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Una delle cortesie fondamentali di un telepate, si disse, era di nascondere la propria infelicità per non rendere infelici gli altri… Dopo un momento riuscì a calmarsi e a ricostituire le barriere. Alzò il volto verso Andrew e disse: — Credo di aver trovato un accenno alla soluzione. Non è tutto: ma se abbiamo abbastanza tempo, potrei riuscirci. Per quanto sono rimasto lontano? — Si alzò, andò al tavolo dove c’erano ancora gli avanzi della cena, si versò un bicchiere di vino e lo sorseggiò lentamente, per scaldarsi e per calmarsi un po’.

— Molte ore — rispose Andrew. — Dev’essere mezzanotte passata.

Damon annuì. Conosceva gli effetti della contrazione temporale, in quei casi. Nel sopramondo sembrava che il tempo scorresse su una scala diversa, e non era neppure coerente: era completamente diverso, e talvolta una breve conversazione durava ore; altre volte un lungo viaggio che soggettivamente sembrava protrarsi per giorni finiva invece in un batter d’occhio.

Sulla soglia comparve Ellemir. Disse, ansiosa: — Bene, siete ancora svegli. Damon, vieni a vedere Callista. Non mi piace come continua a gemere nel sonno.

Damon posò il bicchiere, appoggiandosi alla tavola con entrambe le mani. Entrò nella camera da letto. Callista sembrava addormentata ma aveva gli occhi semiaperti; e quando Damon la sfiorò lei rabbrividì, evidentemente consapevole del contatto, ma nei suoi occhi non c’era un barlume di lucidità. Andrew aveva il volto contratto. — Cos’ha, Damon?

— La crisi. Lo temevo — rispose Damon. — Ma credevo che sarebbe venuta la prima notte. — Passò rapidamente le dita sul corpo di Callista, senza toccarla. — Elli, aiutami a girarla. No, Andrew, non toccarla. È conscia di te anche nel sonno. — Ellemir l’aiutò a voltarla, e divise con lui il momento di turbamento quando tolsero le coperte. Com’era dimagrita! Andrew, che assisteva ingelosito mentre le linee luminose apparivano sul corpo di Callista, vide quelle correnti opache e sbiadite. Ma Damon sapeva che lui non poteva comprendere completamente.

— Lo sapevo che avrei dovuto liberare subito i canali — disse, con rabbia disperata. Come poteva farlo capire a Andrew? Tentò, senza molta fiducia, di esprimerlo a parole.

— È necessario… scaricare il sovraccarico di energia. Ma i canali sono bloccati, e l’energia rifluisce nel resto del suo organismo, e comincia a influire su tutte le funzioni vitali: il cuore, la circolazione, il respiro. E prima che io possa…

Ellemir si lasciò sfuggire un grido di apprensione. Damon vide Callista irrigidirsi, inarcarsi all’indietro con un’esclamazione strana. Per lunghi secondi un tremito fremente la scosse in tutte le membra; quindi si accasciò e restò inerte.

— Dio! — mormorò Andrew. — Cos’è stato?

— Convulsioni — rispose laconico Damon. — È come temevo. Significa che davvero non abbiamo più tempo. — Si chinò a controllare il polso e ascoltare il respiro.

— Lo sapevo: avrei dovuto liberarle i canali.

— Perché non l’hai fatto? — chiese Andrew.

— Te l’ho detto: non ho kirian, e senza il kirian non so se sarebbe in grado di sopportare la sofferenza.

— Fallo ora, mentre è priva di sensi — suggerì Andrew, e Damon scosse il capo.

— Dev’essere sveglia e collaborare con me, altrimenti potrei causare lesioni irreparabili. E… e lei non vuole lasciarmi fare — concluse.

— Perché?

Infine Damon confessò, riluttante: — Perché, se libero i canali, tornerà allo stato normale per lei, lo stato normale per una Custode, con i canali completamente separati dallo stato di una donna normale: liberi per l’energia psi, e completamente fissi. Tornerà com’era prima di lasciare la Torre. Completamente ignara di te, incapace di reagire sessualmente. In pratica, tornerebbe al punto di partenza.

Andrew fece un profondo respiro. — E qual è l’alternativa?

— In questo momento non ci sono alternative, temo — disse laconicamente Damon. — Così non potrà vivere a lungo. — Toccò per un attimo la fredda mano di Callista e poi andò nella propria camera, dove teneva la scorta di medicine di erbe che aveva usato in quei giorni. Esitò, ma infine scelse una boccetta; ritornò, svitò il tappo e versò il contenuto tra le labbra inerti di Callista, reggendole la testa per farglielo scorrere in gola.

— Che roba è? Cosa le hai dato, maledizione?

— Le impedirà di avere altre convulsioni — rispose Damon. — Almeno per il resto della notte. E domani… — Ma non terminò la frase. Anche quando lo faceva regolarmente alla Torre, non era entusiasta di quel lavoro. Gli ripugnava infliggere una sofferenza a Callista che doveva sacrificare quel po’ che aveva conquistato in fatto di maturazione e ritornare allo stato che Leonie le aveva imposto: immatura, frigida, neutra. Lasciò Callista e andò a lavare e a riporre la boccetta, cercando di calmarsi. Si sedette sull’altro letto, guardando sgomento Callista, e Ellemir gli venne al fianco. Andrew era ancora inginocchiato accanto a Callista, e Damon pensò che doveva allontanarlo perché anche nel sonno Callista era conscia di lui e i suoi canali reagivano a quella presenza fisica, anche se la sua mente non poteva farlo. Per un momento gli parve di vedere Andrew e Callista come una serie di campi magnetici vorticanti e mescolati, protesi l’uno verso l’altro per intrecciare la polarità. Ma mentre le energie avrebbero dovuto rafforzarsi a vicenda, turbinavano e arretravano in Callista, togliendole la forza, incapaci di scorrere liberamente… E cosa accadeva, a Andrew? Anche lui veniva drenato… Con uno sforzo, Damon interruppe la percezione e risalì alla superficie, tornando a vedere Callista solo come una donna gravemente malata, crollata dopo una convulsione, e Andrew come un uomo preoccupato, piegato dalla disperazione e dalla paura.

Era per questo che Leonie l’aveva allontanato dalla Torre, lo sapeva. Aveva detto che era troppo sensibile, che sarebbe stato annientato; e con quel ricordo, per la prima volta in vita sua, venne la ribellione. Sarebbe stata una forza, non una debolezza. Avrebbe potuto renderlo ancora più utile.

Ellemir si sedette accanto a lui. Damon le tese la mano e pensò, con un desiderio che era quasi angoscia, che da molto tempo non si univano nell’atto d’amore. Eppure, la lunga disciplina come tecnico delle matrici restò salda nella sua mente. Non pensò alla possibilità di spezzarla. Fece posto a Ellemir, la baciò gentilmente e disse: — Devo risparmiare le forze, tesoro: domani sarà molto faticoso. Altrimenti… — Depose un bacio sul palmo della mano di lei, in un gesto che era un ricordo intimo e una promessa.

Ellemir sentì che stava fingendo una gaiezza e una sicurezza non provate, e per un momento si offese al pensiero che Damon non credesse che lei sapeva o s’illudesse di poterle mentire. Poi riconobbe dietro quell’ottimismo l’inflessibile disciplina, il rigoroso galateo di un operatore telepatico. Ammettere mentalmente quel timore significava rafforzarlo, creare una specie di riflusso che l’avrebbe trascinato in un vortice di disperazione. Rifletté, con una venatura di cinismo, che era duro essere legata così strettamente a un telepate. Ma il suo amore e la sua preoccupazione per Damon erano traboccanti. Sapeva che lui non voleva pietà: ma in quel momento aveva bisogno di essere liberato dalla preoccupazione di dover compensare la paura di lei.

Doveva portare da sola il suo fardello di paure, si disse Ellemir. Non poteva scaricarlo su Damon. Prese tra le proprie la mano del marito e si chinò a ricambiare delicatamente il bacio.

Riconoscente, Damon l’attirò a sé, cingendola col braccio, in un contatto consolante ed esente dal desiderio.

Andrew, inginocchiato accanto a Callista, si voltò a guardarli, e Damon captò le sue emozioni: paura per Callista, timore, incertezza (Davvero Damon può aiutarla?), angoscia per ciò che sarebbe accaduto se lei tornava a essere interamente una Custode, con l’antico condizionamento intatto nei canali liberati. E, nel vedere Ellemir che giaceva vicina a Damon, raggomitolata tra le sue braccia, un’emozione confusa che in realtà non era neppure gelosia. Callie e lui non avevano mai avuto neppure questo… La pietà di Damon per Andrew era così profonda che dovette soffocarla affinché non lo dilaniasse sminuendo le sue forze per ciò che doveva fare l’indomani.