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Cosa diavolo era l’amore, comunque?, si chiese. Aveva sempre creduto che innamorarsi di una donna significasse disamorarsi delle altre. Di quale era innamorato, poi? Di sua moglie… o di sua cognata?

Disse, tenendole dolcemente le mani: — Mi sei mancata. — Lei gli sorrise. Dom Esteban disse: — Bentornato, figlio. È stato un viaggio faticoso?

— Non troppo. — Poiché ci si aspettava questo, da lui, si chinò a baciare la scarna guancia del vecchio, e pensò che era pallido: non aveva affatto l’aria di star bene. Concluse che c’era da aspettarselo. — E tu come stai, padre?

— Oh. non cambio mai — disse il vecchio, mentre Callista porgeva una coppa a Andrew. Lui la prese e se la portò alle labbra. Era sidro caldo aromatizzato con spezie, e aveva un sapore meraviglioso, dopo la lunga cavalcata. Era bello, essere a casa. Nella parte inferiore della sala, le donne stavano apparecchiando la tavola per il pasto serale.

— Come va, là fuori? — chiese Dom Esteban, e Andrew incominciò a fare il suo rapporto.

— Quasi tutte le strade sono aperte, anche se ci sono valanghe, e l’ansa del fiume è ghiacciata. Tutto considerato, non abbiamo perso molto bestiame. Abbiamo trovato quattro cavalle e tre puledri congelati nel capanno oltre il guado. Il ghiaccio aveva coperto la biada, e probabilmente sono morti di fame.

Il nobile Alton si era incupito. — Una buona fattrice vale il suo peso in argento; ma con una simile tempesta, avremmo dovuto aspettarci perdite più gravi. Cos’altro?

— Sulla collina, una giornata a cavallo a nord di Corresanti, alcuni puledri erano rimasti isolati dagli altri. Uno, con una zampa rotta, non era riuscito ad arrivare al capanno, e una valanga l’aveva sepolto. Gli altri erano affamati e tremanti, ma si riprenderanno: adesso hanno foraggio e cure, e un uomo è rimasto a badare a loro. Sei vitelli sono morti nel pascolo più lontano, al villaggio di Bellazi. Erano congelati, e gli abitanti del villaggio ci hanno chiesto le carcasse perché la carne era ancora buona; ci hanno detto che tu gliele lasciavi sempre. Ho risposto di seguire pure la consuetudine. Ho fatto bene?

Il vecchio annuì. — È un’usanza in vigore da cent’anni. Il bestiame che muore nella tormenta di neve viene assegnato al villaggio più vicino, che usa la carne e la pelle come crede meglio. In cambio, gli abitanti provvedono riparo e foraggio ai capi di bestiame che capitano là durante la tormenta, e poi li riportano indietro appena possono. Se in una stagione di carestia ne uccidono e ne mangiano qualcuno in più, non me la prendo. Non sono un tiranno.

Le ancelle stavano servendo in tavola. Gli uomini e le donne si radunarono intorno al tavolo nella sala inferiore, e Andrew spinse la sedia a rotelle di Dom Esteban al suo posto, alla tavola alta, dove i familiari si sedettero insieme ad alcuni dei servitori di rango più elevato e agli specialisti che mandavano avanti l’allevamento e la tenuta. Andrew cominciava a pensare che Damon non si sarebbe presentato, quando all’improvviso lui entrò dalla porta in fondo, e, scusatosi con Ellemir per il ritardo, si avvicinò a Andrew con un sorriso di benvenuto.

— Ho sentito, in cortile, che eri tornato. Come te la sei cavata, da solo? Continuavo a pensare che avrei dovuto venire con te, almeno la prima volta.

— Me la sono cavata discretamente, anche se sarei stato lieto della tua compagnia — disse Andrew. Notò che Damon aveva l’aria stanca e sciupata, e si chiese cos’aveva fatto. L’altro non diede spiegazioni, e cominciò invece a far domande sul bestiame e sui capanni del foraggio, sui danni causati dalla tempesta di neve e le condizioni dei ponti e dei guadi, come se in vita sua non avesse fatto altro che collaborare alla direzione di un allevamento di cavalli. Mentre i due parlavano con Dom Esteban, Callista e Ellemir chiacchieravano sottovoce tra loro. Andrew si sorprese a pensare che sarebbe stato bello quando fossero rimasti di nuovo soli: ma non gli dispiaceva di discutere col suocero la situazione dell’allevamento. Quando era arrivato lì aveva temuto di essere accettato solo come marito di Callista, squattrinato e alieno, inutile all’andamento della tenuta, in quello strano mondo. Adesso sapeva di essere accettato e apprezzato come avrebbe potuto esserlo un figlio ed erede del dominio.

Per quasi tutto il pasto discussero le riparazioni degli edifici e dei ponti e la sostituzione dei capi di bestiame perduti. Le donne stavano sparecchiando, quando Callista si sporse e parlò sottovoce al padre. Il vecchio annuì e lei si alzò, battendo leggermente il boccale sul tavolo per chiedere attenzione. I servitori la guardarono, rispettosamente. Una Custode era oggetto di superstiziosa reverenza, e sebbene Callista avesse rinunciato ufficialmente alla sua dignità era ancora considerata con un rispetto superiore al normale. Quando nella sala ci fu silenzio, lei parlò con quella voce sommessa e chiara.

— Qualcuno, qui, senza autorità, è entrato nella mia distilleria e ha preso una certa erba. Se la renderà subito, e se non ne ha fatto un uso illegale, crederò che l’abbia presa per sbaglio e non ci penserò più. Ma se non mi verrà restituita prima di domani mattina, farò ciò che ritengo doveroso.

Nella sala regnava un silenzio confuso. Alcuni si scambiarono mormorii, ma nessuno parlò a voce alta, e alla fine Callista disse: — Sta bene. Pensateci, questa notte. Domani userò tutti i metodi di cui dispongo… — (con un gesto automatico, arrogante, si portò la mano sulla matrice appesa al collo) — per scoprire il colpevole. È tutto. Potete andare.

Era la prima volta che Andrew la vedeva appellarsi deliberatamente alla sua passata autorità di Custode, e si sentiva turbato. Quando lei tornò a sedersi, le chiese: — Cos’è scomparso, Callista?

— Il kireseth  — rispose lei. — È un’erba pericolosa, ed è proibito usarla tranne a coloro che sono stati addestrati nelle Torri, o sotto la loro diretta responsabilità. — Aveva aggrottato la fronte. — Non mi piace l’idea di un individuo ignorante che impazzisce per l’effetto di quella roba. È un allucinogeno.

Dom Esteban protestò: — Oh, su, Callista, senza dubbio non è poi così pericoloso. So che voi delle Torri avete un tabù superstizioso nei confronti di quell’erba, ma qui tra le colline cresce allo stato selvatico, e non ha mai…

— Comunque sono personalmente responsabile, e devo assicurarmi che non venga usato illegalmente a causa della mia trascuratezza.

Damon scosse stancamente la testa. — Non pigliartela con i servitori, Callista. L’ho preso io.

Lei lo fissò, sbalordita. — Tu, Damon? E cosa volevi farne?

— Ti basta sapere che avevo le mie ragioni?

— Ma perché? Se me l’avessi chiesto te l’avrei dato, ma…

— Ma avresti domandato il motivo — disse Damon, col volto contratto dallo sfinimento e dalla sofferenza. — No, Callie, non cercare di leggermi nel pensiero. — I suoi occhi s’indurirono di colpo. — L’ho preso per ragioni che mi sembravano valide, e non te le rivelerò. Forse non ne avrò bisogno, e in questo caso te lo restituirò, ma per il momento credo di potermene servire. Non insistere, breda.

Lei disse: — Ma certo, se è questo che vuoi. — Alzò la coppa e bevve, guardando Damon con aria turbata. Era facile leggere i suoi pensieri: Damon è addestrato all’uso del kirian ma non sa prepararlo: quindi cosa può farsene, dell’erba? Cosa può farsene? Non credo che ne farà cattivo uso, ma che intenzioni ha?