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— Tu non potevi saperlo — osservò Damon, gentilmente. — E neppure lei lo sapeva. Credeva di decondizionarsi normalmente, se no non avrebbe mai rischiato. Era disposta a rinunciare del tutto alla funzione psi dei canali, per te. Sai cosa significa per lei?

Andrew mormorò: — Non lo merito. Tanta sofferenza…

— E così maledettamente inutile! — esclamò Damon. Era una bestemmia. Non c’era una legge più inflessibile di quella che impediva a una Custode, dopo aver rinunciato al giuramento, dopo aver perso la verginità, di svolgere ancora un’attività seria con le matrici. — Era ciò che lei desiderava, Andrew. Rinunciare al suo lavoro di Custode, per te.

— E allora cosa si può fare? — chiese Andrew. — Lei non può continuare così. Ne morirà!

Damon disse, riluttante: — Dovrò liberarle i canali. E lei non vuole permettermelo.

— Perché?

Damon non rispose subito. E infine disse: — Di solito lo si fa sotto l’effetto del kirian, e io non ne ho. Senza, è tremendamente doloroso. — Ma così, Callista poteva sembrare vile, e lui non voleva dare quell’impressione; tuttavia non si sentiva capace di spiegare a Andrew qual era la vera obiezione di Callista. Con sollievo, posò lo sguardo sulla rryl nella sua custodia.

— Ma se sta abbastanza bene da chiedere l’arpa, forse è migliorata davvero — disse, con un barlume di speranza. — Portagliela, Andrew. Ma… — S’interruppe, poi riprese: — Ma non toccarla. Sta ancora reagendo a te.

— Ma non è quello che vogliamo?

— No, con i due sistemi sovraccarichi e intasati — disse Damon. Andrew chinò la testa e mormorò: — Lo prometto.

Lasciò Damon, entrò nella stanza dove giaceva Callista… e si fermò, sconvolto. Lei era silenziosa, immobile, e per un terribile istante Andrew non la vide respirare. Aveva gli occhi aperti ma non lo vedeva, non lo seguì con lo sguardo quando l’ombra di lui le nascose la luce. Provò una paura agghiacciante: sentì un urlo muto stringergli la gola. Si voltò di scatto per chiamare Damon, ma Damon aveva già captato l’impatto telepatico del suo panico e si stava precipitando nella stanza. Poi emise un grande sospiro di sollievo, quasi un singhiozzo.

— Tutto bene — disse, aggrappandosi a Andrew come se fosse in preda alle vertigini. — Non è morta: ha… ha abbandonato il suo corpo. È nel sopramondo, ecco tutto.

Fissando gli occhi ciechi e spalancati, Andrew bisbigliò: — Cosa possiamo fare, per lei?

— Nelle sue attuali condizioni fisiche non potrà restarci a lungo — rispose Damon, mentre l’angoscia, la preoccupazione e la speranza si mescolavano nella sua voce. — Non sapevo neppure che fosse abbastanza forte per questo. Ma se lo è… — Non l’affermò a voce alta, ma entrambi udirono ciò che non disse: Se lo è, forse non è grave come temiamo.

Muovendosi nei grigi spazi del sopramondo, Callista sentiva le loro grida e le loro paure: ma vagamente, come in un sogno. Per la prima volta, dopo un’eternità, il dolore non la tormentava più. Aveva abbandonato il suo corpo straziato, uscendone come da un indumento troppo ampio e scivolando nei reami conosciuti. Si sentiva prendere forma nei grigi spazi del sopramondo, e il suo corpo era sereno e in pace com’era stato un tempo… Si vedeva avvolta nelle pieghe aeree e traslucide della sua veste di Custode: una leronis, una maga. Mi vedo ancora così?, si chiese, stupita e profondamente turbata. Non sono una Custode ma una donna sposata, nel pensiero e nel cuore se non nella realtà…

Il vuoto di quel mondo grigio le faceva paura. Cercò, quasi automaticamente, un punto di riferimento, e nelle grige lontananze scorse il fioco brillio della rete di energia che in quel mondo era l’equivalente della Torre di Arilinn.

Non posso andare là, pensò. Ho rinunciato. Ma a quel pensiero provò un appassionato desiderio del mondo che aveva abbandonato per sempre. Come se il desiderio avesse creato la risposta, vide ravvivarsi la rete e poi — quasi con la rapidità del pensiero — fu , entro il Velo, nel ritiro segreto, il Giardino della Fragranza, il Giardino della Custode.

Poi vide la figura velata che prendeva lentamente forma davanti a lei. Non ebbe bisogno di scorgere il volto di Leonie per riconoscerla.

— Mia diletta figlia — disse Leonie. Callista sapeva che era solo un tenue contatto del pensiero; ma in quel regno familiare la loro presenza reciproca era così reale che la voce di Leonie suonava ricca, calda, più tenera di quanto fosse mai stata nella vita. Solo su quel piano non fisico, lo sapeva, Leonie poteva permettersi quelle emozioni. — Perché sei venuta da noi? Credevo che ti fossi sottratta per sempre alla nostra portata, chiya. Oppure sei finita qui in un sogno?

— Non è un sogno, Kiya.  — La collera la invase, come una scossa gelida che pervadeva ogni nervo. La dominò, come le era stato insegnato fin dall’infanzia, perché la collera degli Alton poteva uccidere. Con voce fredda e imperiosa, respingendo la tenerezza di Leonie, dichiarò: — Sono venuta a cercarti, a chiederti perché hai pronunciato una benedizione senza verità! Perché mi hai mentito? — Sentiva la propria voce come un urlo negli orecchi. — Perché mi hai legata con vincoli che non potevo spezzare, cosicché è stata una beffa quando mi hai data in sposa? Mi serbi tanto rancore per la mia felicità, tu che non l’hai mai conosciuta?

Leonie rabbrividì. La sua voce era piena di dolore. — Speravo che fossi felice e che fossi già una vera sposa, chiya.

— Sai bene che quanto hai fatto lo rende impossibile! Puoi giurare di non avermi castrata, come si faceva un tempo alla Dama di Arilinn?

Leonie, col volto pieno di orrore, disse: — Gli dèi mi siano testimoni, figliola, e le cose sacre di Hali: non sei stata castrata. Ma eri molto giovane quando sei arrivata alla Torre…

Il tempo parve scorrere a ritroso mentre Leonie parlava, e Callista si sentì trascinata a quei giorni quasi dimenticati, con i capelli ancora arricciati intorno alle guance anziché intrecciati come si addiceva a una donna: provò di nuovo la reverenza impaurita che aveva provato per Leonie prima che diventasse sua madre, la sua guida, la sua maestra, la sua sacerdotessa…

— Tu eri riuscita come Custode, figlia mia, mentre altre sei avevano fallito. Credevo che ne fossi orgogliosa.

— Lo ero — mormorò Callista, chinando il capo.

— Ma tu mi hai ingannata, Callista, altrimenti non ti avrei mai lasciata andare. Mi hai fatto credere, sebbene io lo ritenessi quasi impossibile, che reagivi già al tuo innamorato, che se non avevi giaciuto con lui sarebbe accaduto comunque entro breve tempo. Perciò ho creduto che forse non ero riuscita nell’intento, che forse il tuo successo come Custode era venuto perché ti credevi libera da ciò che tormentava le altre donne. Poi, quando l’amore è entrato nella tua vita, e hai scoperto di avere un cuore, allora, come è accaduto a tante Custodi, non era più possibile che rimanessi addormentata. E perciò ti ho benedetta, e ti ho liberata dal voto. Ma se non è vero, Callista, se non è vero…

Callista ricordò Damon che le lanciava quella sfida irosa: Vuoi passare la vita a contare i buchi nelle tovaglie di lino e a preparare le erbe per il pane alle spezie, tu che eri Callista di Arilinn? E anche Leonie udì l’eco, nella propria mente.

— L’ho già detto, mia cara, e ora te l’offro di nuovo. Puoi ritornare da noi. Un po’ di tempo, un periodo di riaddestramento, e saresti di nuovo dei nostri.

Fece un gesto: l’aria ondeggiò, e Callista si trovò abbigliata delle vesti cremisi di Custode, con gli ornamenti rituali sulla fronte e sulla gola.