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La strinse, l’attirò accanto a sé sull’erba. La tenne fra le braccia, baciandola appassionatamente, e lei ricambiò i baci senza esitazione e senza riserve.

Un pensiero fuggevole gli attraversò la mente, come un colpo di vento che agitasse i fiori risplendenti: Ho mai sognato d’aver sposato la donna sbagliata? Quella Callista nuova, tenera e ardente tra le sue braccia, faceva apparire assurdo un simile pensiero. Comprese che lei l’aveva captato — non cercava più di nasconderglielo, non cercava più di nasconderle nulla — e che lo trovava divertente. Sentiva le lievi e scintillanti increspature d’ilarità attraverso le onde di desiderio che li travolgevano entrambi.

Sapeva con certezza che adesso avrebbe potuto fare ciò che voleva, senza che lei protestasse: ma il ritegno gli impediva di spingersi oltre quei baci, che lei ricambiava con tanta intensità. Le emozioni potevano essere pericolose, per Callista. Quella notte… anche allora lei l’aveva voluto. Ed era finita con una catastrofe, quasi una tragedia. Non avrebbe più corso quel rischio se non quando fosse stato sicuro: più per lei che per se stesso.

Sapeva che lei non aveva paura ma accettava questo come aveva accettato i baci e le carezze. Stranamente, non c’erano né l’impulso di andare oltre né la sofferenza della frustrazione. Anche lui era scosso da un’ilarità che sembrava esaltare l’estasi del momento, del sole, del calore, dei fiori, degli insetti che cantavano nell’erba intorno a lui: un’ilarità che squassava anche Callista, frammischiandosi al desiderio.

Lui e sua moglie erano felici di giacere sull’erba, vestiti, senza fare altro che baciarsi, come se fossero ragazzini… Era assurdamente delizioso.

Il termine darkovano più educato per indicare il sesso era accandir, e significava semplicemente giacere insieme, ed era così poco compromettente che si poteva usare anche in presenza dei bambini. Bene, pensò Andrew, scosso nuovamente dalle ondate d’ilarità: era appunto ciò che stavano facendo. Non seppe mai per quanto tempo rimasero stesi fianco a fianco sull’erba, baciandosi e scambiandosi carezze dolcissime, mentre lui giocava con i capelli di Callista o guardava guizzare sul suo volto radioso i riflessi di colore dei prismi dietro i suoi occhi.

Dovevano essere trascorse parecchie ore — il sole aveva incominciato a declinare — quando una nube oscurò il cielo e si alzò un vento che agitò i capelli di Callista. Andrew sbatté le palpebre e si sollevò a sedere, fissandola. Lei stava puntellata su un gomito, con la sottotunica aperta alla gola, fili d’erba e petali di fiori impigliati nella chioma. Venne freddo, all’improvviso, e Callista guardò il cielo con aria di rammarico. — Dobbiamo andare, purtroppo, se no la pioggia ci sorprenderà. Guarda le nubi. — Con dita riluttanti annodò i lacci della tunica, si tolse le foglie dai capelli e li intrecciò. — Quanto basta per salvare le apparenze — disse, ridendo. — Non voglio aver l’aria di aver giaciuto sui prati, sia pure con mio marito!

Andrew rise, e raccolse il sacco di fiori annodandolo al pomo della sella di lei. Cos’era accaduto?, si chiese. Il sole, il polline, cosa? Stava per issarla in sella quando lei esitò e gli gettò le braccia al collo.

— Andrew, oh, ti prego… — disse, e guardò il bordo del campo, il riparo degli alberi. Lui comprese i suoi pensieri: non era necessario tradurli in parole.

— Voglio… voglio essere completamente tua.

Lui le strinse le mani intorno alla vita, ma non si mosse. Disse, dolcemente: — Tesoro, no. Niente rischi.

Gli sembrava che sarebbe andato tutto bene: ma non ne era sicuro. Se i canali si fossero sovraccaricati di nuovo… Non sopportava l’idea di vederla soffrire ancora in quel modo.

Callista fece un lungo e profondo sospiro di delusione, ma Andrew comprese che si era rassegnata. Quando alzò gli occhi verso di lui, Andrew vide che erano colmi di lacrime: ma lei sorrideva. Non getterò ombre su questa giornata meravigliosa chiedendo di più, come una bambina avida.

Andrew le mise sulle spalle il mantello, perché dalle vette scendeva un vento tagliente, gelido. Quando la issò in sella vide che adesso il prato fiorito era tutto di un azzurro freddo, senza il luccichio dorato di prima. Il cielo si oscurava, e incominciava a piovigginare. Andrew mise in sella Callista, e quando montò vide che sul pendio opposto i cavalli si stavano radunando, irrequieti, per cercare un riparo.

Il ritorno fu silenzioso: Andrew si sentiva depresso, avvilito. Aveva l’impressione di essersi comportato da sciocco. Avrebbe dovuto approfittare del cedimento di Callista, dell’improvvisa scomparsa della paura e dell’esitazione. Che stupida compunzione l’aveva indotto a esitare?

Dopotutto, se era la reazione di Callista a sovraccaricare i canali, era intensa come se lui l’avesse presa. Proprio come lei desiderava! Che sciocco era stato, che sciocco!

Anche Callista taceva, e di tanto in tanto lo guardava con un’indicibile espressione di rimorso e di timore. Andrew captò quella paura, venuta a cancellare ogni gioia.

Sono lieta di aver scoperto ancora una volta cosa significa desiderarlo, ricambiare il suo amore… ma ho paura. E Andrew percepì il terrore paralizzante, il ricordo della sofferenza quando, l’altra volta, si era permessa di reagire a lui. Non potrei più sopportarlo. Neppure col kirian. E sarebbe spaventoso anche per Damon. Avarra misericordiosa, cos’ho fatto?

Pioveva forte, quando arrivarono ad Armida; Andrew sollevò Callista dalla sella e sentì, con sgomento, che s’irrigidiva al contatto. Ancora? Le baciò il volto bagnato sotto il cappuccio fradicio. Lei non si ritrasse, ma non ricambiò il bacio. Sconcertato, ma sforzandosi di essere comprensivo (aveva paura, povera ragazza: e chi poteva biasimarla, dopo quello che aveva passato?), Andrew la portò su per la scalinata e la posò.

— Va’ ad asciugarti, cara, non aspettarmi. Devo assicurarmi che sistemino a dovere i cavalli.

Callista salì lentamente le scale. La gaiezza era svanita, lasciandola stanca e piena d’apprensione. Uno dei tabù più forti, ad Arilinn, era quello che faceva della pianta del kireseth grezza una cosa assolutamente proibita. Sebbene non fosse più vincolata da quelle leggi, si vergognava ed era piena di rimorsi. Anche quando aveva capito di essere sotto l’influenza dei fiori, era rimasta per assaporarne gli effetti, senza allontanarsi. E nel rimorso si insinuava la paura. Non si sentiva come si era sentita col sovraccarico ai canali: anzi, non si era mai sentita meglio; ma poiché si conosceva, era spaventata a morte.

Andò a cercare Damon, e lui intuì immediatamente ciò che era accaduto. — Hai subito l’effetto del kireseth? Dimmi.

Esitando, impaurita e vergognosa, lei riuscì a spiegargli, in parte, quanto era accaduto. Damon, ascoltando quelle parole balbettanti, pensò, con angosciosa empatia, che lei si vergognava come una prostituta pentita, non come una donna sposata che aveva trascorso la giornata insieme al marito, in perfetta innocenza. Ma era turbato. Dopo quanto era accaduto all’inizio dell’inverno, Andrew non si sarebbe mai accostato a Callista così, senza un invito esplicito. Il kireseth, in effetti, aveva fama di annullare le inibizioni. Ma qualunque fosse la causa, lei poteva aver sovraccaricato i canali con due serie contrastanti di reazioni. — Bene, vediamo i danni.

Ma, dopo averla controllata rapidamente, si sentì confuso. — Sei sicura, Callista? I tuoi sono i canali di una Custode, assolutamente inalterati. Che scherzo è?