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E quando si fosse ripresa? Ma si trattenne. Se cominciava ad agitarsi, non avrebbe avuto pace.

Era sola nella stanza. E anche quella era una beatitudine. Aveva trascorso da sola così tanti anni che aveva finito col desiderare la solitudine con la stessa intensità con cui l’aveva temuta durante i difficili anni dell’addestramento. E durante la malattia non era mai stata sola per un istante. Ne conosceva la ragione (avrebbe ordinato senza esitare lo stesso trattamento per chiunque altro, nelle sue condizioni), e aveva gradito le loro cure e il loro affetto incessante. Adesso, però, era piacevole svegliarsi e scoprire che l’avevano lasciata sola.

Aprì gli occhi e si levò a sedere. Il letto di Andrew era vuoto. Ricordava vagamente di averlo sentito muoversi, mentre lei dormiva: muoversi, vestirsi e uscire. Adesso che la tempesta era passata, ci sarebbero state tante cose da sbrigare nella tenuta. E anche in casa. Ellemir aveva trascorso così tanto tempo al suo fianco, durante la malattia, che aveva trascurato di dirigere la casa.

Callista decise che quella mattina sarebbe scesa.

La notte prima, Andrew era stato ancora con Ellemir. Lei l’aveva percepito vagamente, e la vecchia disciplina l’aveva spinta a distoglierne il pensiero. Lui era entrato in punta di piedi, verso mezzanotte, cercando di non disturbarla, e lei aveva finto di dormire.

Sono una sciocca e un’ingrata, si disse. Volevo che accadesse questo, e ne sono lieta, sinceramente, eppure non ho potuto parlargliene e dirglielo. Ma neppure quel pensiero approdava a qualcosa. C’era una sola cosa che poteva fare, e doveva trovare la forza di farlo: vivere giorno per giorno, meglio che poteva, recuperando la salute e confidando nella promessa di Damon. Ma Andrew l’amava e la voleva, anche se lei — pensò con un distacco così clinico che non ne sentì neppure l’amarezza — non riusciva a immaginare perché fosse così. Comunque, perché ostinarsi a pensare all’unica cosa che non potevano ancora avere in comune? Risolutamente, si alzò dal letto e andò a fare il bagno.

Indossò una gonna di lana azzurra e una tunica bianca a maglia, con un lungo collo che si poteva avvolgere come uno scialle. Per la prima volta dopo tanto tempo aveva veramente fame. Al pianterreno, le ancelle avevano sparecchiato dopo il pasto del mattino. La sedia di suo padre era stata spinta accanto alla finestra, e lui stava guardando il cortile dove un gruppo di servitori imbacuccati stava sgomberando la neve. Andò a sfiorargli la fronte con un bacio doveroso.

— Adesso stai bene, figlia?

— Molto meglio, credo — disse lei, e Dom Esteban le indicò di sedersi accanto a lui, scrutandola attentamente in volto, a occhi socchiusi.

— Sei dimagrita. Per gli inferni di Zandru, ragazza mia, hai l’aria di essere stata spolpata dal lupo di Alar! Cos’avevi? Oppure non devo chiederlo?

Callista non immaginava cosa gli avessero detto Andrew e Damon, se pure gli avevano detto qualcosa. — Niente di serio. Disturbi femminili.

— Non ci credo — replicò bruscamente suo padre. — Non sei mai stata malaticcia. Sembra che il matrimonio non ti faccia bene, figliola.

Lei rabbrividì, e sul volto del padre lesse che aveva captato quella sua reazione. Dom Esteban si affrettò a cambiare discorso. — Bene, bene, piccola: lo sapevo da un pezzo, le Torri non lasciano facilmente andare coloro che hanno preso. Ricordo benissimo che per più di un anno Damon ha continuato ad aggirarsi come un’anima perduta negli inferni esterni. — Le batté la mano sul braccio, goffamente. — Non ti farò domande, chiya. Ma se tuo marito non è buono con te…

Callista gli tese la mano, prontamente. — No, no. Andrew non c’entra niente, padre.

Dom Esteban disse: — Quando una donna sposata da poche lune ha l’aspetto che hai tu, di solito c’entra il marito.

Sotto quell’attenzione intensa, lei arrossì: ma la sua voce era ferma. — Ti do la mia parola, padre: non ci sono litigi, e Andrew non ne ha nessuna colpa. — Era la verità, ma non tutta la verità. Non c’era possibilità di dire tutta la verità a chi non apparteneva al suo cerchio chiuso, e non era sicura di conoscerla neppure lei stessa. Dom Esteban sentì che lei cercava di eluderlo, ma non si rassegnò alla barriera tra loro. — Bene, bene: il mondo va come vuole, figlia, non come vorremmo tu e io. Hai fatto colazione?

— No, ho aspettato per tenerti compagnia.

Callista lasciò che suo padre chiamasse i servitori e ordinasse di portarle da mangiare, molto più di quanto lei volesse: ma sapeva che era rimasto colpito dalla sua magrezza e dal suo pallore. Da bambina ubbidiente, si fece forza e mangiò un po’ più di quanto le andasse. Suo padre non le tolse gli occhi da dosso, mentre lei mangiava; e alla fine disse, più gentilmente di quanto fosse sua abitudine: — Qualche volta, piccola, penso che voi figlie dei Comyn che andate a chiudervi nelle Torri rischiate non meno dei nostri figli che entrano nelle Guardie e combattono ai confini… Ed è altrettanto inevitabile, credo, che qualcuna di voi resti ferita.

Cosa sapeva? Cos’aveva capito? Callista sapeva che lui aveva detto tutto ciò che poteva dire senza violare uno dei più forti tabù di una famiglia di telepati. Nonostante l’imbarazzo, si sentiva oscuramente consolata. Non doveva essere stato facile, per lui, spingersi fino a quel punto.

Dom Esteban le porse un barattolo di miele da spalmare sul pane. Callista lo rifiutò, ridendo. — Vuoi farmi ingrassare come un pollo per lo spiedo?

— Forse come un ago da ricamo — replicò lui, ironico. Fissandolo, Callista vide che anche lui era dimagrito, sciupato, con gli occhi profondamente incassati.

— Non c’è nessuno che ti tenga compagnia, padre?

— Oh, Ellemir va e viene dalle cucine. Damon è andato in paese, dalle famiglie degli uomini che sono stati colpiti da congelamento durante la grande tempesta, e Andrew è nella serra a vedere i danni causati dal gelo. Perché non vai a raggiungerlo, piccola? Sono sicuro che c’è abbastanza lavoro per due.

— E di certo non sarei d’aiuto a Ellemir nelle cucine — disse Callista, ridendo. — Più tardi, forse. Se c’è il sole faranno un gran bucato, e devo andare a dare un’occhiata alle stanze della biancheria.

Anche Dom Esteban rise. — Certo Ellemir ha sempre detto che preferirebbe spazzare le stalle, piuttosto che usare un ago! Ma più tardi, forse, potremmo fare ancora un po’ di musica. Ricordo che quand’ero più giovane suonavo il liuto. Forse le mie dita potrebbero ritrovare l’agilità. Ho così poco da fare, a starmene seduto qui tutto il giorno…

Le donne di casa, aiutate da alcuni degli uomini, avevano tirato fuori i grandi mastelli, e stavano lavando i panni nelle cucine sul retro della casa. Callista si accorse che la sua presenza era superflua e sgattaiolò nella piccola distilleria, dove aveva avuto l’abitudine di lavorare. Non c’era più niente che fosse come l’aveva lasciato. Ricordò che Damon aveva lavorato lì, durante la sua malattia: e vedendo il disordine che aveva lasciato, cominciò a rassettare tutto. Si accorse che doveva ricostituire le scorte di alcune medicine comuni, ma mentre era occupata con le più semplici misture di erbe, dividendole in dosi per il tè, ricordò che aveva un compito molto più importante: preparare un po’ di kirian.