— Non devi più rimanere qui, cugino: questo livello è mortale per coloro che non sono addestrati. Ritorna, se devi, quando avrai conquistato la tua forza piena come tenerézu. Non temere per la donna che ti è cara. Spetta a te, come suo Custode, condurla all’antico sacramento della Fine dell’Anno, come se fosse per metà chieri ed emmasca. Temo che dovrai attendere quella festa, se lei dovrà lavorare nel frattempo come Custode: ma dopo, tutto andrà bene. E né fra trecento anni, né tra mille, un figlio delle Torri dimenticherà la festa. — Damon barcollò, stordito, e Varzil lo sorresse di nuovo, dicendo con gentile premura: — Guarda nel mio anello. Ti rimanderò a un livello sicuro. Non temere, l’anello non comporta i pericoli delle normali matrici. Addio, parente, porta il mio saluto affettuoso a colei che ti è cara.
Damon disse, mentre si sentiva la coscienza svanire brancolando: — Non… non capisco. — Non c’era più nulla di nitido, ormai, tranne l’anello di Varzil, che splendeva corrusco disperdendo la tenebra. Io l’ho già visto, come un faro.
Non aveva più voce. Non poteva più formulare le parole. Ma Varzil era vicino a lui nell’oscurità. Sì, ora andrò e porrò un faro per guidarti qui: questo anello.
Damon pensò, confusamente: Io l’ho già visto.
Non lottare con le definizioni del tempo, cugino. Quando sarai Custode, comprenderai.
Nel mio tempo, gli uomini non diventano Custodi.
Eppure tu sei un Custode, altrimenti non avresti potuto venire qui senza morire. Ora non posso più attendere per rimandarti indietro sano e salvo, cugino, fratello…
Lo splendore dell’anello pervase la coscienza di Damon. La vista svanì, la luce l’abbandonò, il suo corpo divenne informe. Fluttuava, sforzandosi di conservare l’equilibrio su un abisso di nulla. Cercò di aggrapparsi a qualcosa, si sentì trascinare via, precipitare. Tutti i livelli che ho scalato con tanta fatica… devo attraversarli in una caduta…?
Precipitò: e seppe che avrebbe continuato a precipitare, a precipitare per centinaia di anni.
Tenebra. Sofferenza. Sfinimento. Poi la voce di Callista: — Credo che stia riprendendo i sensi. Andrew, sollevagli la testa, ti prego. Elli, se non smetti di piangere ti mando via: e dico sul serio! — Lui sentì il bruciore del firi sulla lingua, poi il volto di Callista apparve nel suo campo visivo. Mormorò (e sentì che batteva i denti): — Freddo… Ho tanto freddo…
— No, amore — disse dolcemente Callista. — Sei avvolto in tutte le coperte che abbiamo, e hai i mattoni caldi sotto i piedi. Il freddo è dentro di te: credi che non lo sappia? No, basta firi. Fra un momento ti daremo un brodo caldo.
Ora la vista era ritornata: e ogni dettaglio del suo viaggio, del dialogo con Varzil, gli riaffluì nella mente. Aveva incontrato davvero un antenato morto da così tanto tempo che ormai anche le sue ossa erano polvere? Oppure aveva sognato, trasformando in immagini una conoscenza profondamente sepolta nel suo inconscio? Oppure la sua mente si era addentrata nel tempo per leggere ciò che stava scritto nella trama del passato? Qual era la realtà?
Ma a quale festa si era riferito Varzil? Aveva detto che neppure dopo trecento o mille anni i Comyn avrebbero dimenticato la festa del sacramento: ma non aveva tenuto conto delle epoche del caos, della distruzione della Torre di Neskaya.
Eppure, la soluzione c’era. Era oscura, ma lui poteva già vedere a cosa portava. La mente s’imprime profondamente nel corpo. Perciò doveva riportare la mente di Callista al tempo in cui il suo corpo era libero dalle crudeli costrizioni degli anni vissuti come Custode. Spetta a te, come suo Custode, condurla all’antico sacramento della Fine dell’Anno, come se fosse per metà chieri ed emmasca.
Quale che fosse stata l’antica festa, si poteva ricostruire, in un modo o nell’altro… Un rituale per liberare la mente dalle costrizioni? Se ogni altra cosa fosse stata inutile… cos’aveva detto, Varzil? Ritorna qui quando avrai conquistato la tua piena forza come Custode.
Damon rabbrividì. Dunque doveva continuare quel lavoro spaventoso, al di fuori della protezione di una Torre, per diventare veramente un Custode, realizzando il potenziale che Leonie aveva intravisto in lui? Bene: si era impegnato, e forse per Callista non c’era altra via d’uscita.
Forse non sarebbe stato tanto orribile, pensò, con un filo di speranza. Nelle altre Torri dovevano esserci documenti relativi alla festa della Fine dell’Anno; o forse a Hali, nel rhu fead, il luogo sacro dei Comyn.
Ellemir lo guardava, da sopra la spalla di Callista. Aveva gli occhi rossi di pianto. Damon si levò a sedere, stringendosi addosso le coperte. — Ti ho fatto paura, amore?
Lei represse un grido. — Eri così freddo e irrigidito… Sembrava che non respirassi neppure. E poi hai cominciato ad ansimare, a gemere… Credevo che stessi morendo, che fossi morto… Oh, Damon! — Gli strinse le mani. — Non farlo mai più! Promettimelo!
Quaranta giorni prima, sarebbe stato felice di prometterlo… — Tesoro, questo è il lavoro per il quale sono stato addestrato, e devo essere libero di compierlo quando è necessario. — Varzil l’aveva salutato come Custode. Era quello, il suo destino?
Ma non in una Torre, mai più. Avevano imparato a deformare le vite degli operatori. Cercando di liberare Callista, avrebbe liberato tutti i suoi discendenti?
Callista alzò il capo, a un lieve suono. — Devono aver portato il vassoio che avevo chiesto. Va’ a prenderlo, Andrew: non vogliamo estranei, qui dentro. — Quando Andrew tornò, lei versò il brodo caldo in un boccale. — Bevilo più in fretta che puoi, Damon. Sei debole come un uccellino appena uscito dall’uovo.
Con una smorfia, lui disse: — La prossima volta credo che resterò nel guscio. — Cominciò a bere a sorsi esitanti: all’inizio non era sicuro che sarebbe riuscito a inghiottire. Le sue mani non reggevano il boccale, e Andrew l’aiutò.
— Per quanto tempo sono stato lontano?
— Tutto il giorno e gran parte della notte — rispose Callista. — E naturalmente neppure io ho potuto muovermi per tutto quel tempo, perciò sono irrigidita come il coperchio di una bara. — Stancamente, si stirò le membra intorpidite; e Andrew, lasciando a Ellemir il compito di reggere il boccale di Damon, s’inginocchiò davanti a lei, le sfilò le pantofole di velluto e le massaggiò i piedi. — Come sono freddi! — esclamò sgomento.
— L’unico vantaggio dei livelli superiori, rispetto all’inverno di Nevarsin, è che non ci si può congelare — disse Callista, e Damon sorrise ironicamente. — Non ci si congela neppure negli inferni, ma non ho mai sentito dire che sia una buona ragione per non starne alla larga. — Andrew lo guardò sconcertato, e Damon chiese: — Oppure la tua gente ha un inferno caldissimo, come gli abitanti delle Città Aride?
Andrew annuì. Damon finì di bere il brodo, poi tese il boccale per chiederne ancora. Spiegò: — Si dice che Zandru regni su nove inferni, uno più gelido dell’altro. Quando ero a Nevarsin, dicevano che il dormitorio degli studenti veniva mantenuto alla temperatura del quarto inferno, per insegnarci quello che potevamo aspettarci se avessimo violato i regolamenti. — Guardò la tenebra oltre la finestra. — Nevica?
Andrew ribatté: — Quando mai non nevica, di notte?
Damon strinse le dita intorno al boccale di pietra. — Oh, qualche volta, d’estate, abbiamo otto o dieci notti senza neve.