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Più tardi lo ripeté, riferendo a Ellemir ciò che aveva fatto, mentre Andrew vegliava Callista ancora addormentata.

— Io non avrei voluto vivere, al suo posto. Quando mi sono avvicinato col pugnale per tagliare le funi, mi sono chiesto se non sarebbe stato più generoso ucciderlo. Ma io sono riuscito a sopravvivere dopo essere stato allontanato da Arilinn. Anche Dezi deve avere la stessa possibilità. — Sospirò, ricordando il giorno in cui aveva lasciato la Torre, accecato dalla sofferenza, stordito dalla lacerazione dei legami del cerchio, i più stretti per chi possedeva il laran, più stretti della parentela e dell’amore, più stretti del vincolo tra marito e moglie…

— Io ho vinto il desiderio di morire — disse. — Ma è dovuto passare molto tempo prima che ritrovassi la voglia di vivere. — Stringendo a sé Ellemir, pensò: Solo quando ho trovato te.

Gli occhi di Ellemir si addolcirono di tenerezza; poi, stringendo le labbra, lei disse: — Avresti dovuto ucciderlo.

Damon, pensando a Callista che senza saperlo era giunta tanto vicina alla morte, lo ritenne soltanto uno sfogo di risentimento. Andrew era il marito di sua sorella, e Ellemir si era collegata con lui attraverso la matrice durante la lunga ricerca di Callista, e si erano uniti tutti in quel breve e spontaneo momento di comunione prima che lo spaventoso riflesso di Callista li separasse. Come Ellemir, anche Damon si era collegato con Andrew, aveva sentito la sua forza e la sua delicatezza, la sua tenerezza e la sua passione… e quello era l’uomo che Dezi, per dispetto, aveva tentato di uccidere. Dezi, che era stato collegato a sua volta con Andrew quando avevano guarito gli uomini colpiti dal congelamento, lo conosceva altrettanto bene, conosceva le sue qualità, la sua bontà.

Ellemir ripeté, implacabile: — Avresti dovuto ucciderlo.

Soltanto dopo molti mesi, Damon avrebbe scoperto che non si era trattato di risentimento ma di precognizione.

Il mattino dopo, la tormenta si era placata e Dezi — portando con sé il denaro che Damon gli aveva posato accanto, i propri abiti e il proprio cavallo — aveva lasciato Armida. Quasi con un senso di rimorso, Damon si augurò che riuscisse a sopravvivere e a raggiungere Thendara, dove sarebbe stato sotto la protezione di Domenic. Dopotutto Domenic, erede di Alton, era fratellastro di Dezi. Ormai, Damon ne era sicuro: nessuno che non fosse un Comyn purosangue sarebbe stato in grado di opporre una simile resistenza.

Domenic si sarebbe preso cura di lui, pensò. Ma sentiva un peso sul cuore, un peso che non si disperdeva.

CAPITOLO DECIMO

Andrew stava sognando…

Vagava nella tormenta che udiva all’esterno, e che gettava neve e nevischio, spinti dai venti, intorno alle alture di Armida. Ma lui non aveva mai visto Armida. Era solo, e vagava in una desolazione senza strade, senza case, senza rifugi, come aveva fatto quando l’aereo per il rilevamento topografico era precipitato abbandonandolo in un mondo sconosciuto. Barcollava nella neve e il vento gli straziava i polmoni e una voce sussurrava come un’eco nella sua mente: Non c’è niente per te, qui.

E poi vide la ragazza.

E la voce nella sua mente mormorò: Tutto questo è già accaduto. Lei aveva addosso una camicia da notte leggera e lacera, e Andrew scorgeva la pelle chiara attraverso gli strappi; ma la stoffa non svolazzava nei venti furibondi che lo assalivano, e la tormenta non le agitava i capelli. Lei non era presente: era uno spettro, un sogno, una ragazza che non era mai esistita; eppure lui sapeva, su un altro livello di realtà, che era Callista, che era sua moglie. O forse era stato soltanto un sogno entro un sogno, vissuto mentre giaceva nella tormenta, e lui sarebbe rimasto lì disteso, seguendo quel sogno fino alla morte…? Cominciò a dibattersi, udì la propria voce gridare…

E la tormenta era cessata. Andrew giaceva nella sua camera da letto ad Armida. La tempesta si stava spegnendo, là fuori, ma il fuoco nel camino era ridotto a poche braci. In quella luce intravedeva a malapena Callista… o forse era Ellemir, che dormiva a fianco della sorella dalla notte in cui il riflesso psi che lei non poteva controllare li aveva folgorati entrambi nell’atto d’amore.

Durante i primi giorni, dopo che Dezi aveva tentato di ucciderlo, non aveva fatto quasi altro che dormire per le conseguenze della leggera commozione cerebrale e del freddo. Si toccò la ferita sulla fronte, non ancora rimarginata. Damon aveva tolto i punti un paio di giorni prima, e la crosta cominciava a staccarsi. Sarebbe rimasta una piccola cicatrice. Ma non era necessario uno sfregio per ricordargli com’era stato strappato dalle braccia di Callista quando una forza simile a una folgore si era avventata attraverso il corpo di lei. Ricordava che anticamente, sulla Terra, c’era stata una forma di tortura: un elettrodo accostato ai genitali. Ma non era stata colpa di Callista: quando aveva saputo ciò che aveva fatto, per poco il trauma non l’aveva uccisa.

Callista era ancora a letto, e Andrew aveva l’impressione che non migliorasse. Sapeva che Damon era preoccupato per lei. Le somministrava pozioni di erbe dagli strani aromi, e discuteva delle sue condizioni con parole di cui Andrew comprendeva forse una su dieci. Andrew si sentiva inutile, come la quinta gamba di un cavallo. E anche quando aveva incominciato a star meglio e a sentirsi in grado di muoversi, non aveva avuto la possibilità di distrarsi col lavoro solitamente pesante dell’allevamento dei cavalli. Con la stagione della tormenta, si era fermato tutto. Alcuni servitori, passando dalle gallerie sotterranee, andavano a curare i cavalli da sella e le mucche che fornivano il latte per tutta la casa. Alcuni giardinieri badavano alle serre. Andrew, ufficialmente, era il responsabile di tutto, ma in realtà non aveva nulla da fare.

Senza Callista, lo sapeva, non c’era niente che lo trattenesse lì, e dopo quella notte non era rimasto solo con lei per un momento. Damon aveva insistito perché Ellemir le dormisse accanto: non doveva mai sentirsi sola, neppure nel sonno, e per questo scopo la sua gemella era la persona più adatta.

Ellemir l’assisteva instancabilmente, giorno e notte. Da un certo punto di vista, Andrew le era grato per quelle cure premurose, dato che lui poteva fare ben poco per Callista. Ma nello stesso tempo se ne risentiva, si risentiva per essere isolato da sua moglie: ciò sottolineava la fragilità del filo che lo univa a Callista.

Avrebbe desiderato curarla, assisterla, sollevarla… Ma non volevano lasciarlo solo con lei neppure per un momento: e si risentiva anche di questo. Davvero pensavano che se l’avessero lasciata sola con lui, le si sarebbe avventato addosso come un animale selvatico, per violentarla? Maledizione, pensò, era più probabile che lui avesse eternamente paura di sfiorarla con un dito. Vorrei solo stare insieme a lei. Gli ripetevano che Callista aveva bisogno di sapere che lui l’amava ancora, e poi si comportavano come se non osassero lasciarli soli neppure per un minuto…

Si accorse che continuava a rimuginare, ossessivamente, sulle frustrazioni cui non poteva porre rimedio. Si girò, irrequieto, e cercò di riaddormentarsi. Ascoltò il respiro tranquillo di Ellemir e il sospiro angosciato di Callista, mentre si voltava. Cercò di raggiungerla col pensiero, e sentì il lieve contatto nella propria mente. Lei dormiva sodo, stordita da un’altra delle pozioni di Damon o di Ferrika. Andrew avrebbe voluto sapere cosa le somministravano, e perché. Si fidava di Damon, ma avrebbe desiderato che Damon si fidasse un po’ più di lui…

E anche la presenza di Ellemir era un motivo d’irritazione: così simile alla sua gemella, ma sana e rosea mentre Callista era così pallida e malata… Callista avrebbe dovuto essere come lei. La gravidanza, sebbene frustrata prematuramente, aveva ammorbidito la figura di Ellemir, sottolineando il contrasto con la magrezza di Callista. Maledizione, non doveva pensare a Ellemir. Era la sorella di sua moglie, la moglie del suo miglior amico, la donna più proibita per lui. E inoltre era una telepate, e avrebbe captato quel pensiero, e sarebbe rimasta atrocemente imbarazzata. Damon gli aveva detto, una volta, che in una famiglia di telepati un pensiero libidinoso era l’equivalente psicologico della violenza carnale. Non gli importava nulla di Ellemir (era soltanto sua cognata), ma lo induceva a immaginare Callista come avrebbe potuto essere se fosse stata sana e libera dall’influsso di quella stramaledetta Torre.