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I servitori si dispersero. Dom Esteban chiese se qualcuno voleva giocare con lui a carte, o ai castelli, il gioco simile agli scacchi che Andrew stava imparando. Fu Andrew ad accettare, e cominciò a studiare i minuscoli pezzi di cristallo con attenzione superficiale: ma la sua mente era altrove. Cosa poteva farsene Damon del kireseth? Damon l’aveva avvertito di non maneggiarlo e di non fiutarlo, lo ricordava benissimo. Mentre muoveva un pedone, che subito venne catturato dal suocero, ebbe l’impressione di sentire i pensieri di Damon filtrare attraverso i confini delle sue emozioni. Sapeva che Damon odiava e temeva il lavoro con la matrice che aveva appreso, cui era stato costretto a rinunciare, e cui aveva dovuto ritornare contro la propria volontà. Fino a quando Callista sarà libera. E anche allora… Ci sono molte cose che un telepate può fare, tante cose che non vengono fatte… Escludendo a forza i pensieri di Damon, Andrew si costrinse a concentrarsi sulla scacchiera: perse tre pedoni in rapida successione, poi commise un grosso errore con una mossa che gli costò il pezzo più importante, il drago. Abbandonò la partita, dicendo, in tono di scusa: — Perdonami, le forme di quei due pezzi mi confondono ancora.

— Non importa — replicò il vecchio, rendendogli garbatamente il pezzo mosso per errore. — Sei un giocatore più abile di Ellemir, anche se lei è la sola che abbia la pazienza di giocare con me. Damon è bravissimo, ma di rado ne ha il tempo. Damon? Quando io e Andrew avremo finito la partita, vuoi sfidare il vincitore?

— Questa sera no, zio — disse Damon, scuotendosi; e il vecchio, guardandosi intorno, vide che quasi tutti i servitori se n’erano andati a letto. Solo il suo valletto indugiava davanti al fuoco, sbadigliando. Il nobile Alton sospirò e guardò la luna, fuori dalla finestra.

— Sono un egoista. Vi tengo qui a parlare per metà notte, e Andrew ha fatto una lunga cavalcata e è rimasto per tanto tempo lontano da sua moglie. Dormo così poco, ormai, e le notti mi sembrano interminabili senza qualcuno che mi tenga compagnia: perciò finisco con l’aggrapparmi a voi. Andate a letto.

Ellemir gli diede il bacio della buonanotte e si ritirò. Callista indugiò per dire qualcosa al valletto del vecchio. Damon si voltò per seguire Ellemir, ma quando arrivò alla porta esitò e tornò indietro.

— Padre, c’è un lavoro molto importante da compiere. Puoi fare a meno di noi per qualche giorno?

— Dovete andare via?

— No, non dobbiamo andare via — rispose Damon. — Ma forse dovrò collocare gli smorzatori ed erigere una barriera per isolare noi quattro. Posso scegliere il momento più opportuno, ma preferirei non rimandare ancora. — Guardò Callista, e Andrew captò il pensiero che Damon cercava di nascondere: Lei morirà di dolore…

— Avremo bisogno almeno di tre o quattro giorni, senza interruzioni. Si può fare?

Il vecchio annuì, lentamente. — Prenditi tutto il tempo che sarà necessario, Damon. Ma se si tratta di un lavoro lungo, sarebbe meglio attendere che sia trascorso il solstizio d’inverno e che siano stati riparati i danni causati dalle nevicate. È possibile?

Andrew notò lo sguardo inquieto che Dom Esteban rivolgeva a Callista, e captò quello che il vecchio non diceva: Una Custode che è stata sciolta dal giuramento? Sapeva che anche Damon l’aveva colto; ma l’altro disse soltanto: — È possibile, e lo faremo. Grazie, padre. — Si chinò ad abbracciare il vecchio, poi lo scrutò aggrottando la fronte mentre i servitori lo spingevano via.

— Sente la mancanza di Dezi, credo. Quali che fossero le colpe di quel ragazzo, per lui era un buon figlio. Per il suo bene, forse avremmo dovuto perdonare Dezi. — Sospirò, mentre salivano le scale. — Si sente così solo. Qui non c’è nessuno che gli faccia veramente compagnia. Al disgelo di primavera dovremmo mandare a chiamare un parente o un amico che gli stia vicino.

Callista saliva i gradini dietro di loro. Damon si fermò prima di dirigersi al proprio appartamento.

— Callie, tu eri stata nominata Custode quando eri giovane: troppo giovane, credo. Avevi seguito l’addestramento anche per gli altri gradi? Sei controllore, meccanico o tecnico? Oppure lavoravi soltanto ai relè centrali come tenerésteis? — Usò il termine arcaico, che di solito in lingua casta veniva tradotto come «Custode», anche se «guardiana» sarebbe stato altrettanto esatto.

— Ma sei stato tu a insegnarmi il controllo, Damon. Per me era il primo anno alla Torre, e l’ultimo per te. Secondo il certificato, sono soltanto un meccanico: non ho mai provato a svolgere il lavoro di un tecnico. I tecnici non mancavano, e io avevo già abbastanza da fare con i relè. Perché?

— Volevo sapere cosa siamo in grado di fare tra tutti e due. Io avevo raggiunto il livello di tecnico. Posso costruire le griglie e gli schermi di cui abbiamo bisogno, se dispongo dei cristalli e dei nodi vergini. Ma potrei aver bisogno di un meccanico, e sicuramente avrò bisogno di un controllore, se dovrò cercare la soluzione che ti ho promesso: perciò voglio essere sicuro che non ti sia lasciata scadere di forma per effettuare il controllo, se sarà necessario. Hai continuato gli esercizi di respirazione?

— Non potrei dormire, altrimenti. Immagino che tutti noi, una volta imparato, continuiamo a farlo per tutta la vita — disse Callista, e Damon sorrise, si tese verso di lei e le sfiorò la guancia con un lieve bacio.

— Magnifico, sorella. Dormi bene. Buonanotte, fratello mio — aggiunse, rivolgendosi a Andrew, e se ne andò.

Era chiaro: qualcosa turbava Damon. Callista era seduta al tavolino da toilette, e s’intrecciava i lunghi capelli. Andrew provò una fitta dolorosa al ricordo di un’altra notte, ma ne distolse il pensiero. Callista, ancora preoccupata per Damon, disse: — È più sconvolto di quanto voglia farci credere. Lo conosco da molto tempo. È inutile fargli domande, se c’è qualcosa che non vuole dire…

Ma cosa intende farsene, del kireseth?

Con un fremito di gelosia, Andrew ricordò che Callista non si era ritratta quando Damon le aveva sfiorato la guancia con un bacio: eppure lui sapeva cosa sarebbe accaduto se avesse fatto altrettanto. Poi, contro la propria volontà, si ritrovò a pensare a Damon e a Ellemir, insieme, riuniti.

Lei era sua moglie, in fin dei conti, e Damon non aveva nessun diritto…

Callista spense la luce e s’infilò nel proprio letto. Con un sospiro, Andrew si sdraiò, seguendo con lo sguardo le quattro lune che si muovevano nel cielo. Infine si addormentò, senza accorgersene. Era come se fosse passato in uno stato di coscienza a mezza strada fra la realtà e i sogni. Damon gli aveva detto che talvolta, nel sonno, la mente ascendeva al sopramondo, senza necessità di uno sforzo cosciente.

Gli sembrava di aver abbandonato il proprio corpo, di muoversi nell’informe grigiore del sopramondo. Da qualche parte — no, dovunque — poteva vedere e percepire Damon e Ellemir che facevano l’amore: e benché sapesse che l’avrebbero accolto con gioia se si fosse unito a loro, se si fosse collegato alla loro intimità, al loro gioioso rapporto, continuò a distogliere gli occhi e la mente da quella vista. Non era un guardone: non era ancora depravato fino a quel punto, neppure lì.

Dopo un lungo tempo trovò la struttura che avevano eretto per lavorare sugli uomini colpiti da congelamento. Temeva di trovarli anche lì, perché sembravano onnipresenti, ma Ellemir dormiva e Damon era seduto su un tronco: aveva l’aria avvilita, e al suo fianco c’era un mazzo di fiori di kireseth secchi.

Gli chiese: — Cosa vuoi farne, Damon? — E l’altro rispose: — Non lo so bene. Perché pensi che non abbia potuto spiegarlo a Callista? È proibito. Tutto è proibito. Non dovremmo neppure essere qui.