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— Avevo una cosa da dirti, Callista — rispose lui, bruscamente. — Sapevi che Ellemir è di nuovo incinta?

Il volto di lei s’illuminò di un sorriso. — Sono così contenta per Elli! È stata così coraggiosa, ma adesso non avrà più motivo per rattristarsi.

— Non hai capito — insistette Andrew. — Dice che il bambino è mio…

— Oh, certo — fece Callista. — Mi aveva detto che Damon non voleva lasciarla tentare di nuovo, troppo presto, per timore che… che lo perdesse. Ne sono felice, Andrew.

Sarebbe mai riuscito ad abituarsi alle loro usanze? Probabilmente per lui era una fortuna, ma… — Non ti dispiace, Callista?

Lei fece per rispondere (Andrew quasi udì le parole) «Perché dovrebbe dispiacermi?». Ma poi lui si accorse che le tratteneva. Nonostante tutto, sotto un certo aspetto era ancora uno straniero. Infine Callista disse: — No, Andrew, davvero, non mi dispiace. Non credo che tu capisca, ma cerca di vederla così. — Sorrise di nuovo gaiamente. — Ci sarà un bambino in casa nostra, tuo figlio: e anche se i bambini mi piacciono abbastanza, per ora non vorrei averne. Anzi… e questo è proprio buffo, Andrew — aggiunse ridendo. — Sebbene io e Ellemir siamo gemelle, non mi sento ancora abbastanza vecchia per avere un figlio! Non sai che le levatrici sostengono che una donna non dovrebbe aver figli se non tre anni dopo la pubertà? E per me non è ancora trascorso mezzo anno. Non è strano? Io e Elli siamo gemelle, e lei è incinta per la seconda volta, mentre io non sono abbastanza adulta per avere un bambino!

Andrew rabbrividì, a quella battuta. Lei riusciva a scherzare sulla forzata immaturità del proprio corpo… eppure, era proprio quella sua capacità di trovare motivo di allegria in una cosa simile che li aveva salvati tutti dalla disperazione.

Raggiunsero la valle del vecchio ponte di pietra, dov’erano nate le puledre gemelle. Salirono insieme il lungo pendio, legarono i cavalli a un albero e smontarono.

— Il kireseth è un fiore delle vette — disse Callista. — Non cresce nelle valli coltivate, e probabilmente è un bene. Qualche volta gli uomini lo strappano, quando spunta sui pendii più bassi, perché il polline causa guai: alla fioritura, perfino i cavalli e i bovini si comportano come se fossero imbizzarriti, fuggono, si aggrediscono a vicenda, si accoppiano fuori stagione. Ma è una pianta preziosa, perché ne ricaviamo il kirian. E guarda, è bellissimo — aggiunse, indicando il lungo pendio erboso coperto da una cascata di fiori azzurri con gli stami dorati che luccicavano. Alcuni erano ancora celesti, altri — per via del polline — sembravano campanule auree.

Callista si legò un pezzo di stoffa leggera sulla parte inferiore del volto, come una maschera. — Io ho imparato a maneggiarlo senza reagire — disse. — Comunque, preferisco non respirare troppo polline.

Andrew rimase a guardarla, mentre faceva i preparativi per cogliere i fiori; ma lei l’avvertì: — Non avvicinarti troppo. Non hai esperienza. Tutti quelli che vivono tra le Colline di Kilghard si sono trovati nel Vento Fantasma, e sanno come reagiranno: ma fa effetti molto strani. Resta sotto gli alberi con i cavalli.

Andrew esitò, ma lei ripeté con fermezza l’ingiunzione. — Credi che abbia bisogno d’aiuto per cogliere qualche fiore? Ti ho condotto con me perché mi tenessi compagnia durante la cavalcata, e per tranquillizzare mio padre che teme la presenza di banditi e predoni in agguato fra le colline per derubarmi dei gioielli che non porto, o per cercare di violentarmi, anche se questo — concluse con una risata amara, — sarebbe molto peggio per loro che per me.

Andrew girò la testa. Era lieto che Callista trovasse divertente l’idea, ma quella battuta gli sembrava di gusto discutibile.

— Non impiegherò molto a raccogliere la quantità che mi serve: i fiori sono già sbocciati e carichi di resina. Aspettami qui, amor mio.

Lui ubbidì, e la seguì con lo sguardo quando si allontanò tra i fiori. Callista si chinò e prese a tagliare le corolle e a riporle nel sacco che aveva portato. Andrew si sdraiò sull’erba accanto ai cavalli e la guardò procedere leggera nel prato dai fiori azzurri e aurei, con i capelli d’oro rosso che le ricadevano sul dorso in una grossa treccia. Il sole era caldo, più caldo di quanto lui lo ricordasse su Darkover. Le api e gli insetti ronzavano sommessamente, e alcuni uccelli scendevano e risalivano volteggiando. Intorno a sé, con i sensi acuiti, percepiva l’odore dei cavalli e del cuoio delle selle, il pesante profumo degli alberi resinosi, e un aroma dolce e intenso che, pensò, doveva essere quello dei fiori di kireseth. Sembrava che gli saturasse la testa. Ricordando che Damon l’aveva avvertito di non toccare e di non fiutare neppure i fiori secchi, spostò coscienziosamente i cavalli un po’ più lontano. Era una giornata senza vento: non spirava neppure una lieve brezza. Si tolse la giacca, la piegò e se la mise sotto la testa. Il sole gli fece venir sonno. Com’era graziosa Callista, mentre si chinava sui fiori cogliendo una corolla qui, una là, e riponendole nel sacco! Chiuse gli occhi, ma anche attraverso le palpebre abbassate vedeva il sole frantumarsi nei fulgidi colori dell’arcobaleno. Sapeva che doveva aver aspirato un po’ di resina: Damon aveva detto che era allucinogena. Ma si sentiva rilassato, contento, e non provava minimamente l’impulso di fare una delle cose pericolose che — come gli avevano detto — uomini e animali facevano sotto l’effetto del kireseth. Era felice di starsene lì, sdraiato sull’erba calda, vagamente conscio dei cangianti colori dell’arcobaleno attraverso le palpebre abbassate. Quando le riaprì, la luce del sole gli parve più viva, più calda.

Poi Callista venne verso di lui. La maschera le era caduta dal volto, i capelli erano sciolti. Sembrava che avanzasse a guado, fino alla cintola, nelle frementi onde dorate delle corolle a forma di stella: una delicata donna-bambina nella nuvola della chioma color rame. Per un istante la sua figura tremolò come se lei non fosse presente, come se fosse l’immagine spettrale che Andrew aveva visto mentre il corpo di Callista era imprigionato nelle grotte di Corresanti e poteva raggiungerlo solo come una forma immateriale del sopramondo. Ma era reale. Si sedette accanto a lui sull’erba, chinandosi con un sorriso così tenero che Andrew non seppe resistere all’impulso di attirarla a sé e di baciarle le labbra. Callista restituì il bacio con un’intensità che lo stupì vagamente… eppure, semiaddormentato, con i sensi un po’ acuiti e un po’ smussati dal polline, non riusciva a ricordare perché la cosa dovesse sorprenderlo.