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— E se non c’è?

Damon girò la testa. Non voleva neppure pensarci. Callista dormiva inquieta, agitandosi e gemendo nel sonno. Ellemir cuciva, su una poltrona, aggrottando la fronte sul lavoro, il volto illuminato nell’alone ovale della lampada. Damon cercò il contatto mentale con lei e sentì la pronta reazione: un tocco rassicurante, affettuoso. Ho bisogno che venga con me, e invece devo andare da solo.

— Nell’altra stanza, Andrew. Qui le disturberemmo. Tu veglia con me — aggiunse, precedendolo nell’altra camera. Si abbandonò su una grande poltrona, e Andrew si mise al suo fianco. — Ecco…

Si concentrò sulla matrice, sentì la breve scossa brusca quando abbandonò il proprio corpo, sentì la forza di Andrew quando aleggiò per qualche attimo nella stanza… Poi si trovò sulla grigia pianura informe, e vide con stupore che dietro di lui, nel sopramondo, c’era qualcosa, una struttura ancora indistinta. Senza dubbio lui e Dezi e Andrew l’avevano eretta come riparo quando avevano operato per guarire le vittime del congelamento: un rifugio, una protezione. Casa mia. Non ne ho altre, ora. Con fermezza accantonò quel pensiero, cercando nel mondo incorporeo il luminoso faro di Arilinn. Poi, letteralmente alla velocità del pensiero, fu là, e Leonie stava davanti a lui, velata.

Era stata così bella… Ancora una volta si sentì colpire dal vecchio amore, dal vecchio desiderio, ma si corazzò col pensiero di Ellemir. Ma perché Leonie si velava per nascondersi a lui?

— Quando è venuta Callista ho compreso che tu non avresti tardato, Damon. So cosa vuoi, naturalmente: ma come posso aiutarti?

— Lo sai, come lo so io. Non è per me che chiedo aiuto, ma per Callista.

— Ha fallito. Ero disposta a lasciarla libera… Ha avuto la sua occasione, ma adesso sa che il suo posto è qui. Deve tornare da noi, ad Arilinn.

— È troppo tardi — disse Damon. — Credo che morirà, piuttosto. Ed è prossima a morire. — Sentì la propria voce tremare. — Preferisci vederla morta piuttosto che lasciarla libera? Il potere di Arilinn è una stretta mortale, dunque?

Vide l’orrore di Leonie, come una nube visibile, lì dove i sentimenti erano una realtà concreta. — Damon, no! — La voce della Custode fremeva. — Quando una Custode viene lasciata libera, questo avviene perché non può più adeguare i canali allo schema, perché non sono più adatti all’attività psi. Credevo che questo non potesse avvenire, a Callista, ma lei mi ha detto che le cose stavano diversamente: perciò ho accettato di scioglierla dal voto.

— Ma sapevi di averlo reso impossibile! — l’accusò Damon.

— Io… non ero sicura — replicò Leonie, e i suoi veli si agitarono in un gesto di diniego. — Lei mi aveva detto… che l’aveva toccato… Damon, cosa dovevo pensare? Ma adesso lei sa che le cose stanno diversamente. Ai tempi in cui una ragazza veniva preparata a diventare Custode prima di diventare adulta, era un fatto accettato che la scelta fosse definitiva, che non fosse possibile tornare indietro.

— Tu lo sapevi eppure hai compiuto questa scelta per Callista?

— Cos’altro potevo fare, Damon? Abbiamo bisogno di Custodi, altrimenti il nostro mondo piomberà nelle tenebre della barbarie. Ho fatto quello che dovevo, e se Callista è sincera nei miei confronti ammetterà che l’ho fatto col suo consenso. — Eppure Damon udì, come un’eco nella mente di Leonie, l’amaro grido disperato:

Come potevo acconsentire? Avevo dodici anni!

Ribatté, rabbiosamente: — Vuoi dire che non c’è speranza, allora? Che Callista deve ritornare ad Arilinn o morire di dolore?

La voce di Leonie era incerta: la sua immagine vacillava nel mondo grigio. — So che un tempo c’era un modo, e che era conosciuto. Ciò che appartiene al passato non si può nascondere del tutto. Quando ero giovane ho conosciuto una donna che era stata condizionata così: e mi aveva detto che si conosceva un modo d’invertire la fissazione dei canali. Ma non mi ha detto quale, e del resto è morta prima ancora che tu nascessi. Era noto a tutti, nei tempi in cui le Torri erano come templi e i Custodi erano sacerdoti. Ho detto la verità più di quanto me ne rendessi conto. — Leonie scostò all’improvviso il velo dal volto devastato. — Se tu fossi vissuto in quei giorni, avresti trovato la tua vera vocazione come Custode. Sei nato trecento anni troppo tardi.

— Questo non mi serve a molto, parente — disse Damon. Distolse lo sguardo dal volto di Leonie, vedendolo ondeggiare e mutare: era in parte Leonie com’era stata quando lui era alla Torre, quando l’amava, e in parte invecchiata, come l’aveva vista al suo matrimonio. Non voleva guardarla in faccia: si augurava che riabbassasse il velo.

— Ai tempi di Rafael II, quando le Torri di Neskaya e di Tramontana sono state bruciate, tutti i cerchi sono morti con le Custodi. E allora sono andate perdute molte delle vecchie tecniche, e non tutte sono state ricordate o riscoperte.

— E io dovrei riscoprirle in pochi giorni? Hai una straordinaria fiducia in me, Leonie!

— Ogni pensiero che si è acceso nella mente dell’umanità, in qualunque luogo di questo universo, non può andare interamente perduto.

Damon disse, impaziente: — Non sono venuto qui a discutere di filosofia.

Leonie scosse la testa. — Non è filosofia: è realtà. Se mai un pensiero ha agitato la sostanza di cui è formato l’universo, rimane indelebile e può essere recuperato. C’era un tempo in cui queste cose erano note, e rimane il tessuto del tempo.

L’immagine s’increspò, tremolò come la superficie di uno stagno in cui è stato lanciato un sasso, e scomparve. Damon, di nuovo solo nell’infinito e informe mondo grigio, chiese: In nome di tutti gli dèi, come posso sfidare il tessuto del tempo? Per un istante vide, come da una grande altezza, la figura di un uomo che portava i colori verde e oro e aveva il volto seminascosto: e agli occhi di Damon non c’era nulla di chiaro, solo un grande anello scintillante che portava al dito. Un anello o una matrice? L’oggetto cominciò a muoversi, vibrando, irradiando grandi onde di luce, e Damon sentì la propria coscienza offuscarsi e svanire. Strinse la matrice che portava al collo, tentando disperatamente di orientarsi nel grigio sopramondo. Poi tutto svanì e lui si ritrovò solo nel vuoto, nel nulla informe. Finalmente, all’orizzonte, scorse la sagoma indistinta del rifugio che avevano costruito. Con immenso sollievo sentì che i suoi pensieri l’attiravano là, e all’improvviso si ritrovò nella sua stanza ad Armida. Andrew era chino ansiosamente su di lui.

Sbatté le palpebre, sforzandosi di coordinare le impressioni disordinate. Hai trovato la soluzione? Captò la domanda nella mente di Andrew: ma ancora non lo sapeva. Leonie non si era impegnata ad aiutare, a liberare Callista dal vincolo che la legava alla Torre, corpo e mente. Non poteva. Nel sopramondo non poteva mentire o nascondere le proprie intenzioni. Desiderava che Callista ritornasse alla Torre. Era sinceramente convinta che Callista avesse avuto la sua occasione per ridiventare libera e avesse fallito. Eppure non poteva neppure nascondere che c’era una soluzione, e che quella soluzione doveva trovarsi negli abissi del tempo. Damon rabbrividì nel freddo mortale che sentiva nelle ossa, e si strinse sulle spalle la pesante sopratunica. Era l’unico modo?

Nel sopramondo, Leonie non poteva dire una menzogna, direttamente. Eppure non gli aveva detto tutta la verità: Damon lo sentiva, perché non sapeva dove cercare l’intera verità e lei nascondeva ancora molte cose. Ma perché? Perché Leonie provava la necessità di nascondergli qualcosa? Non sapeva che lui l’aveva sempre amata, che — gli dèi l’aiutassero — l’amava ancora e non le avrebbe mai fatto del male? Nascose la faccia tra le mani, tentando disperatamente di riprendersi. Non poteva affrontare Ellemir, in quello stato. Sapeva che la propria angoscia e la propria confusione ferivano anche Andrew, e che questi non ne comprendeva neppure il perché.