto. Se la caverà.