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— Aspetta, aspetta… — Andrew era confuso. — Elli, amor mio…

— Come osi chiamarmi così dopo… dopo un simile insulto?

Lui le tese la mano. — Aspetta, Ellemir, ti prego. Anche questa volta non ho capito. Credevo… Vuoi dirmi che sei contenta di essere incinta?

Anche Ellemir era confusa. — E come potrei non esserlo? Che genere di donne hai conosciuto, tu? Stamattina ero così felice, così immensamente felice quando Ferrika mi ha detto che ormai era sicuro, che non mi lasciavo semplicemente suggestionare dai miei desideri. — Sembrava sul punto di piangere. — Volevo dividere con te la mia felicità e tu mi tratti come una prostituta, come se fossi indegna di partorire tuo figlio! — All’improvviso, scoppiò in singhiozzi. Andrew l’attirò a sé. Ellemir lo respinse, e poi gli si abbandonò contro la spalla, piangendo.

Andrew disse, disperato: — Oh, Ellemir, Ellemir, riuscirò mai a capirvi? Se questo ti rende felice, allora naturalmente ne sono felice anch’io. — Si accorse che lo pensava davvero.

Lei tirò su col naso e alzò la testa, radiosa come un giorno di primavera, tutta sole e acquazzoni. — Davvero, Andrew? Sei davvero felice?

— Certo, tesoro, se lo sei tu. — Qualunque complicazione possa comportare, aggiunse tra sé. Doveva essere figlio suo, altrimenti l’avrebbe detto prima a Damon.

Lei captò la sua confusione. — Ma cosa potrebbe pensare Damon? Condivide la mia felicità, naturalmente, ed è contento! — Ellemir rovesciò la testa all’indietro, lo guardò in faccia e disse: — Anche questo non andrebbe bene, per la tua gente? Allora sono lieta di non conoscerla.

La ripetizione di quei traumi aveva finito con l’attutire le reazioni di Andrew. — Damon è mio amico: il mio migliore amico. Tra la mia gente, sarebbe considerato un tradimento. La moglie del mio migliore amico sarebbe per me la più proibita tra tutte le donne.

Lei scosse la testa. — Non credo che la tua gente mi piacerebbe. Pensi che dividerei il mio letto con un uomo che mio marito non approvasse e amasse? Pensi che vorrei partorire il figlio di un estraneo o di un nemico, perché mio marito gli facesse da padre? — Dopo un momento aggiunse: — È vero, prima volevo dare un figlio a Damon: ma tu sai cos’è accaduto, e potrebbe accadere ancora. Siamo parenti troppo stretti, e perciò forse decideremo di non avere figli, perché lui non ha bisogno di un erede di sangue Ridenow e il figlio che ci hai dato tu sarà probabilmente più sano e più forte di quello che potrebbe darmi lui.

— Capisco. — Andrew dovette ammettere che quel ragionamento era abbastanza logico: ma indugiò per esaminare i propri sentimenti. Un figlio suo e di una donna che amava. Ma non della sua adorata moglie. Un bambino che avrebbe chiamato padre un altro uomo, e sul quale lui non avrebbe avuto nessun diritto. E cos’avrebbe pensato, Callista? Le sarebbe sembrato un altro segno della sua esclusione? Si sarebbe sentita tradita?

Ellemir disse dolcemente: — Sono sicura che anche lei sarà felice per me. Non pensare che io sia disposta ad aggiungere un altro peso alla sua angoscia, quando ha già tanto da sopportare.

Andrew era ancora incerto. — Lei lo sa?

— No, anche se forse lo sospetta, naturalmente. — Ellemir esitò. — Dimentico sempre che tu non sei uno di noi. Glielo dirò, se vuoi, anche se uno dei nostri preferirebbe dirglielo di persona.

Andrew non conosceva e non capiva il complesso galateo di quelle situazioni: ma all’improvviso provò l’impulso di fare ciò che era ritenuto giusto nel suo mondo d’adozione. Annunciò, con fermezza: — Glielo dirò io.

Ma avrebbe scelto il momento opportuno, quando Callista non avrebbe potuto dubitare del suo amore.

Andò nella propria camera, confuso, e mentre si preparava per la cena i suoi pensieri seguivano uno strano contrappunto dell’impegno pratico di lavarsi, di spuntare la barba che si era fatto crescere in sfida alla consuetudine, d’indossare gli abiti da casa.

Suo figlio. Lì, su un mondo estraneo… e non era neppure figlio di sua moglie. Ma a Ellemir non sembrava assurdo, e Damon evidentemente lo sapeva e approvava. Era un mondo strano, e lui ne faceva parte.

Prima che avesse finito di prepararsi udì un gruppo di cavalieri nel cortile, e quando scese trovò il fratello di Damon, Kieran, che tornava da una visita invernale a Thendara insieme al figlio maggiore — un ragazzo sui quattordici anni, dai capelli rossi e dagli occhi vivaci — e a cinque o sei fra Guardie, scudieri e accompagnatori. Andrew non aveva provato simpatia per Lorenz, il fratello maggiore di Damon, ma trovò simpatico Kieran, e fu lieto di avere notizie del resto del mondo, non meno di Dom Esteban.

— Dimmi come sta Domenic — chiese il vecchio, e Kieran sorrise, dicendo: — L’ho visto spesso. Kester — continuò, indicando il figlio, — deve entrare nel corpo dei Cadetti, quest’estate, quindi ho ritenuto opportuno rifiutare la sua offerta di prendere il posto di Danvan come maestro dei Cadetti: nessun uomo può essere maestro del proprio figlio. — Sorrise per togliere l’asprezza dalle parole che stava per pronunciare. — Non voglio essere duro con mio figlio come tu hai dovuto essere con i tuoi, nobile Alton.

— Domenic sta bene? Svolge con efficienza il suo compito?

— A quanto posso dire io, neppure tu sapresti fare meglio — rispose Kieran. — Dà molto ascolto a quelli che sono più esperti di lui. Chiede spesso consiglio a Kyrii Ardais e a Danvan, e perfino a Lorenz, anche se non credo — rivolse uno sguardo di sottecchi a Damon, ironicamente) — che stimi Lorenz più di quanto lo stimiamo noi. Tuttavia è molto prudente e diplomatico, si è fatto amicizie utili, e non ha favoriti. I sui bredin sono entrambi bravi ragazzi, il giovane Cathal Lindir e uno dei suoi fratelli nedestro… mi sembra che si chiami Dezirado.

— Deziderio — disse Dom Esteban, con un sorriso di sollievo. — Mi fa piacere sapere che anche Dezi si comporta bene.

— Oh, sì. Quei tre sono sempre insieme, ma non si mettono nei guai con risse e prostitute. Sono sobri come monaci, tutti e tre. Si direbbe che Domenic si sia reso conto, come un uomo fatto, che un comandante così giovane sarebbe stato tenuto d’occhio giorno e notte. Non che siano puritani immusoniti: il giovane Nic è sempre pronto a ridere e scherzare, ma è conscio della sua responsabilità. — Andrew, ricordando il ragazzo cordiale e scatenato che gli era stato al fianco al momento delle nozze, si rallegrò che Domenic se la cavasse bene. Quanto a Dezi, forse un lavoro impegnativo, e la certezza che Domenic riconosceva il suo posto nella famiglia come il vecchio non avrebbe mai fatto, avrebbero potuto aiutarlo a trovare se stesso. Se l’augurava. Sapeva cosa significava avere la sensazione di non appartenere a niente e a nessuno.

— Ci sono altre notizie, cognato? — chiese impaziente Ellemir, e Kieran sorrise. — Certo, sorella, avrei dovuto far caso ai pettegolezzi delle dame di Thendara. Lasciami pensare… Ci sono stati disordini nella strada dove sorge la Casa delle Corporazioni delle Amazzoni: un uomo, dicono, sosteneva che sua moglie era stata condotta lì contro la sua volontà…

— Non è vero! — l’interruppe indignata Ferrika. — Perdonami, Dom Kieran, ma una donna deve presentarsi spontaneamente e chiedere di esservi ammessa.

Kieran rise, bonariamente. — Non ne dubito, mestra, ma a Thendara si racconta che l’uomo è andato con un gruppo di armati per riprenderla, e che sua moglie si è battuta a fianco delle Amazzoni per difendere la casa, e l’ha ferito. La storia ingigantisce, passando di bocca in bocca. Un giorno, senza dubbio, racconteranno che la donna ha ucciso il marito e ha inchiodato la sua testa al muro. Ah, poi, al mercato c’era qualcuno che metteva in mostra il corpo di un puledro con due teste: ma il mio scudiero mi ha detto che era una truffa, e neppure molto abile. Da ragazzo è stato apprendista presso un sellaio, e conosce i loro trucchi. E ancora, lasciami riflettere un momento… oh, già. Mentre attraversavo le colline, ho sentito parlare di un prato di kireseth in fiore durante i giorni caldi: non un vero Vento Fantasma come in estate, ma una fioritura invernale.