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Andrew non c’era mai stato. Non sembrava che la religione avesse una parte molto importante nella vita quotidiana dei dominii: almeno, lì ad Armida era così. Callista si era messa un grande grembiule, e mentre scendevano le scale spiegò: — Era il mio unico compito, quand’ero bambina: io e Dorian ci occupavamo della cappella, per le feste. Elli non era autorizzata a entrarci: era troppo vivace e rompeva tutto.

Era facile immaginare Callista come una bambina molto seria, alla quale si potevano affidare cose fragili e preziose. Disse, quando entrarono nella cappella: — È da quando sono andata alla Torre che non passo più qui a casa la festa. E adesso Dorian è sposata e ha due bambine (io non le ho mai viste), e Domenic è a Thendara a comandare le Guardie, e il mio fratellino minore è a Nevarsin. Non vedo più Vladir da quando era piccolo. Non credo che lo rivedrò prima che sia cresciuto. — Si fermò e rabbrividì, come se avesse scorto qualcosa di spaventoso.

— Dorian somiglia a te e a Elli?

— No, non molto. È bionda, come molti dei Ridenow. Tutti dicevano che era la bellezza della famiglia.

— Stento a credere che tutti, in famiglia, ci vedessero male — disse Andrew, ridendo; lei arrossì, e lo condusse nella cappella.

Al centro c’era un altare quadrilatero, una lastra di pietra bianca, traslucida, che sembrava antichissima. Alle pareti c’erano vecchi affreschi. Callista li indicò, spiegando a bassa voce: — Quelli sono i Quattro, gli antichi dèi: Aldones, il Signore della Luce; Zandru, che opera il male nell’oscurità; Evanda, signora della primavera e della vegetazione; e Avarra, la tenebrosa madre della nascita e della morte. — Prese una scopa e cominciò a spazzare il pavimento polveroso. Andrew si chiese se Callista credeva davvero a quegli dèi o se la sua osservanza religiosa era puramente formale. Il suo sprezzo per la religione doveva essere qualcosa di diverso da ciò che ne pensava lui.

Callista disse, esitando: — Non so bene in cosa credo. Sono una Custode, una tenerésteis, un meccanico. Ci è stato insegnato che l’ordine dell’universo non dipende da nessuna divinità, eppure… eppure, chissà, forse sono stati gli dèi a stabilire le leggi che hanno fatto le cose come sono, le leggi cui non possiamo disubbidire. — Si fermò, silenziosa, per un momento; poi andò a spazzare nell’angolo, chiamando Andrew perché l’aiutasse a togliere la polvere e a raccogliere dall’altare i piatti e i recipienti. In una nicchia c’era la statua vecchissima di una donna velata, circondata da teste di bambino, rozzamente scolpite in pietra azzurra. Lei disse, a voce bassa: — Forse sono superstiziosa, dopotutto. Questa è Cassilda, chiamata la Beata, che ha partorito un figlio al sovrano Hastur, figlio della Luce. Dicono che dai sette figli di lui siano discesi i Sette Dominii. Non so se sia vero, o una leggenda o una favola, o il ricordo confuso di qualche antica verità, ma le donne della nostra famiglia fanno offerte… — Tacque, e sulla polvere dell’altare negletto Andrew vide un mazzo di fiori lasciato ad avvizzire.

L’offerta di Ellemir, quando aveva creduto di poter dare un figlio a Damon…

In silenzio, lui passò il braccio intorno alla vita di Callista: si sentiva più vicino a lei di quanto si fosse mai sentito dopo la spaventosa notte della catastrofe. Nella trama di un matrimonio erano intessuti molti strani fili. Callista muoveva le labbra, e Andrew si chiese se stava pregando; poi lei alzò la testa, sospirò, prese il mazzo avvizzito e lo lasciò cadere delicatamente sul mucchio di polvere.

— Vieni, dobbiamo lavare tutti i recipienti e pulire l’altare per accendervi il nuovo fuoco. Dobbiamo lucidare tutti i candelieri… Chissà perché hanno lasciato tutte le smoccolature di cera, l’anno scorso? — La sua voce aveva ritrovato la gaiezza. — Va’ al pozzo, per favore, e portami un po’ d’acqua.

A mezzogiorno il grande disco rosso del sole era librato nel cielo limpido e senza nubi, e due o tre delle Guardie più robuste portarono Dom Esteban nel cortile, mentre Damon sistemava lo specchio, la lente e l’esca che avrebbero acceso il fuoco nell’antico braciere di pietra. Si sentiva il profumo dell’incenso balsamico che Callista aveva acceso sull’altare della cappella, e Damon, guardando Callista e Ellemir, ebbe l’impressione di rivederle bambine, solenni e compunte nelle vesti a quadretti, con i riccioli sciolti intorno alle guance. Qualche volta, Dorian aveva portato una delle sue bambole alla cerimonia… ma Damon non ricordava di aver mai visto Callista o Ellemir con una bambola. E lui e Coryn, allora, stavano al fianco di Dom Esteban… Adesso il vecchio non poteva inginocchiarsi accanto al braciere, e fu Damon a reggere la lente finché il raggio concentrato si insinuò tra le fascine e gli aghi resinosi, sollevando un sottile filo di fumo fragrante. Per molto tempo il fumo continuò a salire. Poi una scintilla cremisi fece eco al riflesso del sole nello specchio, e al centro del fumo scaturì una fiammella. Damon si chinò sul braciere, alimentandola con aghi resinosi e trucioli finché il fuoco divampò, tra gli applausi e le grida dei presenti. Porse il braciere a Ellemir, che lo portò nella cappella, all’altare. Poi, ridendo e scambiandosi auguri, tutti cominciarono a lasciare il cortile, sfilando davanti al vecchio per ricevere i doni. Ellemir, ritta accanto al padre, li distribuiva: gingilli d’argento e talvolta di rame. In qualche caso, ai servitori più apprezzati, consegnava certificati che davano loro il diritto sui capi di bestiame o altre proprietà. Callista e Ellemir, una dopo l’altra, si chinarono a baciare il padre e augurargli una buona stagione. Alle figlie, Dom Esteban donò pellicce preziose che potevano servire per cavalcare anche col tempo peggiore.

Il suo dono per Andrew fu una serie di rasoi in un astuccio di velluto. I rasoi erano di una lega metallica leggera, e Andrew sapeva che, su un pianeta come Darkover, dove i metalli scarseggiavano, era un regalo splendido. Si piegò, impacciato, e abbracciò il vecchio. Il contatto di quelle guance baffute contro le sue gli diede un bizzarro senso di calore, di familiarità.

— Buona festa a te, figlio, e buon anno nuovo.

— Anche a te, padre — disse Andrew, rammaricandosi di non saper trovare parole più eloquenti. Eppure sentiva di aver compiuto un altro passo verso l’accettazione di quella casa. Callista gli strinse la mano, mentre rientravano per preparare il banchetto serale.

Per tutto il pomeriggio continuarono ad arrivare ospiti dalle fattorie e dalle piccole tenute dei dintorni: molti erano stati presenti anche alle nozze. Quando salì a vestirsi per la cena, Damon si trovò esiliato dalla sua metà dell’appartamento. Ellemir, attirandolo nelle stanze di Andrew e Callista, gli disse: — Ho ceduto le nostre camere ai visitatori venuti da Syrtis, Loran e Caitlia e alle loro figlie. Io e te passeremo la notte qui, con Andrew e Callista. Ho qui i vostri abiti per la festa.

Andrew, dividendo allegramente con Damon lo spazio limitato, abbassò lo specchio perché il cognato, che era più basso di lui, potesse farsi la barba. Si chinò, toccandosi i capelli che gli erano cresciuti sul collo. — Dovrei trovare qualcuno che me li tagli — disse, e Damon rise.

— Non sei un monaco né una Guardia, quindi non li vorrai più corti di adesso, vero? — Damon portava i capelli tagliati all’altezza del colletto: Andrew scrollò le spalle. Le usanze e le mode erano fattori relativi. A lui sembrava di avere i capelli lunghissimi, in disordine, eppure erano più corti di quelli di Damon. Mentre si radeva con i rasoi nuovi, si chiese perché, su un pianeta gelido come Darkover, soltanto i vecchi portassero la barba lunga per ripararsi dal freddo. Ma del resto, le usanze non avevano senso.

Al pianterreno, quando guardò la sala ornata di rami verdi, e le torte alle spezie che avevano un profumo simile a quello del pane allo zenzero dei suoi Natali terrestri, ebbe la sensazione di rivivere una festa della sua infanzia. Moltissimi ospiti li aveva già visti in occasione del suo matrimonio. Gli invitati ballavano e bevevano tanto da stupirlo, perché aveva sempre pensato che i montanari di Darkover fossero tipi sobri. Lo disse a Damon, e quello annuì. — Lo siamo davvero. Perciò beviamo solo nelle occasioni speciali, e non capitano spesso. E allora ne approfittiamo. Bevi, fratello! — Damon mostrava di far tesoro di quel consiglio: era già mezzo sbronzo.