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Andrew, coinvolto nelle sue emozioni, si voltò e posò la mano, con un gesto imbarazzato, sulla spalla di Damon. Disse, esitante: — Chissà… chissà se qualcuno riesce mai a comprendere un altro. Io ci sto provando, Damon. Dammi tempo.

Per Damon, la reazione normale sarebbe stata di abbracciare Andrew: ma si era abituato a vedere che quei gesti naturali venivano respinti e sapeva che mettevano in imbarazzo il suo amico. Sarebbe stato necessario rimediare anche a quello. — Siamo d’accordo su una cosa, fratello: entrambi vogliamo il bene di Callista. Torniamo da lei.

Andrew ritornò al fianco di Callista. Nonostante tutto, aveva avuto la sensazione che Damon esagerasse. Erano questioni psicologiche: come potevano avere un autentico effetto fisico? Ora sapeva che Damon non sbagliava: Callista stava morendo. Con un brivido di terrore vide che non tentava neppure di spostare la testa sul cuscino, sebbene muovesse gli occhi per seguirlo.

— Damon, giura che dopo ci sarà un modo di riportarmi alla… alla normalità…

— Lo giuro, breda.  — La voce di Damon era salda come le sue mani, ma Andrew vedeva che stava lottando per dominarsi. Callista, però, appariva serena.

— Non ho kirian, Callista.

Andrew la sentì tendersi per la paura; ma lei disse: — Posso farne a meno. Fa’ quello che devi fare.

— Se vuoi rischiare, hai i fiori di kireseth…

Lei fece uno stanco gesto di rifiuto. Damon aveva previsto che non avrebbe accettato: per coloro che erano stati addestrati nella Torre, il tabù era assoluto. Eppure avrebbe desiderato che lei fosse meno scrupolosa, meno coscienziosa. — Hai detto che avresti provato…

Damon annuì, mostrandole la boccetta. — Una tintura. Ho filtrato le impurità e ho sciolto le resine nel vino. Sarà sempre meglio che niente.

La risata di lei fu silenziosa: non più di un respiro. Andrew, che la guardava, si stupì pensando che potesse ridere in un momento simile. — So che non è la tua dote più spiccata. Proverò, ma prima lascia che l’assaggi. Se hai scelto la resina sbagliata… — Callista fiutò cautamente la boccetta, ne assaggiò qualche goccia, e infine disse: — Non è pericolosa. La proverò, ma… — Rifletté, e poi aggiunse, accostando il pollice e l’indice: — Non più di così.

— Te ne servirà di più, Callista. Non sei mai stata capace di sopportare il dolore — protestò Damon. Lei replicò: — Devo essere estremamente conscia dei centri inferiori e dei nervi del tronco. I nodi principali di sfogo sono sovraccarichi, quindi può darsi che tu debba dirottare le energie. — Andrew provò un fremito di orrore a quel tono clinico e distaccato: Callista parlava come se il suo corpo fosse una macchina che funzionava male e i suoi nervi fossero condotti difettosi. Era orribile, fare questo a una donna!

Damon le sollevò la testa e la sorresse mentre lei inghiottiva la dose indicata. Callista si fermò esattamente al punto che aveva deciso, e chiuse la bocca con un piglio ostinato. — No, basta, Damon. Conosco i miei limiti.

Lui ammonì, con voce incolore: — Sarà peggio di qualunque altra cosa che tu hai sopportato.

— Lo so. Se colpisci un nodo troppo vicino al… — (Andrew non comprese il termine che lei usò) — potrei avere un altro attacco.

— Starò attento. Quanti giorni fa sono cessate completamente le mestruazioni? Sai a quale profondità dovrò scendere?

Callista fece una smorfia. — Lo so. Ho liberato Hilary due volte, e io ho un sovvraccarico maggiore di quello che aveva lei. C’è ancora un residuo…

Damon scorse l’espressione inorridita di Andrew, e disse: — Davvero vuoi che lui stia qui, cara?

Callista strinse le dita sulla mano di lui. — Ne ha il diritto.

La voce di Damon era così tesa da risuonare aspra: ma Andrew, che era ancora collegato a lui, sapeva che era soltanto angoscia interiore. — Non è abituato, Callista. Capirà soltanto che ti sto facendo del male.

Dio!, pensò Andrew. Doveva vederla soffrire ancora? Ma disse, calmo: — Callista, se hai bisogno di me resterò.

— Se dovessi partorire, lui resterebbe collegato e condividerebbe una sofferenza ben più grande di questa.

— Sì — replicò gentilmente Damon. — Ma se si trattasse di questo (Signore della Luce, come vorrei che lo fosse!), tu potresti stringergli la mano e attingere senza esitare alla sua forza. Ma adesso, come ben sai, dovrei proibirgli di toccarti, qualunque cosa accadesse. E dovrei proibire a te di tendergli la mano. Mandiamolo via, Callista.

Per poco, lei non si ribellò: attraverso la propria infelicità percepiva la paura di Damon, la disperata riluttanza alla prospettiva di farla soffrire. Alzò una mano, sorprendendosi dolorosamente nel sentirla così pesante, e gli sfiorò il volto. — Povero Damon — sussurrò. — Ti dispiace, vero? Così sarà più facile per te, no?

Damon annuì, in silenzio. Era già abbastanza difficile infliggere una simile sofferenza, senza dover subire le reazioni di altri che non avevano la più vaga idea di ciò che doveva fare.

Risolutamente, Callista alzò gli occhi verso Andrew. — Va’, amore. Ellemir, portalo via. È un compito per un tecnico psi, e anche con tutta la buona volontà del mondo non puoi aiutare, e potresti anzi causare danni.

Andrew provò un miscuglio di sollievo e di rimorso (se lei poteva sopportare quelle sofferenze, allora lui doveva essere abbastanza forte da condividerle), ma sentiva anche che Damon era grato della scelta di Callista. Sentiva lo sforzo che l’altro stava compiendo per assumere lo stesso atteggiamento clinico e distaccato mostrato da Callista. In preda all’orrore e al rimorso e a un senso di vergogna e di sollievo, si affrettò ad alzarsi e uscire.

Dietro di lui, Ellemir esitò e lanciò un’occhiata a Callista, chiedendosi se non sarebbe stato più facile se tutti avessero potuto partecipare attraverso il legame telepatico. Ma le bastò guardare Damon per decidersi. Era già abbastanza tremendo, per lui: se avesse dovuto infliggere la stessa sofferenza anche a lei, sarebbe stato peggio. Volutamente spezzò il legame con Damon e Callista, e senza voltarsi a vedere che effetto aveva avuto sugli altri due — ma poteva percepirlo, quel sollievo grande quasi quanto quello di Andrew — si affrettò a seguirlo attraverso il corridoio dell’appartamento. Lo raggiunse nella sala centrale.

— Credo che tu abbia bisogno di bere qualcosa. Cosa ne dici? — Lo condusse in soggiorno e frugò in un armadietto, estraendone una bottiglia squadrata di pietra e un paio di bicchieri. Versò, captando i pensieri angosciati di Andrew: Io me ne sto qui a bere, e Dio solo sa cosa sta passando Callista.

Andrew prese il bicchiere che Ellemir gli porgeva, e assaggiò. Si era aspettato che fosse vino: invece era un liquore fortissimo, bruciante. Bevve un sorso e disse, esitando: — Non voglio ubriacarmi.

Ellemir scrollò le spalle. — Perché no? Forse è la cosa migliore che tu possa fare.

Ubriacarmi! Mentre Callista…

Ellemir lo guardò negli occhi. — Proprio per questo — disse. — Così Damon sarebbe sicuro che te ne terrai fuori e gli lascerai fare quello che deve. Non gli va — aggiunse; e la tensione nella sua voce fece comprendere a Andrew che era preoccupata per Damon quanto lui era preoccupato per Callista.

— No. — Ma la voce di lei tremava. — Non… non nello stesso modo. Non possiamo aiutarli: tutto quello che possiamo fare è di tenercene fuori. E io non sono… abituata a essere esclusa così. — Sbatté rabbiosamente le palpebre.

Era così simile a Callista e così diversa, pensò Andrew. Si era abituato a giudicarla più forte di Callista, eppure questa era sopravvissuta alle terribili traversie nella grotta di Corresanti. Non era una fanciulla fragile, come l’aveva creduta lui. Nessuna Custode poteva essere debole. Era una forza diversa. Anche adesso aveva rifiutato la droga offerta da Damon.