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— Uno scherzo? Damon, cosa vuoi dire? È andata come ti ho detto.

— Ma è impossibile — ribatté Damon. — Non potevi reagire così. Se l’avessi fatto, i canali si sarebbero sovraccaricati e tu staresti malissimo. Cosa senti, adesso?

— Niente — disse Callista, stancamente, sconfitta. — Non sento niente, niente, niente!  — Per un attimo Damon pensò che stesse per scoppiare in lacrime. Lei riprese a parlare, con voce tesa. — È finito come un sogno, e ho infranto le leggi della Torre. Mi sono messa fuori casta, e per niente.

Damon non sapeva cosa pensare. Un sogno che compensava le privazioni della vita? Il kireseth, dopotutto, era una droga allucinogena. Le tese le mani. Lo scatto automatico con cui lei si ritrasse confermò la sua intuizione: Callista e Andrew avevano semplicemente condiviso un’illusione.

Più tardi interrogò Andrew, e poté farlo in modo più approfondito, discutendo le reazioni fisiche. Andrew era angosciato, sulla difensiva, sebbene fosse disposto ad ammettere che sarebbe stato responsabile lui se fosse accaduto qualcosa a Callista. Per gli inferni di Zandru, pensò Damon, che groviglio! Andrew provava già tanti rimorsi perché aveva desiderato Callista quando non poteva reagire a lui, e adesso doveva essere privato perfino dell’illusione. Damon gli posò la mano sulla spalla e disse: — È tutto a posto, Andrew. Non le hai fatto nessun male. È tutto a posto, ti dico: i canali sono ancora completamente liberi.

Andrew replicò, ostinato: — Non credo che sia stato un sogno o un’illusione, o qualcosa del genere. Maledizione, le foglie nei capelli non me le sono inventate io!

Pieno di pietà, Damon ribatté: — Non dubito che fossi sdraiato sull’erba. Il kireseth contiene una frazione che stimola il laran. Evidentemente tu e Callista eravate in contatto telepatico, molto più del solito, e le tue… le tue frustrazioni hanno creato un sogno. Che poteva accadere senza… senza mettere in pericolo né lei né te.

Andrew si nascose la faccia tra le mani. Era già abbastanza atroce sentirsi sciocco perché aveva passato tutta la giornata a baciare e ad accarezzare sua moglie senza arrivare a nulla di più intimo: ma sentirsi dire che era stato semplicemente un sogno drogato… era ancora peggio. Alzò gli occhi verso Damon. — Non credo che sia stato un sogno — disse. — Se lo era, perché non ho sognato quello che volevo veramente? Perché non l’ha sognato lei? I sogni dovrebbero alleviare le frustrazioni, e non crearne di nuove: no?

Era una domanda intelligente, ammise Damon: ma cosa ne sapeva delle paure e delle frustrazioni che potevano inibire anche i sogni? Una notte, in gioventù, aveva sognato di toccare Leonie come una Custode non poteva essere toccata neppure col pensiero, e poi aveva passato tre notti insonni per timore di ricadere in quella colpa.

Nella propria stanza, mentre si cambiava per la cena, Andrew guardò gli indumenti sgualciti e macchiati. Era così sciocco da fare sogni erotici su sua moglie? Non lo credeva. Damon non era stato presente; lui sì. E lui sapeva cos’era accaduto, anche se non riusciva a spiegarlo. Era immensamente lieto che Callista non ne avesse sofferto, sebbene lui non riuscisse a comprendere neppure questo.

La stessa sera, a cena, Dom Esteban disse, in tono preoccupato: — Mi domando… Pensate che Domenic stia bene? Io sento che qualcosa lo minaccia, qualcosa di terribile…

— Assurdo, padre — replicò dolcemente Ellemir. — Proprio questa mattina Dom Kieran ci ha detto che sta bene, è circondato da amici fedeli, si comporta nel modo migliore e si dimostra all’altezza delle sue responsabilità. Non essere sciocco!

— Forse hai ragione tu — disse il vecchio; ma aveva l’aria turbata. — Vorrei che fosse qui, a casa.

Damon e Ellemir si scambiarono un’occhiata. Come tutti gli Alton, talvolta Dom Esteban aveva qualche barlume di precognizione. Dio volesse che la sua fosse soltanto una preoccupazione, pensò Damon, e non una visione del futuro. Il vecchio era invalido, sofferente. Probabilmente era una preoccupazione infondata.

Ma anche Damon aveva incominciato a preoccuparsi, e quella notte non dormì.

CAPITOLO DICIASSETTESIMO

Per tutta la notte, i sogni di Damon erano stati ossessionati da uno scalpitio di cavalli al galoppo: galoppavano verso Armida, portando brutte notizie. Ellemir si stava vestendo per scendere a dirigere il lavoro nelle cucine — la seconda gravidanza non era accompagnata dai malesseri della prima — quando all’improvviso impallidì e urlò. Damon accorse al suo fianco, ma lei passò oltre e scese a precipizio le scale, attraversando l’atrio e il cortile: si fermò al portone, a testa nuda, pallida come la morte.

Damon, che si era sentito afferrare dalla premonizione, la seguì, supplichevole. — Ellemir, cosa c’è? Tesoro, non devi stare qui…

— Nostro padre — mormorò lei. — Nostro padre ne morirà. Oh, beata Cassilda, Domenic, Domenic!

Damon la ricondusse dolcemente verso la casa, nella sottile nebbia dell’acquerugiola mattutina. Appena varcarono la porta trovarono Callista, pallida e tirata, e Andrew, turbato e apprensivo. Callista si avviò verso la camera di suo padre, dicendo a bassa voce: — Non possiamo far altro che stargli vicino, Andrew. — Andrew e Damon rimasero accanto al vecchio, mentre il valletto lo vestiva. Delicatamente, Damon lo sollevò e lo depose sulla sedia a rotelle. — Caro zio, possiamo soltanto aspettare. Ma qualunque notizia arrivi, ricorda che hai ancora figli e figlie che ti amano e ti sono vicini.

Ellemir entrò nella Grande Sala e s’inginocchiò piangendo davanti al padre. Dom Esteban le accarezzò i luminosi capelli e disse, con voce rauca: — Abbi cura di lei, Damon, e non preoccuparti di me. Se… se è accaduto qualcosa di brutto a Domenic, il figlio che tu Ellemir porti in grembo sarà il secondo erede degli Alton.

E Dio li aiutasse tutti, pensò Damon, perché Valdir non aveva ancora dodici anni! Chi avrebbe comandato le Guardie? Perfino Domenic veniva considerato troppo giovane.

Andrew pensò che suo figlio, il bimbo di Ellemir, sarebbe stato erede del dominio. Quella prospettiva gli sembrò così assurda e improbabile che si sentì scuotere da un’ilarità isterica.

Callista mise una tazzina nella mano del vecchio. — Bevi, padre.

— Non voglio le tue droghe! Non voglio addormentarmi se non quando saprò…

— Bevi! — ordinò lei, pallida e incollerita. — Non serve per offuscare la tua sensibilità, ma per darti forza. Oggi avrai bisogno di tutte le tue energie.

Con riluttanza, il vecchio inghiottì la pozione. Ellemir si alzò e disse: — La gente di casa non deve soffrire la fame a causa delle nostre ansie. Vado a occuparmi della colazione.

Portarono a tavola il vecchio e cercarono d’indurlo a mangiare; ma nessuno di loro riuscì a inghiottire più di qualche boccone, e Andrew si sforzò di tendere l’orecchio oltre la portata del proprio udito, di sentire l’arrivo del messaggero che recava l’annuncio di cui nessuno ormai dubitava più.

— Eccolo — disse Callista, posando un pezzo di pane imburrato e balzando in piedi. Suo padre tese la mano. Era pallidissimo ma perfettamente padrone di sé: il nobile Alton, il Comyn signore del dominio.

— Siediti, figlia. Le cattive notizie vengono quando vogliono, ma non è dignitoso correre loro incontro.

Si portò alle labbra una cucchiaiata di crema di noci, poi tornò a posarla senza averla assaggiata. Gli altri non fingevano neppure di mangiare: ascoltavano lo scalpitio degli zoccoli sulle pietre del cortile, il suono dei passi del messaggero sui gradini. Era una Guardia, molto giovane, e i suoi capelli rossi — come Andrew sapeva — indicavano il sangue dei Comyn. Aveva l’aria stanca, triste, apprensiva.