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E poi riapparve: non era la solida e tozza struttura di sassi che lui aveva visto ergersi dietro le mura di Città Neskaya, ma una torre alta, luminosa, splendente di pietra celeste. Neskaya! Neskaya nell’epoca del suo splendore, prima che i Comyn decadessero. Damon rabbrividì. Vedeva ciò che nessuno dei viventi del suo tempo aveva mai visto: la Torre di Neskaya nei giorni della gloria dei Comyn.

Una luce incominciò a brillare nel cortile, e in quello scintillio Damon vide un giovane: e ricordò, con lieto stupore, che l’aveva già visto. Decise d’interpretarlo come un presagio. Il giovane portava i colori verde e oro, e aveva al dito un grande anello risplendente: un anello o una matrice? Senza dubbio quel volto delicato e gli abiti verde e oro di foggia antica indicavano che era un Ridenow. Sì, Damon l’aveva già visto, fuggevolmente. Sentì se stesso prendere forma, con un bizzarro senso di sollievo. Sapeva che il suo corpo, in quel complesso livello astrale, era solo un’immagine, l’ombra di un’ombra. Per un attimo fu conscio del suo corpo vero, freddo e comatoso e intorpidito, che ansimava in una lontananza inimmaginabile. Ma il corpo che indossava in quel livello superiore era libero, sereno. Dopo l’eternità amorfa, anche l’ombra di una forma alleviava la tensione, gli dava quasi un’esplosione di piacere. Un peso solido, il sangue che gli pulsava nelle vene, occhi che vedevano… L’immagine del giovane ondeggiò, si consolidò. Sì, era un Ridenow, e somigliava al fratello di Damon, Kieran, l’unico fratello che Damon amasse anziché tollerarlo per cortesia in nome del sangue comune.

Damon provò uno slancio di affetto per lo sconosciuto, che doveva essere uno dei suoi lontani antenati. Indossava una lunga veste sciolta d’oro, con una cintura verde, e scrutava Damon con calma gentilezza. Disse: — A giudicare dal tuo volto e dalle tue vesti, sicuramente appartieni al mio clan. Stai vagando in un sogno, parente, oppure mi cerchi da un’altra Torre?

Damon disse: — Sono Damon Ridenow. — Stava per dire che adesso non era un operatore di una Torre, ma ricordò che su quel livello il tempo non aveva significato. Se tutto il tempo coesisteva, come appunto doveva essere, allora il periodo in cui era stato un tecnico psi era reale e presente quanto il momento in cui lui giaceva ad Armida, impegnato nella Ricerca. — Damon Ridenow, Terzo nella Torre di Arilinn, tecnico, agli ordini della Custode Leonie di Arilinn, dama Hastur.

Il giovane disse, gentilmente: — Senza dubbio tu stai sognando, o sei pazzo o sperduto nel tempo. Io conosco tutti i Custodi da Nevarsin a Hali, e tra loro non c’è nessuna Leonie e nessuna Hastur. — Sorrise, cortese. — Devo rimandarti al tuo luogo e al tuo tempo? Questi livelli sono pericolosi, e un tecnico non può percorrerli senza rischi. Potrai ritornare qui quando avrai raggiunto la forza di Custode, cugino, e il fatto che sia venuto ora mi dimostra che quella forza l’hai già. Ma io posso inviarti a un livello sicuro, e mi auguro che tu abbia non meno prudenza che coraggio.

— Non sono pazzo e non sto sognando — replicò Damon. — E non mi sono smarrito nel tempo, sebbene in verità sia lontanissimo dai miei giorni. È stata la mia Custode a mandarmi qui, e forse sei tu colui che cerco. Chi sei?

— Io sono Varzil. Varzil di Neskaya, Custode della Torre.

Custode. Damon sapeva che anticamente anche gli uomini potevano diventare Custodi. Però il giovane aveva usato la parola in una forma che lui non aveva mai udito: tenerézu. Quando Leonie gli aveva parlato dei Custodi maschi aveva usato la forma comune del termine, che era invariabilmente femminile. Pronunciata da Varzil, quella parola fu un trauma. Varzil! Il leggendario Varzil il Buono, che aveva bonificato Hali dopo il cataclisma che aveva distrutto il lago. — Ai miei tempi tu sei una leggenda, Varzil di Neskaya: sei ricordato come Signore di Hali.

Varzil sorrise. Aveva il volto sereno e intelligente ma animato di curiosità, senza l’espressione chiusa e remota di tutte le Custodi che Damon aveva conosciuto. — Una leggenda, cugino? Bene, immagino che le leggende mentano nel tuo tempo come nel mio, e forse sarebbe meglio per me non sapere nulla di ciò che sta nel futuro, per non cedere alla paura o all’arroganza. Non dirmi nulla. Però, una cosa l’hai già detta. Se nei tuoi tempi una donna è Custode, allora la mia opera è riuscita, e coloro che credevano una donna troppo debole per diventare Custode sono stati ridotti al silenzio. Ora so che la mia opera non è inutile. E poiché mi hai fatto un dono, un dono di fiducia, cosa posso darti in cambio? Certo non hai intrapreso un viaggio così lungo senza una grave necessità.

— La necessità non è mia, ma di una mia parente. È stata addestrata per diventare Custode di Arilinn, ma è stata sciolta dal voto per sposarsi.

— E per questo è necessario che venga sciolta dal voto? — chiese Varzil. — Ma cosa posso fare, per te? Già nel mio tempo un Custode non viene più mutilato chirurgicamente: oppure mi credi un eunuco? — Rise con una gaiezza che a Damon, inspiegabilmente, ricordò Ellemir.

— No: ma è rimasta in uno stato a mezza strada fra quello di Custode e quello di donna normale. I suoi canali sono stati fissati sul modello di Custode quando era troppo giovane, prima della pubertà, e lei non può ricondizionarli all’uso normale.

Varzil sembrava assorto. Disse: — Sì, questo può accadere. Dimmi: quanti anni aveva, quando ha iniziato l’addestramento?

— Fra i tredici e i quattordici, credo.

Varzil annuì. — L’immaginavo. La mente si imprime profondamente sul corpo, e i canali non possono riadattarsi se nella sua mente c’è l’impronta di molti anni vissuti come Custode. Tu devi ricondurre la sua mente ai tempi in cui il suo corpo era libero, prima che i canali venissero alterati e bloccati, prima che gli anni vissuti come Custode incidessero lo schema nei nervi. Quando la sua mente sarà libera, il corpo si libererà. Poi, quando la condurrai attraverso il sacramento… Ma aspetta: sei sicuro che i canali non siano stati modificati chirurgicamente, che i nervi non siano stati recisi?

— No: sembra che sia stato fatto mediante l’addestramento con la matrice…

Varzil scrollò le spalle. — È superfluo, ma non è grave. Ci sono sempre alcune donne che bloccano così i loro canali, ma la liberazione viene con la festa della Fine dell’Anno. Alcuni dei nostri primi Custodi erano chieri, né uomini né donne, emmasca: e anche loro si ritrovavano bloccati in quello schema. Naturalmente, è per questo che abbiamo istituito il vecchio rito sacramentale della Fine dell’Anno. Quanto devi amarla, cugino, per essere venuto così lontano! Ti auguro che ti dia figli che facciano onore al tuo clan non meno del loro coraggioso padre.

— Non è mia moglie — replicò Damon. — È sposata al mio fratello giurato… — Appena lo disse si sentì confuso, perché sembrava che quelle parole non avessero significato per Varzil, il quale scosse il capo.

— Sei il suo Custode: tu ne sei responsabile.

— No, la Custode è lei — protestò Damon, con un’irritabilità improvvisa e spaventosa, e Varzil lo fissò con uno sguardo penetrante. Il sopramondo vibrò, tremò, e per un momento Damon non vide più Varziclass="underline" perfino lo scintillio dell’anello si era affievolito in un fioco e lontano punto azzurro. Era una matrice? Si sentiva soffocare, sprofondare nella tenebra. Udì Varzil chiamarlo da lontano; e poi, con sollievo, sentì la mano chiudersi leggera sull’immagine della sua mano. Il suo corpo si rimise a fuoco; ma si sentiva debole e nauseato. Intravedeva appena Varzil, e dietro di lui un cerchio di volti, uno scintillante anello di pietre, volti di Comyn che dovevano essere i suoi avi dimenticati. Varzil parlò in tono di profonda preoccupazione.