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— No! No! — ansimò lei.

— Almeno mostra un po’ del buonsenso e del coraggio che hai appreso come Custode! Mi vergogno di te. Il tuo cerchio si vergognerebbe di te. Leonie si vergognerebbe…

— Maledizione, Damon! — cominciò Andrew; ma Ellemir, con un lampo negli occhi, gli afferrò il braccio. — Non immischiarti, sciocco — mormorò. — Damon sa quello che fa! Adesso è in gioco la vita di Callista!

— Tu hai paura — disse Damon, in tono di sfida. — Hai paura! Hilary Castamir non aveva ancora quindici anni, ma sopportava di farsi liberare i canali ogni quaranta giorni, e ha continuato per più di un anno. E tu hai paura di lasciarti toccare da me!

Callista giaceva riversa sui cuscini, sotto la dura stretta di Damon: era pallida come una morta, e i suoi occhi cominciavano a sfolgorare di una fiamma che nessuno le aveva mai visto. La voce, sebbene debolissima, tremava di una rabbia tale da sembrare un grido.

— Tu! Come osi parlarmi così, tu che sei stato scacciato da Leonie come un cucciolo guaiolante perché non avevi il coraggio necessario? Chi credi di essere, per parlarmi così?

Damon si alzò, lasciandola: come se, pensò Andrew, temesse di provare l’impulso di strangolarla. Il bagliore rosso-cupo della collera lo circondava di nuovo come un alone. Andrew strinse le mani finché vide il sangue sotto le unghie, cercando d’impedire che si disintegrassero tutti, ancora una volta, in vorticosi campi di energia.

— Chi sono? — gridò Damon. — Sono il tuo parente più prossimo, e sono il tuo tecnico, e sai benissimo cos’altro sono. E se non riesco a farti intendere la ragione, se tu non vuoi usare la tua conoscenza e il tuo giudizio, allora ti giuro, Callista di Arilinn, che farò portare qui Dom Esteban e lascerò che tu provi a fare le bizze con lui. Se tuo marito non è capace di farti comportare come tu dovresti, e se non ci riesce neppure un tecnico, allora, ragazza mia, puoi tentare con tuo padre. È vecchio, ma è ancora il nobile Alton, e se io gli spiegassi…

Lei ribatté, pallida per il furore: — Non oserai!

— Mettimi alla prova — replicò Damon, voltando le spalle e restando immobile, come se li ignorasse tutti quanti. Inquieto, Andrew distolse lo sguardo dalle spalle del cognato e si girò verso Callista, pallida e furiosa sui guanciali, legata alla coscienza da quel sottile filo di collera. Uno dei due avrebbe ceduto? Oppure sarebbero rimasti bloccati in quella terribile lotta fra due volontà fino a quando uno dei due fosse morto? Captò un pensiero vagabondo (di Ellemir?): che la madre di Damon era un’Alton, che anche lui aveva il dono del casato. Ma Callista era più debole: Andrew sapeva che non poteva sostenere a lungo la furia che li stava distruggendo tutti. Doveva spezzare quel blocco, e in fretta. Ellemir si sbagliava. Damon non poteva piegare in quel modo la volontà di Callista, neppure per salvarle la vita.

Si accostò a Callista e s’inginocchiò di nuovo al suo fianco. La supplicò: — Tesoro, fa’ ciò che chiede Damon.

Lei gemette, e la fredda collera si spezzò lasciandogli intravedere la terribile angoscia. — Ti ha detto cosa significherebbe se non potessi… Che ci farebbe perdere anche quel poco che abbiamo avuto?

— Me l’ha detto — rispose Andrew, tentando disperatamente di esprimere in qualche modo la dolorosa tenerezza che in lui aveva sommerso ogni altra cosa. — Ma tesoro, io ti amavo già prima di vederti. Credi che questo sia tutto ciò che voglio da te?

Damon si voltò lentamente. La sua collera si era dispersa. Li guardò con profonda e angosciata pietà, ma la sua voce era dura. — Hai trovato il coraggio necessario, Callista?

Lei rispose, sospirando: — Oh… coraggio? Damon, non è il coraggio quello che mi manca. Ma perché? Tu dici che mi salverà la vita. Ma vale la pena di conservarla, questa mia vita? E ho coinvolto tutti voi. Preferirei morire adesso, piuttosto di trascinarvi tutti con me.

Andrew inorridì per la sconfinata disperazione nella sua voce. Fece per riprenderla tra le braccia, ma rammentò che al minimo contatto la metteva in pericolo. Rimase paralizzato, immobilizzato dall’angoscia di lei. Damon venne a inginocchiarsi accanto a lui e li attirò a sé. La pulsazione lenta e delicata, il flusso e il riflusso dei ritmi abbinati, nudi nell’oscurità mobile, li avviluppavano in un’intimità che era più stretta di quella dell’amore.

Damon disse, in un bisbiglio: — Callista, se la decisione riguardasse soltanto te ti lascerei morire. Ma fai parte di tutti noi, e non posso lasciarti andare. — E uno di loro (Andrew non seppe mai se era stato lui stesso o un altro) lanciò un pensiero che s’intessé attraverso i molteplici legami che formavano il loro cerchio: Callista, finché abbiamo questo, vale la pena di vivere nella speranza che troveremo il modo di avere il resto.

Come se risalisse alla superficie dopo un tuffo a grande profondità, Andrew ritornò a un senso di coscienza individuale. Lo sguardo di Damon incontrò il suo, e lui non si ritrasse da quell’intimità. Gli occhi di Callista erano così illividiti, così dilatati dalla sofferenza, da sembrare neri nel volto pallidissimo; ma lei sorrise, muovendosi leggermente contro il suo braccio.

— Sta bene, Damon. Fa’ quello che devi fare. Ho fatto del male a tutti voi… anche troppo. — Le si affievolì il respiro: parve lottare per non perdere i sensi. Ellemir sfiorò la fronte della sorella con un bacio lieve.

— Non parlare. Comprendiamo.

Damon si alzò e condusse Andrew fuori dalla stanza.

— Maledizione, questo è un lavoro per una Custode. Un tempo c’erano Custodi maschi, ma io non ho la preparazione.

— Tu non vorresti farlo, vero?

— E chi lo vorrebbe? — La voce di Damon tremava irresistibilmente. — Ma non c’è altro da fare. Se cade di nuovo in convulsioni, potrebbe non sopravvivere fino a sera. Il sovraccarico di tutte le funzioni vitali… il polso, il respiro… e se peggiora ancora… Be’, è un’Alton. — Scosse la testa, disperato. — Quello che ha fatto a te sarebbe niente in confronto a ciò che potrebbe fare a tutti noi se la sua mente cessasse di funzionare e lei capisse soltanto che le stiamo facendo del male… — Fremette per l’orrore. — E devo farle del male. Ma devo farlo finché è cosciente e in grado di collaborare in modo razionale.

— Di cosa hai paura? Non puoi farle male sul serio, no, usando… come si chiama?… lo psi… sui canali. Non sono neppure fisici, non è così?

Damon chiuse gli occhi per un istante, in un movimento spasmodico, involontario. Disse: — Non la ucciderò. Ne so abbastanza per non ucciderla. Per questo dev’essere cosciente, tuttavia. Se sbagliassi i calcoli potrei ledere alcuni nervi incentrati intorno all’apparato riproduttivo. Potrei lederli in modo da sminuire le possibilità che abbia un figlio, e lei può indicarmi molto meglio di me dove sono i nervi principali.

— In nome di Dio — mormorò Andrew, — non puoi farlo mentre lei è priva di sensi? Che importanza ha, se non potrà avere figli?

Damon lo guardò, scandalizzato e inorridito. — Non puoi dire sul serio! — esclamò, cercando disperatamente di trovare una giustificazione nell’angoscia dell’amico. — Callista è una Comyn, possiede il laran. Qualunque donna morirebbe piuttosto di rischiare questo. È una moglie, non una donna da strada.

Andrew ammutolì di fronte al sincero orrore di Damon, cercando di nascondere l’immensa perplessità. Era inciampato in un altro tabù darkovano. Non avrebbe mai imparato? Disse, rigido: — Perdonami se ti ho offeso, Damon.

— Offeso? Non esattamente, ma… scandalizzato. — Damon era sbalordito. Andrew non considerava la cosa più preziosa che lei potesse dargli, l’eredità, il clan? L’amore di lui era soltanto libidine ed egoismo? Poi si sentì di nuovo sconcertato. No, pensò: Andrew aveva sopportato tanto, per Callista: non si trattava di questo. Infine pensò, disperato: Gli voglio bene, ma riuscirò mai a capirlo?